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Nei giorni scorsi abbiamo assistito ad alcune incredibili esternazioni in occasione della commemorazione  del decennale della tragedia di Nassiriya, e della partenza per la Campagna intorno all’Africa del Gruppo Navale centrato su Nave Cavour. Entrambi gli interventi sono da ritenere frutto di demagogia e strumentalizzazioni politiche, censurabili sul piano politico e umano; soprattutto debordano dal buon senso e spirito di Patria e, sul piano costituzionale, da qualsivoglia  ‘’buon costume’’ più volte richiamato laddove si esplica il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, previsto dall’art.21 della nostra Costituzione. Tale diritto rappresenta un’essenziale garanzia individuale e anche il presupposto per la realizzazione di un ordinamento autenticamente democratico; tuttavia, quando sono rappresentanti del  ’popolo’’ a manifestarlo, allora –  e  a maggior ragione- la musica cambia  (o dovrebbe cambiare). Nel senso che la manifestazione del pensiero non può essere a ruota libera, ma ha dei limiti, come per tutte le libertà, che talvolta devono essere interpretate restrittivamente al fine di tutelare diritti altrui o interessi nazionali riconosciuti. Il limite, espressamente richiamato nello stesso articolo e affermato da sentenze della Corte Costituzionale, è quello del ‘’buon costume’’ che, pur nella sua indeterminatezza, offre dei parametri logici e di buon senso con riferimento al sentimento comune medio del ‘’pudore e della decenza’’, per vietare determinate forme di manifestazione del pensiero offensive o contro gli interessi nazionali.

In entrambi i casi è lapalissiano lo scavalcamento di ogni limite sotto il profilo politico e, soprattutto umano, nel tentativo di porre sullo stesso piano il kamikaze carnefice -autore della strage di Nassiriya- con le vittime che stavano svolgendo -per il nostro Stato- una missione internazionale di Pace. Stendiamo un velo pietoso per non esacerbare gli animi di cittadini onesti, ma il silenzio e la mancata censura di ‘’quella onorevole’’ sono davvero inqualificabili.  L’improvvida esponente politica andava espulsa, non fosse altro per aver debordato dai limiti costituzionali nella manifestazione di un pensiero, immotivato, offensivo e privo di ogni senso dello Stato nei confronti di nostri caduti. Per chiunque, il servizio dello Stato e il conseguente rispetto per i suoi appartenenti che sacrificano anche il bene supremo delle loro vite, dovrebbero essere sacri, così come la difesa e la tutela degli interessi generali della Nazione.

Le manifestazioni contro la Campagna del Cavour si collocano, invece, su un piano assai diverso, ma anche lì emerge la radice comune e rigurgiti antimilitaristi.
E’ evidente che  la cultura politica è imprigionata da preconcetti, da ideologie stravaganti e da qualche mania di protagonismo; non esiste una rotta maestra , delle regole condivise, il senso del  pudore; la ‘’Stella polare’’costituzionale è diventata invisibile e ognuno và per la sua strada, con mete assai discutibili. C’è sicuramente bisogno di governanti  che operino con quella consapevolezza etica che, errando, fa ancora provare vergogna, avendo a riferimento i valori della  solidarietà, dell’onore e della dignità. E che abbiano, come Stella Polare, un unico obiettivo: il Servizio disinteressato alle Istituzioni, come attività esiziale e nobilitante; quella che gli inglesi chiamano ‘’Service…before self’’!

Da tali eventi emerge un grave problema culturale italico soprattutto nelle nuove leve politiche che disconoscono il ruolo delle  Forze Armate, senza capire che i soldati sono al loro servizio, al servizio della famiglia-Nazione, a tutelarne gli interessi generali e con essi la loro Sicurezza, la Difesa e la loro libertà.

Per molti di essi, l’ossessione della pace, ormai a livello di plagio, ha portato alla convinzione che costruendo qualche asilo nido e piantando qualche alberello, e tagliando così i fondi ai militari, sia la sine-cura per stare meglio e garantirsi la Pace! Senza peraltro rendersi conto che la pace non è, come del resto la democrazia, la risultante di un comodo equilibrio statico delle forze che fervono naturalmente nella vita e nella società, ma di un faticoso equilibrio dinamico che presuppone la capacità di un popolo di difendersi e non solo con i fiori!

Il problema è serio e culturale e tocca la coscienza nazionale; non è risolvibile per decreto legge che incrementi di qualche euro la paga del soldato  o con l’acquisizione di qualche strumento più moderno, ma dovrebbe essere il sistema politico  a promuovere la ‘’propria difesa’’, non altri. Non si può essere proni solo ai colori dei partiti quando si governa, ma tenere nella giusta priorità  quel ‘’service’’ per il bene comune. Oggi l’opera di annichilimento del buon senso sociale è praticata da molti per fede, da molti altri in malafede; si tratta quindi di una crisi etica e morale, più che economica… E, quando qualcuno, con grande onestà intellettuale cerca di mettere in atto iniziative per ‘’tentare’’ di superare alcuni aspetti  della crisi –come nel caso della Legge Navale- avviando una straordinaria iniziativa  per promuovere il nostro lavoro e le nostre eccellenze, allora ecco che scatta la reprimenda populista.

E guai a chi và contro: anche le voci dei Capi militari devono essere tenui ed opportunamente modulate per non far indispettire il politico, nel ricordargli le responsabilità. Se qualcuno, come l’attuale Capo di Stato Maggiore della Marina, fa sentire la sua voce in modo netto e inequivocabile, prefigurando nel corso di un decennio, la morte di una Componente così importante per la nostra marittimità, sicurezza e difesa sul mare, ponendo anzitutto una autentica questione morale in ordine al senso di responsabilità, e lo pone prima di tutti a se stesso rinunciando a un comodo procedere, allora non piace.

