manifesto salviamo i nostri maròEsprimono tutto il senso di rabbia, di impotenza e di sofferenza  le parole che  la figlia di  Massimiliano Latorre, Giulia, ha scritto sul suo profilo Facebook. Sono parole ‘dure e crude’ quelle usate nel post. “Che bella notizia… Mio padre ha l’ischemia. Purtroppo le belle notizie non ci sono mai, solo notizie del …. Ora con questo problema deve restare molto lì mentre voi state a dire sempre le stesse cazzate che lo porterete qui in Italia?”, ha scritto la ragazza. Massimiliano LaTorre  è uno dei due marò trattenuti in India da otre due anni perché accusati di aver ucciso in mare per errore dei pescatori indiani. Con lui ostaggio dell’India, contro la loro volontà e quella del loro Paese,  anche un altro sottoufficiale di marina. Salvatore Girone. I due erano parte di un nucleo armato di protezione, NMP. Si trovavano a bordo  di una petroliera italiana, l’Enrica Lexie, che venne coinvolta in un episodio di pirateria marittima nell’Oceano Indiano.  I militari italiani a bordo delle nave fecero fuoco contro un’imbarcazione sospetta seguendo le regole di ingaggio. L’India li ritiene colpevoli della morte di due pescatori del Kerala fatti oggetto di colpi sparati anch’essi da una nave in mare che però, non è stata identificata. Si tratta di due episodi distinti, ma che l’India ritiene coincidenti.  Con una serie di menzogne e inganni  i due marò sono rimasti intrappolati in India impedendogli di rientrare in Italia. Un arbitrio inaccettabile che però, l’Italia non ha saputo fronteggiare adeguatamente. Tanti i motivi e gli interessi. Ora però, qualcosa sembra stia cambiando, ma forse è troppo tardi.  Massimiliano ha avuto un malore, è stato colto da ischemia, ed è stato ricoverato in ospedale. Le sue condizioni di salute non sarebbero gravi, ma per precauzione i medici hanno deciso di trattenerlo. Riportare a casa i due militari di marina è una battaglia intrapresa, con non molta convinzione almeno all’inizio, dall’Italia. Mentre l’India, senza un’accusa formale e senza nessuna prova ancora emersa nei loro confronti, trattiene i due militari italiani cercando solo di guadagnare tempo in attesa di chi sa che cosa. Forse di quella verità che ormai non verrà mai fuori. E’ chiaro che sono stati compiuti passaggi sbagliati. E’ chiaro che qualcuno non è stato in grado di adempiere in maniera soddisfacente ai suoi compiti. E’ chiaro che la Enrica Lexie, che ormai si trovava in acque internazionali, non doveva tornare indietro e gettare i due marò nelle mani degli indiani. In un recente convegno sulla Pirateria Marittima fotoconvegnoterzitenutosi al Liceo Scientifico Brunelleschi di Afragola (NA) Giulio Terzi, ministro degli Esteri del governo Monti in carica al tempo dello scoppio della vicenda marò e inizio crisi diplomatica tra Italia e India, è stato protagonista di un sentito  intervento. Il diplomatico definì le accuse ai due marò  immotivate. Terzi spiegò, in quella occasione, che le accuse sono dettate da una volontà politica di rendere due italiani aprioristicamente colpevoli  di due delitti che probabilmente sono stati commessi da altri. Per Terzi essi devono tornare con onore perché è stato un grande disonore rimandarli in India dopo che avevamo tutti i motivi di tenerli in Italia. “Nel marzo del 2013 dovevamo tenerli per motivi giuridici costituzionali politici avendo l’India violato  una delle fondamentali convenzioni che regolano la vita della comunità internazionale cioè la Convenzione sul Diritto del mare”, affermò il diplomatico. In conclusione Terzi spiegò  che in India le indagini vengono tenute aperte unicamente perché questo è un processo politico che serve alla politica interna indiana per far vedere quanto muscolosi sono i partiti nazionalistici di quel Paese contro un Paese che è uno dei primi sette del mondo cioè l’Italia Questa è la verità politica che sta dietro a questa vicenda.