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Finora, da oltre due anni, e con diverse Governance italiche, le azioni attuate  nei confronti della situazione in cui versano i 2 Fucilieri di Marina detenuti in India, sono state deboli, ondivaghe e perfino frustranti. Anche le promesse e le intenzioni sbandierate con periodicità per tacitare l’opinione pubblica, fin dall’inizio della triste vicenda, di “un processo rapido ed equo” siccome  “vogliamo riportarli a casa”, si sono infrante con la dura realtà di reiterati insuccessi, senza registrare -nonostante vani proclami mediatici- alcun progresso, né sul piano giudiziario, né tanto meno su quello delle relazioni diplomatiche con l’India. Anzi, la successione delle amare  vicissitudini subite direttamente dai 2 Sottufficiali del San Marco che, va detto, nonostante tutto hanno avuto una tenuta disciplinare esemplare e un comportamento di cui essere fieri, collima con tutta una serie di defaillance governative su cui è meglio stendere un velo pietoso.

Le intenzioni della classe politica si sono rivelate poco incisive e sempre in bilico fra mantenere una certa dignità diplomatica e buone relazioni economico-industriali con l’India, mettendo in secondo piano la sovranità nazionale, e sorvolando su inganni e soprusi scarsamente accettabili istituzionalmente, oltreché moralmente: in questa odissea ultrabiennale sembra valere ancor più l’adagio che “le strade dell’Inferno sono lastricate di buone intenzioni”; ma sempre all’Inferno portano, ahimè! se manca la volontà politica autentica di metterle in pratica.

Obiettivamente è stato fatto troppo poco, senza un progetto  concreto ed una direzione di marcia univoca, anche se i suggerimenti e le  azioni richieste sul da farsi erano state avanzate ai massimi livelli istituzionali ormai due anni orsono, e guarda caso prefiguravano già quelle iniziative verso l’internazionalizzazione, verso cioè organismi come l’Unione Europea, la NATO e l’ONU sotto la cui egida si svolgevano le attività marittime per il contrasto alla pirateria. Si è voluto percorrere solo la strada diplomatica seguendo da vicino le vicende giudiziarie presso le Corti indiane, con implicita acquiescenza sul piano formale del “loro” diritto internazionale, e della “non” immunità funzionale, che sono invece i pilastri della  legittima  tutela dei due Sottufficiali del San Marco, e con commistioni su aspetti sociali ed umani, di pietas, che hanno fatto intendere una sorta di colpevolezza dei due fucilieri. Che, invece, fino a prova contraria, anche in quella parte di mondo, considerata “la più grande -da intendere in vastità- democrazia al mondo”, ( a parte Churchill che la definiva “soltanto un’espressione geografica, non un vero Paese, come non la è la linea dell’Equatore..”) dovrebbero -secondo una giustizia garantista e civile- essere considerati innocenti, né essere detenuti in una sorta di arresti domiciliari in attesa di una improponibile, illecita, sentenza indiana.

Bene hanno fatto i Ministri della Difesa ed Esteri, dell’attuale Governo, a dare una “svolta” e rivendicare formalmente, di recente anche in quel di Bruxelles, la potestà italiana a giudicare i 2 Fucilieri; loro non debbono essere processati da alcun tribunale indiano, atteso che l’evento è occorso in acque internazionali, su una Nave battente il nostro Tricolore. Cioè loro devono “difendersi dal processo, e non nel processo”,  rifiutandosi di partecipare alle udienze della Corte Suprema o di altro Tribunale, e restando d’ora in poi in Ambasciata, che gode dell’immunità diplomatica.

Finalmente una dichiarazione netta e coerente, con una precisa svolta verso la strada  sacrosanta dell’internazionalizzazione e con la parallela “invocazione” dell’Arbitrato internazionale, presso la Corte  di Giustizia dell’Aja (che si ricorda è l’Ente preposto a dirimere le controversie fra Stati diversi…) o un Tribunale Speciale “neutro e terzo” previsto specificatamente dalla Convenzione ONU del Mare di Montego Bay (UNCLOS).

