HONGMi recai in Cina la prima volta nel 1978 su richiesta di un mediatore cinese di Hong Kong, che sarebbe diventato in seguito nostro Agente e amico personale per circa 30 anni.

La richiesta proveniva da una delle nuove zone a statuto speciale, create dopo la morte di Mao Tse Tung nel 1976, ed esattamente dall’area di Shenzhen, nata per contrastare l’industria straniera che da Hong Kong faceva la parte del leone su tutti i contratti della Cina.

Ero già stato a Hong Kong come tappa per recarmi in altre città d’Oriente, una città di cui m’innamorai subito, dalla prima volta e che, alla distanza di 40 anni, mi manca sempre.

Lo stabilimento che i cinesi stavano costruendo si trovava a Shekou, un piccolo paese sul mare non lontano da Shenzhen, ci si arrivava con un ferry velocissimo, tipo “Hovercraft” modificato, che partiva  dal “Tuen Mun ferry Terminal” di Hong Kong.

Alla distanza di circa 40 anni, ricordo il primo incontro con i clienti, una commissione d’acquisto essendo l’azienda statale, come se fosse successa ieri: il solito sistema cinese, tutti seduti da una parte del lungo tavolo e io, tapino, con l’agente, seduti dalla parte opposta, tipo tribunale. Dietro di noi due scrivani riportavano tutte le parole che noi dicevamo.

Mi portarono a fare un sopralluogo nella località dove lo stabilimento era in costruzione: in riva al mare, una lunga linea di produzione del vetro e collegata, per evitare tempi morti, avrebbe dovuto essere costruita la fabbrica degli specchi, il motivo per cui ero stato convocato.

Dopo il sopralluogo, tornammo in sala riunioni dove fu richiesto il mio parere. Espressi profonde riserve sulla scelta della locazione per l’impianto produzione specchi: il salino, quando avrebbe spirato vento di mare, avrebbe annerito lo specchio e, dal momento che poco distante, a monte, c’era un cementificio, quando spirava vento dai monti, le particelle di cemento sarebbero cadute sulle specchio, inquinandolo.

La mia riserva suscitò un putiferio, il direttore tecnico si mise a urlare contro di me, che non capivo, scoprii più tardi che il direttore tecnico era anche il commissario politico dell’azienda e che l’ubicazione era stata scelta da lui; il capocommissione mi disse che era stata richiesta un’offerta anche ai tedeschi, nostri concorrenti, anche loro avevano fatto il sopralluogo ma nessuno si era espresso come me. Decisero per cautela di approfondire l’argomento con i loro esperti e, per il momento, mi lasciarono libero dicendomi che si sarebbero messi in contatto con me.

Tornai in Italia e raccontai l’accaduto ai colleghi, che, come sempre, espressero parere negativo sulla mia abilità. L’unico a essere ottimista era il Titolare dell’azienda in cui ero impiegato. Passarono tre mesi, arrivò in ufficio una richiesta di visita a un impianto simile funzionante in Italia da parte della commissione cinese. Era la prima volta e mi preparai all’incontro curando di persona tutti i dettagli.

Arrivarono alla Malpensa in cinque persone che conoscevo già, c’era anche il Commissario Politico che aveva capito che non potevo soffrire la sua arroganza. Avevo una monovolume di fabbricazione americana a sette posti, l’avrei guidata io e avrei portato anche un nostro tecnico, di famiglia cinese, che parlava il mandarino e il cantonese.

Era il loro primo viaggio all’estero ed ebbi modo di capire il modo in cui erano stati messi in guardia dalla corruzione occidentale. La nostra azienda distava circa 100 Km. dall’aeroporto, per cui ebbi modo di stupirmi….

Per prima cosa mi domandarono se non avevamo autisti, visto che guidavo io, un manager…risposi che erano troppo preziosi per lasciarli nelle mani di un autista! Furono soddisfatti della mia risposta. Poi scoprirono le risaie nel vercellese, gli avevano detto che il riso cresceva solo in Cina! Si stupirono quando dissi che eravamo il più grande esportatore europeo.

Poi si misero a parlare allarmati tra loro e chiesi al collega cosa succedeva: cercavano i terroristi e l’esercito, gli avevano detto che l’Italia era un Paese in guerra con il terrorismo di destra (sic) e che c’era l’esercito in ogni strada. Feci notare che non c’erano uomini in divisa e nemmeno dei civili armati, evidentemente nel loro Paese erano pigri ad aggiornare le notizie.

Arrivammo finalmente in Azienda, come sempre il piazzale era intasato di macchine posteggiate. Il Commissario Politico esclamò: “Quanti visitatori oggi!” Sospettando forse qualche manovra destabilizzante contro il Partito Comunista Cinese! Questa volta non persi l’occasione di fare la battuta cattiva, specificai che gli unici visitatori erano loro cinque e che le macchine appartenevano agli operai. Caddero dalle nuvole quando dissi che i nostri operai avevano la macchina, anzi, specificai, ogni famiglia ne aveva due o tre, ma la più piccola la usavano per andare in ufficio. Mi scappò che era colpa del capitalismo.

Poi li portai in albergo, il Commissario Politico non voleva che la sera uscissero. Scoprii poi che lui personalmente stava in piedi quasi tutta la notte a vedere film porno!

Li portai a visitare Genova e furono addolorati nel vedere il luogo dove Marco Polo era stato imprigionato, in Cina nessuno ne aveva mai parlato con loro….

Avevo studiato un percorso per far visitare agli ospiti un paio di stabilimenti e, nel contempo, mostrare anche un poco d’Italia: passammo da Pisa, Firenze, Arezzo, Sansepolcro, San Marino, Rimini, Cesena, Venezia, Bologna e Milano Malpensa.

A Cesena rimasero affascinati dagli scaffali portalastre di vetro, chiesero se potevano copiarli e il Titolare dell’Azienda concesse il permesso.

Due anni dopo, quando passai a trovarli in Cina, non vidi più l’ingegnere che aveva misurato gli scaffali dal cliente, mi dissero che era rimasto sepolto sotto uno scaffale costruito da solo, non era un buon ingegnere…..

A Milano rimasero a bocca aperta alla vista del Duomo, una simile architettura era impensabile, in Cina.

Erano curiosi di sapere, prima di partire erano stati indottrinati sull’Italia, soprattutto perché non s’innamorassero del capitalismo. Lo capii quasi subito e non lesinai informazioni sulla storia, gli usi e i costumi del popolo italiano.

S’innamorarono di Venezia, mi dissero che era stata copiata da Suzhou, una città sul fiume Yangzi, il Fiume Azzurro, vecchia di 2500 anni, che visitai negli anni successivi.

La visita in Italia della Commissione era finita e, a parte il Commissario Politico che aveva sempre l’aria arrabbiata, erano tutti soddisfatti e mi ringraziarono quando li riaccompagnai all’aeroporto. Mi dissero che presto avrei ricevuto loro notizie.

Passarono altri due mesi e un giorno arrivò un telex d’invito a recarmi con un tecnico alla fabbrica per discutere l’acquisto di un nuovo impianto.

Sandro Emanuelli