BANDIERAPIRATASono tornati liberi gli 11 marittimi equipaggio della MV ALBEDO. La loro prigionia durava da quando la loro nave era stata catturata dai pirati somali nell’Oceano Indiano nel novembre del 2010. Si è trattato dunque di una prigionia durata quasi 4 anni. Sembra che i marittimi lo scorso venerdì siano riusciti a sfuggire al controllo dei loro carcerieri e si siano dati alla fuga. Sembra che abbiano ricevuto anche l’aiuto di alcuni pirati. Gli 11 marittimi superstiti di un equipaggio che al momento del sequestro era di 23 marinai, sono riusciti a raggiungere un villaggio controllato dalle truppe governative somale dove sono stati prontamente soccorsi. La MV Albedo è affondata lo scorso anno mentre i pirati la tenevano alla fonda al largo di Haradhere. Per questo motivo i marittimi-ostaggi  erano stati trasferiti in località segreta sulla terraferma.  La nave, battente bandiera Malaysia e di proprietà della società di marittima Majestic Enrich spedizione Sendirian Berhad, quando venne catturata era in rotta da Jebel Ali Emirati Arabi Uniti a Mombasa in Kenya e a bordo vi erano 7 pakistani, tra cui il comandante, 7 marittimi dello Sri Lanka, 6 del Bengala, un iraniano e 2 indiani . Durante la prigionia uno dei marittimi di nazionalità indiana è sicuramente morto a causa del colera, mentre di altri 4 non si hanno notizia. Certamente sono morti di stenti, malattia o per le torture subite. Nel luglio del 2012 venne pagato un riscatto di 1,2 mln di dollari contro i 5  richiesti dai pirati per rilasciare i marittimi ostaggi e la nave catturata. In cambio del denaro la gang del mare, che tratteneva i marittimi in ostaggio, ne liberò una parte trattenendo gli altri e la nave. Allora a ritrovare la libertà furono i 7 marittimi pakistani compreso il comandante. In Somalia decine di lavoratori del mare sono ancora trattenuti in ostaggio dai pirati somali.  Come si è visto per molti dei marittimi-ostaggi  la prigionia dura anche da anni. Come per  i 4 lavoratori del mare membri dell’equipaggio del peschereccio FV PRANTALAY catturato nell’aprile del 2010. I 7 della MV ASFALTO VENTURE catturata nell’aprile del 2011. Di recente sono stati sbarcati e spostati a terra anche i 28 marittimi membri dell’equipaggio della nave NAHAM 3 battente bandiera dell’OMAN e catturata nel marzo del 2012. Nelle loro mani le gang del mare dovrebbero trattenere almeno 40 marittimi di diversa nazionalità. In verità ne trattengono molti di più, almeno un centiMV-ALBEDOnaio. Si tratta dei membri dell’equipaggio di diverse navi catturate nel corso del tempo e tenuti in prigionia, alcuni anche da anni. Essi sono in attesa che qualcuno, Armatore o governo del Paese di origine, paghi un riscatto per far riacquistare loro la libertà. Questi uomini sono, per i predoni del mare somali, oltre che una fonte di guadagno, anche una garanzia di incolumità. I marittimi-ostaggi vengono infatti, utilizzati anche come scudi umani contro ogni eventualità come un blitz militare per cercare di liberarli. Un numero imprecisato di barche da pesca, per lo più iraniane ed yemenite, e piccole imbarcazioni costantemente continuano a cadere nelle mani delle gang del mare somale. Molti di questi sequestri non vengono nemmeno denunciati e questo rende ancora di più impossibile fare un conteggio preciso del numero degli ostaggi nelle mani dei banditi del mare somali. Quindi di certo in prigionia in Somalia vi sono anche questi lavoratori del mare. Tra essi anche dei minori, mozzi a bordo di queste imbarcazioni. In passato è capitato che anche delle donne trovatisi al momento del sequestro su una nave catturata sono state trattenute come ostaggi dai pirati somali. Almeno in un caso una di essere era in attesa di un bambino. Purtroppo il prolungarsi della prigionia ha originato per tutti i marittimi prigionieri in Somalia una permanente e difficile situazione umanitaria e sanitaria. Più di tutti sono a rischio gli ostaggi tenuti sulla terraferma. Quest’ultimi sono tenuti nascosti in luoghi ignoti e di difficile accesso. Tutti i marittimi-ostaggi sono sottoposti ad angherie di ogni genere. Gli ex ostaggi hanno raccontato di aver subito continue minacce di morte, finte esecuzioni, torture fisiche e psicologiche e sono stati costretti a soffrire il freddo, la fame e la sete. In alcuni casi si è registrato anche la morte di ostaggi per gli stenti e malattie, ma anche per morte violenta.

Ferdinando Pelliccia