La storia penosa dei 2 Fucilieri, dalle opinabili fasi iniziali, alle vessazioni subite, agli inganni, alla coatta riconsegna -per la “parola data”- agli  indiani, la scorsa Pasqua, fino al tentativo di applicare la famigerata SUA Act che prevedeva anche la pena capitale, è acqua passata che, comunque, dovrà essere analizzata sotto diversi profili: ora bisogna guardare innanzi.

Fin d’ora, però, dobbiamo capire bene se la via dell’internazionalizzazione e dell’Arbitrato, sia frutto di una precisa e decisa  volontà, scevra da influenze elettoralistiche, e ben lungi dal voler “prendere tempo”.  A farci perdere tempo, già ci pensano gli indiani, con rimandi continui di mesi fra le diverse udienze; è recente il rinvio della prossima fantomatica udienza presso la Corte Suprema di Delhi al 31 luglio, cui seguiranno presumibilmente le ferie giuridiche estive. I nostri 2 Fucilieri debbono comunque rifiutarsi di essere processati, non presentandosi; peraltro, motivi di opportunità suggeriscono di non farli comunque giudicare durante questo periodo elettorale indiano, in cui i diversi partiti sfruttano  strumentalmente “il caso marò” per accaparrarsi voti: nella prassi  dell’annichilimento per dilazione bisogna riconoscere che gli indiani sono maestri, e noi solo poveri discenti, se non passivi osservatori.

L’avvio del “new deal” sulla strada dell’internazionalizzazione implica almeno due considerazioni  di fondo: l’arroganza e la spregiudicatezza indiana nell’aver condotto le varie fasi della vicenda, con una gestione faziosa dei singoli fatti, dall”arresto al sequestro, alle prove balistiche, alle incomprensibili il-logiche delle varie Corti, che hanno sempre disatteso il diritto internazionale nella vicenda; specularmente emerge l’ondivago e demagogicamente “soft” comportamento tenuto dai Governi pro-tempore che non hanno mai saputo rivendicare innanzitutto la nostra sovranità e i nostri Diritti e salvaguardare, quindi, in buona sostanza, la dignità e la tutela dei propri soldati detenuti contro ogni norma di diritto internazionale.
La gestione mediatica, poi, di questo spinosissimo caso, ha suscitato, giustamente, nella pubblica opinione  (a meno dei soliti anti-militaristi per definizione) un forte disagio e sconcerto, mettendo a dura prova la pur modesta , e residuale statura della nostra identità nazionale.

Mi sarebbe piaciuto vedere un’etica espressa da uno Stato non prono, non oscillante fra posizioni alterne che cambiavano dalla sera alla mattina, ma che difendeva a spada tratta quei diritti e quei valori irrinunciabili e non negoziabili, sovrani in una democrazia; uno Stato del diritto e non “del rovescio”, contro i soprusi e gli inganni e che sapesse battere anche i pugni sul tavolo quando era in gioco la dignità e l’onore dei propri figli- soldati, comandati per svolgere una “sua” missione per contrastare il deprecabile fenomeno della pirateria. Uno Stato che abbia profondo rispetto per le Istituzioni e le persone che “lo servono”, e anche per  la rigorosa  applicazione di quei Trattati internazionali e delle procedure di quegli Organismi a cui ha formalmente aderito; ma, anche -reciprocamente- che pretenda, con lo stesso  rigore, il pieno rispetto dei propri diritti e delle leggi internazionali sottoscritte e ratificate. Uno Stato che si relazioni con la mamma (o matrigna?) Europa non solo e non tanto per finanziarla portando parecchi quattrini a Bruxelles, per mantenere -fra l’altro – i nostri 75 esimi eurodeputati di vario colore, con lauti stipendi, ma con risultati ectoplasmi. Che, per converso, proprio sulla base del pilastro comunitario della “solidarietà e sussidiarietà”, possa essere supportato nel momento di un manifesto bisogno italico, come un normale partner e non come un sotto-Paese dei PIGS ( Portogallo, Italia, Grecia e Spagna che i detrattori comunitari traducono letteralmente in: maiali).
In effetti, non molto diverso è  stato finora l’approccio e le risposte ottenute, oltre che dalla UE, anche  dalla NATO e dall’ONU, spesso oltre che deludenti sul piano formale, anche disinteressate in quanto il caso era  valutato -a parere loro- dichiaratamente “un problema bilaterale Italia – India!!”.
L’internazionalizzazione oggi avviata, era stata auspicata  e invocata a più riprese e sotto diverse forme; dalla richiesta “soft” per un doveroso supporto solidale da attivare nelle predette diverse sedi, interessando anche i rispettivi leader alleati, da Lady Ashton ad Obama, fino a dare segnali più tangibili del nostro malcontento verso i più “sordi” iniziando a ritirare dalle Alleanze/Coalizioni, i nostri contingenti – prima di tutto quelli navali, dediti, guarda caso, al contrasto della pirateria proprio nell’Oceano… Indiano! E ciò non per sciocca ritorsione, ma per far capire una sana logica che “buoni e collaborativi sì, ma proprio fessi,no!”

