Emilio Fabio Torsello o del giornalismo onesto: “Io, che con i miei 33 anni sono quasi il segnatempo della tua attesa di Graziella…”
Ad Emilio Fabio Torsello, nato a Palermo 33 anni fa, devo il mio ritorno alla professione giornalistica. L’ho conosciuto grazie al suo blog, sul quale seguiva la vicenda di mia sorella Graziella De Palo, partita per Beirut anche lei 33 anni fa e mai più ritornata.
Emilio, segnatempo della mia attesa, come la conoscesti, questa storia che somiglia tanto ad una tragedia greca?
“Ho conosciuto la storia di Graziella De Palo e Italo Toni grazie al mio ex insegnante della Scuola di Giornalismo di Tor Vergata, Guido Alferj, che ci chiese di realizzare uno speciale sui giornalisti scomparsi mentre facevano il loro lavoro. Conoscendo Graziella ho avuto l’occasione anche di leggere i suoi articoli, esempio di quel grande giornalismo e bravura ormai scomparsi, soprattutto nel nostro Paese.”
Pensi proprio che il grande giornalismo d’inchiesta sia morto sempre? Tu che esperienza ne hai fatto personalmente?
“Il giornalismo d’inchiesta non è morto e, anzi, ci sono tanti bravi giornalisti capaci e in grado di far tremare i cosiddetti “poteri forti”. Il problema del giornalismo sono in primis gli editori – su alcune testate italiane difficilmente troverete inchieste su magistrati o sulle banche, ad esempio – e i compensi: non si possono fare grandi inchieste senza budget o in previsione di articoli pagati anche 4 euro lordi a pezzo.”
Tu sei certamente una promessa del giornalismo e dirigi una testata web affermata come “Diritto di critica”. Hai intenzione di praticarlo questo genere di giornalismo? Quali ostacoli incontri?
“Grazie, ma di promesse del giornalismo ce ne sono tante, che rischiano di invecchiare così, restando “promesse”. Gli ostacoli sono soprattutto l’impossibilità di trovare un posto fisso e sicuro nelle redazioni e i compensi da fame dati ai freelance: in questo modo le “promesse” vengono stroncate in poco tempo.
Di contro non ci sono editori disposti a investire seriamente in nuovi progetti né i lettori sono disposti, come accade all’estero, a pagare le notizie sul web per leggerle.
È un vicolo cieco che non porterà lontano la nostra informazione.”
Tu come hai reagito a questa triste situazione tipicamente italiana?
“La situazione italiana non lascia molto scampo. Ci sono colleghi che hanno drasticamente cambiato lavoro. Per mia fortuna, invece, sono riuscito a fare prima ufficio stampa durante le amministrative capitoline del 2013 e attualmente lavoro in una importante società di comunicazione statunitense e curo i rapporti con i media per alcune grandi multinazionali. Certo non è più il caro vecchio giornalismo di strada, ma è pur sempre un lavoro che mi premette di restare nell’àmbito della comunicazione.”
Questo non è capitato solo a te. Molto spesso oggi i giornalisti appassionati del loro mestiere tradizionale lavorano gratis e vivono come te grazie ad altri lavori. Ma veniamo a “Diritto di critica”, il bel quotidiano web che dirigi. Me ne fai la storia?
“Diritto di critica” è nato nel 2009, fondato da Diego Tomasoni. Dal 2011 lo dirigo insieme a Paolo Ribichini e l’intento è quello di fare un’informazione a 360° e senza condizionamenti, nella convinzione che il dibattito e non le informazioni prepensate sia il sale della democrazia e del buon giornalismo.”
Riconosco a Diritto di critica anche la sua apertura sui più scottanti temi internazionali, che spesso in Italia sono coperti dal bla bla bla politichese…
“L’idea è esattamente quella: dire ciò che altri per eccessivo politichese non direbbero. La controindicazione è l’essere emarginati perché in Italia o ti schieri o sei scomodo. E i gruppi di potere sono tanti: gli amici della magistratura, delle banche, della destra, della sinistra, ecc..”
Però quando parla Beppe Grillo contro i giornalisti, tu ti schieri sempre con la caregoria alla quale appartieni. Vuoi spiegare ai lettori di LiberoReporter perché ce l’hai tanto con Grillo?
“Perché propone se stesso come unica fonte di informazione abbattendo tutte le altre. Questa non è democrazia. Che il sistema informativo italiano abbia pesanti difetti è evidente, ma non è auspicando la fine dell’informazione diversa da quella grillina che si aiuta e si sostiene la democrazia. Non è puntando il dito contro “il giornalista del giorno” che si migliora. Ma a Grillo questo fa comodo. Lui, con il suo blog pieno zeppo di annunci pubblicitari, spot spesso in controtendenza con quanto affermato poi dal comico…”
Quando penso ad un giovane giornalista del tuo valore, che, nonostante tutto, non ha lasciato la sua patria, a volte mi viene in mente quel professore universitario che consiglia al giovane protagonista de “La meglio gioventù” di andarsene all’estero, perché l’Italia ormai è un paese morto.
Che pensi della totale mancanza di una politica per l’occupazione e la valorizzazione dei giovani, nonostante tutti gli auspici a vuoto di Re Giorgio?
“L’occupazione è una tematica buona per la campagna elettorale. Così come la retorica sui giovani, sull’immigrazione e sul sociale. Tutti ne parlano ma nessuno fa mai nulla di concreto. I giovani in Italia sono abbandonati a loro stessi e lottano, giorno dopo giorno, con le difficoltà relative all’impiego lavorativo. E fin troppe sono le menti pur valide ridotte alla depressione per mancanza di attività.”
E tu perché non l’hai lasciato il tuo paese? Non dirmi che non conosci abbastanza bene l’inglese!
“Perché in fondo credo ancora nell’Italia. O forse ci ho creduto troppo a lungo e a 33 anni è troppo tardi per reinventarsi altrove.”
Giancarlo De Palo


