Novecento: la sovranità perduta

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Crolla il muro in quel di Germania, crolla il sistema politico nella nostra piccola Italia, l’Europa si unisce e la Nato si spegne. Sono i primi anni novanta, quelli dei mondiali di Roma, nelle notti magiche della Nannini e Bennato, oltre a un sogno donato da Salvatore Schillaci. Un aria nuova sembra giungere dall’oriente e un vento dal nord ci appare onnipotente. Il novecento è ormai quasi giunto al termine e si guarda avanti, con ottimismo, fierezza e voglia di ricominciare per un nuovo millennio. Tutto appare ripulito, riconquistato, riorganizzato, rinvigorito e ringiovanito. I nuovi partiti danno sfoggio di se stessi e ci traghettano verso il nuovo assetto globale, quello di un Europa unita. Si parla di una moneta unica per tutto il continente, quello martoriato da due guerre mondiali. Si va a vele spiegate verso il fine novanta e i primi del duemila. Bruxelles ci chiama, ci sussurra, ci saluta e ci accoglie. Sarà un amore vero o una trappola in alto mare? Dai burocrati locali si passa a quelli europei, dalla finanza nazionale a quella internazionale, dalla massoneria toscana a quella globale, dalle banche di prossimità ai grandi istituti riunificati sotto le direttive di Basilea.
Dopo quarant’anni di contrapposizione tutti i paesi del blocco est (ex patto di Varsavia) si liberano della tirannia Sovietica e diventano vere nazioni autonome, e quelli del blocco ovest, i fedelissimi Nato, tentano un’improbabile operazione di unificazione politico finanziaria. E’ l’inizio di un’unica Europa, dall’abbattimento delle frontiere storiche al legame con la stessa unità di denaro. E’ l’inizio di qualcosa che stravolgerà tutto.
Dalla Casa Bianca di un tempo ora si deve necessariamente interloquire con Bruxelles, e Berlino, che in un modo o nell’altro torna nuovamente alla ribalta. Berlino negli anni trenta, Berlino nel dopo guerra e Berlino ancora nel ventunesimo secolo.
28 nazioni con 28 eserciti, 28 nazioni con 28 governi, 28 politiche di difesa diverse, 28 capi di stato e 28 situazioni diverse l’una dall’altra. Forse un’altra cosa la concezione tra gli Stati Uniti d’America e il tentativo di creare gli Stati Uniti d’Europa. C’è però una questione che i burocrati riescono ad unire, la moneta, pur senza una politica economica ben studiata e unitaria, il ché è ben complesso.
A cosa serve unificare il denaro per tutto un continente senza prima non aver capito con esattezza cosa quel denaro e soprattutto il suo cambio rispetto alle vecchie monete nazionali può fare?
Lira, Marco, Franco, Peseta, tutto sparisce per Mr. Euro, le esportazioni con l’occidente oltre atlantico crollano vertiginosamente poiché, niente più cambio favorevole con il dollaro niente più “made in italy”, e la produzione agro alimentare che una volta era il fiore all’occhiello della nostra nazione, completamente annientata. Le arance dalla Turchia, il latte dalla Danimarca, l’olio da chi sa quale paese e così via, per tutta una serie di irreparabili danni al sistema produttivo Italia senza precedenti, un tempo considerato la punta di diamante a livello mondiale. In vent’anni si distrugge tutto ciò che si era costruito in quarantanni di dopo guerra, e la nostra famosa fedeltà atlantica svanisce nel nulla per seguire un progetto ambizioso, considerato nuovo, ma guidato da pochi finanzieri “squali” franco-tedeschi e lussemburghesi.
L’emorragia occupazionale è senza controllo, le aziende italiane spariscono del tutto dall’economia mondiale, la globalizzazione e il nuovo sistema impoverisce l’intera nazione, e, anche se prima la sovranità nazionale era secondaria rispetto alla fedeltà atlantica c’era però un’idea di tutela sulle imprese e sui prodotti made in Italy ben diversa rispetto a quella di oggi. Lo schermo USA, il controllo della massoneria e i governi forti a guida Andreotti o Craxi impedivano svendite totali dei nostri “gioielli di famiglia”, vedi gran parte delle aziende rigorosamente a guida italiana che, negli anni ottanta, hanno creato una marea di posti di lavoro, ora praticamente estinti.