I momenti topici di tale supplica internazionale hanno coinciso con il nefasto rientro dei 2 Fucilieri in India dal permesso Pasquale 2013, e in concomitanza con la prefigurata applicazione della SUA Act nel corso  del loro processo che prevedeva pure la pena di morte e il trattamento riservato a terroristi.  Era anche stato suggerito, in adesione a una specifica richiesta del “Colle” nell’ambito delle azioni fattibili, con una specifica e mirata “petizione”, di avviare ogni possibile azione internazionale per ottenere un giusto processo presso la CIG, la Corte Internazionale di Giustizia, quale massimo organismo giuridico  delle N.U. deputato a dirimere controversie fra Stati, ovvero richiedendo di adire ad un Tribunale Speciale neutro e terzo, non estemporaneo ma previsto dalla stessa Convenzione del Mare. Il  Governo stesso pro-tempore, va detto per onestà intellettuale, nel dichiarare che i 2 Fucilieri non sarebbero rientrati in India dal permesso Pasquale, aveva già avviato la procedura per l’Arbitrato Internazionale, previsto dalla predetta UNCLOS. L’avvio di tale istituto obbligatorio, all’epoca (correva il 13 Marzo  2013, mentre i 2 Fucilieri furono fatti rientrare il famigerato 23 di quel mese…) con l’Italia  una volta tanto in una posizione di favore avendo ancora disponibili i 2 Sottufficiali, avrebbe probabilmente indotto gli indiani ad accettarlo, ma il loro rientro, dettato da poteri forti dell’economia e dell’informazione, ha mandato tutto “a donne perdute”.
Ora, quindi, non facciamoci intimorire da alcuni “soloni” che sostengono l’inapplicabilità dell’Arbitrato se non è condiviso da entrambe le Nazioni coinvolte, e adombrano che l’India si rifiuta; basta leggersi  l’allegato VII alla UNCLOS, ratificato anche dall’India, per rendersi conto che -correttamente- è prevista la nomina “d’autorità” del componente del Collegio di Arbitrato obbligatorio, qualora uno dei Paesi coinvolti rigetti la richiesta d’ Arbitrato.

Quindi, care signore Ministre, non fatevi spaventare dai soliti “bastian contrari”, professori di disinformazione che faranno di tutto per mettervi di fronte a vari problemi politici con l’esimia Gandhi ex-nostrana, a inesistenti penalizzazioni economico-industriali soprattutto nel campo della Difesa, a disastri di ordine diplomatico, come già paventati falsamente un anno fa: sono tutte manovre nichiliste, condite con  sonore panzanate per perdere tempo, per privilegiare l’inazione, per non “disturbare” gli indiani, ma destinate a  lasciare abbandonati nel pantano i nostri poveri del San Marco.  Avete ereditato, vostro malgrado, una vicenda grottesca, deteriorata, quasi inestricabile; ci vuole un approccio “tatcheriano”, ferreo, coraggioso, volitivo che persegua l’obiettivo senza i “ma, però, se…”:  certi che farete l’impossibile, col  merito gratificante di aver adempiuto nel migliore dei modi alla vostra missione ministeriale, paghe nella vostra coscienza, ma anche per la riconoscenza illimitata del personale in divisa e di tantissima altra  gente.