Né al politico e, si osserva, neppure all’interno delle Forze Armate che, pur da tempo in ‘’cassa integrazione’’, non fanno mistero di gelosie nei confronti di chi ha le idee, la forza ed il coraggio per avviare un cambio vero e produttivo. Il politico impone che il militare, oggi, “stia buono” attenendosi alle ‘’convenzioni’’ di comportamento, abbandonando ‘’le convinzioni’’ e l’importanza di certi valori e tradizioni. Quando esiste un leader deciso a riaffermare l’importanza di certi aspetti, con autentico attaccamento alle istituzioni, e tenta -proprio per il bene di quella Forza Armata, e in questo caso del Paese- di avviare un processo virtuoso, allora nascono i contrasti più feroci con richiami all’ordine, alla disciplina e con interpellanze per aver sconsiderato il ruolo sindacato del Parlamento?!
Aver dichiarato che la Campagna navale cerca di soddisfare, anche se non prioritariamente le esigenze di rappresentare il ‘’made in Italy’’ nel mondo, per far ripartire il Paese, è stata ritenuta un’affermazione quasi blasfema: forse bisognava dire che si va ad esportare veline, escort ed altre amenità, ma non le eccellenze del nostro sistema industriale che vanno da quelle del comparto Difesa a quelle dell’arredamento, con una sponsorizzazione anche della piccola e media impresa. La Campagna appare non solo legittima, ma doverosa ed encomiabile per le finalità di crescita che si prefigge; invece, paradossalmente, chi ha ideato tale iniziativa, già approvata a livello governativo con il concorso di diversi Dicasteri, dovrà risponderne nell’ambito di una interpellanza parlamentare. Mah! E chi si è espresso in tal senso deve essere opportunamente rimbrottato perché la campagna nasconde –secondo questi bontemponi- la finalità di ‘’andare a vendere’’ prodotti della nostra industria Difesa, di cui non è legittimo neppure parlare, anche se ciò potrebbe portare  a casa occupazione e lavoro.

Che i 20000 operai della Fincantieri, costruttrice peraltro in gran parte di navi mercantili, vadano in cassa integrazione o siano licenziati, poco importa a chi considera illegittimo esporre le nostre capacità cantieristiche all’estero, attraverso il Cavour.

Che Finmeccanica, con i suoi 70000 lavoratori, stia penando per competere nel quadro mondiale, nei vari settori che vanno dagli elicotteri, agli aerei ed ai vari sistemi della Difesa, ugualmente poco rileva: l’importante è che non si dica, né si mostri nulla ai mercati “poco democratici” del Medio Oriente o a quelli dei paesi Africani visitati!

Forse è poco noto che, da sempre, le Navi militari, compreso il Vespucci, fanno implicitamente ‘’sponsorship’’ dei nostri prodotti –seppure i militari non facciano i venditori-con la sola presenza in sorgitori stranieri, e lo fanno sempre in tono discreto e certamente assai minore di ciò che fanno tutti i Paesi occidentali, dalla Francia, alla Germania, all’Inghilterra che hanno un approccio spregiudicato e molto competitivo di tutto ciò che è prodotto sotto la loro ‘’bandiera’’. Per tacere dell’US Navy che sta conducendo da anni una penetrazione silenziosa e neutra proprio nei paesi africani con l’operazione APS (African Partnership System), insieme con mezzi addestrativi di rilievo a favore di quei Paesi. Nell’ambito della Naval Diplomacy di un Paese, la sola presenza della ‘’bandiera’’ è molto utile per vivificare i rapporti con altre Nazioni e anche per far conoscere i nostri prodotti, atteso altresì che il coordinamento delle nostre industrie per vendite all’estero è assai debole anche a livello ambasciate, la presenza di un ‘’pezzo’’ di terra Italiana, facilita enormemente le nostre possibilità di impresa. Forse è poco noto che tale attività, si ripete doverosa, è sistematicamente portata avanti attraverso le Marine del mondo, quale vettore non invasivo dell’altrui sovranità, con l’utilizzo di portaerei come la Charles de Gaulle, le mega-portaerei US, per citarne solo alcune,  per far conoscere dal vivo i prodotti della loro industria; e che dire degli Inglesi, e dei Francesi, che nei paesi del Golfo Persico, rimasto uno dei mercati ancora appetibili per le finanze esuberanti, non si limitano ad una costante presenza navale, ma hanno ‘’colonizzato’’ alcuni  Paesi creando basi militari nei loro territori con esperti che hanno mirate finalità di penetrazione economica e industriale.

E ovvio che la nostra economia sarà comunque trainata dalle esportazioni in relazione al fatto che la domanda interna non può che essere debole vista la presenza di oltre 9 milioni di disoccupati; l’unica attività che può dare ossigeno all’economia e mantenerla in qualche modo viva è il mercato estero e, quindi, oggi, metterlo in discussione tentando perfino di affossarlo, con la proposta di cancellare la Campagna, è un paradosso incomprensibile.

Con il populismo sciocco di alcuni che vogano ‘’contro’’ si scivola sempre più verso il baratro economico, verso una democrazia anemica, nonostante i dettami costituzionali e perfino quelli della ragione e della logica, demolendo al tempo stesso quel senso residuale di umana solidarietà e portando il Paese verso lo sfacelo.

Se questo è il target, ci stiamo riuscendo davvero bene, e senza pudore!

Giuseppe Lertora