Il nuovo baricentro, dopo i grandi mutamenti dei primi anni novanta, si sposta dall’ovest atlantico al centro Europa e nell’estremo est del globo, rimodulando sostanzialmente tutti gli assetti geopolitici. Il tipo di cambiamento è epocale, per tutta una serie di importanti motivazioni. Lo storico nemico ad est è ormai acqua passata, le importanti strategie di difesa si annientano, le quinte colonne finanziarie con sede a Wall Street che per quarantanni hanno guidato le economie del patto atlantico arretrano per tornare in patria, lasciando le nazioni della Nato alla mercé di nuovi gruppi Europei e Asiatici e i delicati giochi di potere su cui si sorreggeva la metà del Mondo libero sostituiti dalla nuova politica comunitaria.
Mentre gli Stati Uniti d’America cercano di riorganizzarsi all’interno del loro continente, per i paesi (come il nostro) del basso mediterraneo si apre un nuovo millennio con scenari tutt’altro che idilliaci.
Quindici le teste al comando, di cui cinque potenti banchieri burocrati della BCE, cinque miliardari della nuova Russia proprietari di gasdotti e cinque gli Asiatici facenti capo a Pechino che si comprano a suon di miliardi di dollari tutte le principali industrie del sistema Italia. Il buon vecchio zio Sam, quello della ricostruzione Marshall, del sogno Kennediano dei sessanta e del liberismo di Mr Reagan di quasi fine secolo ci saluta, senza farci capire se trattasi di un arrivederci o di un addio e senza darci un appuntamento, magari per un seconda stagione di piacevoli speranze insieme.
Mitterand disse: “Siamo parte del continente europeo, non solo un balcone che si affaccia sull’atlantico”.
Saremo pure stati un semplice balcone, ma onestamente, considerando la situazione attuale, meglio quel balcone fiorito rivolto verso un dolce tramonto che essere parte “inutilmente” integrante di qualcosa che non ci appartiene affatto.
I sessanta milioni di abitanti non hanno più voce in capitolo, perché assistono inermi alla soggiogazione dei propri premier che come marionette seguono il percorso economico devastante per mano dei “crucchi” senza che questi si affermino con durezza e capacità di comando. Tutto è morto in quel lontano 1992, a pochi anni dal crollo del muro, in piena seconda repubblica e nell’incredibile contesto di mani pulite. Craxi era al tempo il male assoluto, ma ora molti che lo considerarono così lo stanno ricercando, così come si sta rievocando quell’intera classe politica.
L’interesse del popolo sovrano è morto, così come è morta la collettività sociale, prima unita da un rapporto di cooperazione e correlazione tra la vecchia politica e la società civile. L’autorevolezza di un tempo è oggi ricordo sbiadito, perché non è solo il popolo ad assoggettarsi alle logiche economico finanziarie dell’area Euro e dei nuovo paesi in via di sviluppo, sono principalmente i nostri attuali politici, quelli che non sono stati in grado di tutelare né il sistema Italia né le esigenze dei loro connazionali. Lo Spread, i burocrati di Strasburgo e Bruxelles e soprattutto la piovra bancaria che strangola a morte l’intero tessuto lavorativo del nostro paese hanno letteralmente messo in stato d’emergenza il “bel paese”, un tempo, orgoglio dell’Europa atlantica.
L’unica certezza è che c’è la fame di un intero popolo e di un insieme di nazioni, la miseria in cui questi signori in colletto bianco hanno ridotto la povera Italia, la bellissima Grecia, la dolce Spagna e il magnifico Portogallo.
Cari imprenditori, cari massoni sinceri, cari commercianti e pochi industriali rimasti, sappiate che a parte la Ferrari, poco altro è rimasto italiano perché il resto delle nostre meravigliose realtà è stato non solo venduto, svenduto o trasportato all’estero ma anche eliminato dal sistema produttivo italico. La preziosa manodopera che ci rendeva unici al mondo e la suprema genialità che negli anni d’oro ci ha reso una delle potenze più ammirate ed apprezzate del pianeta è praticamente sparita, sotterrata e volutamente distrutta da qualche spietata lobby extra territoriale.

La prima Repubblica è oggi un ricordo nostalgico, le antiche dispute politiche che animavano la società, ormai sepolte e quel tipo di sovranità, che ci rendeva sicuramente più liberi e più tutelati di oggi è definitivamente morta, il giorno in cui è morto il secolo novecento.

 

 

Mirko Crocoli

(… dagli spunti del secondo libro sul Novecento, in uscita 2015)