“AVANTI TUTTA”, dunque, con l’internazionalizzazione, sollecitando formalmente i leader delle nostre Alleanze,  con richieste e denunce precise, e attivando da subito l’Arbitrato obbligatorio; facendo sì che Latorre e Girone non siano sottoposti al processo illegittimo che gli indiani, con tutta calma, vorrebbero fare a casa loro. Dopo le vostre giuste -e condivise- dichiarazioni a livello europeo e NATO, pur prendendo atto delle contrarie -e ovvie-  posizioni dei vostri omologhi indiani, ora dovrete rivolgere la vostra determinazione e volontà attraversando l’Oceano, verso quel Palazzo di Vetro sede delle N.U. che sono, per loro natura, refrattarie ad agire o, come diceva la Fallaci, “un campione di ipocrisia”: molto dipenderà, comunque, dai tempi e dalle modalità di attivazione dell’Arbitrato.
E noi, in quanto opinione pubblica, o almeno le persone “dabbene” -e sono tantissime-  dovremo impegnarci per non dimenticarli, anzi dovremo sollecitare ogni iniziativa in tal senso, da articoli a interviste, ad assemblee, coinvolgendo gli amministratori locali e i vari sindaci affinché espongano gli striscioni -soprattutto in luoghi simbolo (Colosseo e Campidoglio?,  sedi comunali o turistiche;  Prefetture, ecc..)- perfino mettendo in dubbio il  voto di tanti militari alle europee, se l’UE si defila, al fine di manifestare in tutti i modi la vicinanza ai 2 Fucilieri: mantenere vigile l’attenzione su quella sgradevole situazione è un preciso dovere nazionale e istituzionale, ed esercitare,  con modi  democratici, una corretta pressione dell’opinione pubblica nei confronti del Governo, è importante anche per condividerne e supportarne le relative azioni.
Non basta; forse non sarebbe sbagliato cercare in tutti i modi di far intendere anche alla pubblica opinione indiana che l’Italia non è terra incivile e illiberale, attivando, per esempio, gli indiani che vivono in Italia, con manifestazioni di piazza da parte di loro connazionali Sikh (tra l’altro già prevista a Milano), che richiedono il rientro in patria dei 2 Fucilieri. Più specificatamente, far loro capire che la Marina Italiana non è fatta da gente arrogante col grilletto facile, ma l’Italian Navy, oltre ad operare in Oceano Indiano contro la pirateria,  ogni giorno salva migliaia di poveri migranti, nel Mediterraneo, con azioni rischiose di soccorso e di solidarietà a tutela della vita umana -di chiunque si trovi in difficoltà-  in mare.  Se è vero che tali notizie sono diffuse e trasmesse anche dai colossi mediatici radiotelevisivi, dalla CNN a Fox News, e dalla BBC World News, che risulta essere la più seguita in India anche a livello di diffusione locale, al fine di migliorare “l’atmosfera” indiana potrebbe essere il momento più adatto -anche visto il rientro del nostro Ambasciatore- per inaugurare, magari con una mirata ed equilibrata conferenza stampa, presso la nostra Ambasciata a Delhi, una mostra fotografica con opportune didascalie che illustrino in dettaglio le attività benefiche della Marina Italiana: probabilmente, vista anche la peculiare sensibilità indiana, con poca spesa si potrebbe ottenere un risultato del tutto apprezzabile nei confronti della loro  opinione pubblica, che non guasterebbe affatto!

Giuseppe Lertora