barcadapescaUn pescatore, Karthikeyan Thangaraj originario dello stato federale indiano del Tamil Nadu è stato ucciso in mare. Il fatto è accaduto nel Golfo Persico al largo delle coste del Qatar lo scorso lunedì. L’uomo insieme ad altri tre pescatori si trovava a bordo di un peschereccio  in acque territoriali del Qatar. I quattro lavoravano per conto di una società di pesca del Bahrein. Mentre era in corso una battuta di pesca si è accostata alla loro barca una motovedetta della Guardia Costiera del Qatar che ha aperto il fuoco contro di loro. Probabilmente dovevano essere colpi di avvertimento, ma questi invece, hanno centrato l’imbarcazione con i 4 pescatori indiani a bordo ed  hanno anche mortalmente colpito Karthikeyan. I militari del Qatar hanno poi, anche tratto in arresto gli altri tre pescatori per il palese sconfinamento. La barca da pesca aveva infatti, oltrepassato il confine marittimo tra Bahrein e Qatar. Un atto tale da giustificare l’intervento della Guardia costiera qatariana a tutela della sua territorialità. Episodi del genere non sono nuovi in quella parte del  mondo in cui per lo sfruttamento delle poche risorse naturali e faunistiche spesso si rischia la vita. Immediatamente in India, l’associazione dei pescatori del Tamil Nadu ha inoltrato alle autorità distrettuali indiane di Ramanathapuram, da cui dipendono, una richiesta con cui chiede la restituzione del corpo del povero pescatore indiano ucciso dalla Guardia Costiera qatariana. L’associazione ha chiesto anche un adeguato risarcimento per la famiglia di  Karthikeyan Thangaraj, moglie e due figli,  e che venga applicato un severo provvedimento contro coloro che sono stati coinvolti nella sparatoria. Un atteggiamento molto più morbido, dai toni molto più concilianti di quelli avuti invece, in occasione dell’incidente del febbraio del 2012 avvenuto al largo delle coste meridionali indiane. In quella occasione sarebbero stati uccisi per errore due pescatori dello stato indiano del Kerala. Ad ucciderli sarebbero stati due militari di marina italiani mentre erano imbarcati a bordo di una petroliera italiana per difenderla da attacchi pirati. Da allora i due militari italiani sono trattenuti in India arbitrariamente. Contro di loro si scatenarono forti  manifestazioni di protesta guidate dalle locali associazioni di pescatori che ne chiedevano la testa. Da questo incidente ne è nata una grave crisi diplomatica tra Italia e India. Quello accaduto lunedì scorso al largo delle coste del Qatar per dinamica sembra un caso ancora più grave, soprattutto per la palese volontarietà del fatto eppure non si registrano dimostrazioni o altro in India contro questo grave episodio. Un atteggiamento questo, tenuto anche in occasione dell’uccisione in mare di un altro pescatore del distretto di Ramanathapuram  ucciso nel luglio del 2012 da colpi partiti dalla nave della marina militare statunitense, la USNS Rappahannock al largo di Dubai negli Emirati Arabi Uniti. Nello stesso incidente altri tre pescatori indiani restarono gravemente feriti. Gli americani si giustificarono affermando: “…le navi americane hanno un diritto naturale alla legittima difesa contro potenziali minacce…”. L’episodio non ha avuto alcun strascico ne politico ne diplomatico tra gli USA e l’India. Questo vuol dire che forse l’Italia si mostra, rispetto agli altri Paesi, più fragile e meno unita. Un fatto tale da far sentire forse gli altri motivati nell’assumere determinati atteggiamenti e a compiere determinati azioni contro di essa e contro i suoi rappresentanti nel mondo.

Ferdinando Pelliccia