Cambiano gli scenari, scemano le forti contrapposizioni, vecchie crisi spariscono e se ne aprono delle nuove: l’Avana e Washington torneranno ad allacciare relazioni diplomatiche. Ecco un breve excursus su oltre 50 anni di “guerra” tra due Stati divisi da 145 km di mare.

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Una “striscia” di mare di appena 90 miglia (145 km), che divide inesorabilmente per oltre mezzo secolo due “mondi”; territorialmente vicini ma ideologicamente agli antipodi. Sembra una storia infinita quella tra gli Stati Uniti d’America e la splendida isola caraibica di Cuba. Amici, all’epoca di Batista e Lucky Luciano, nemici per tutta la seconda metà del novecento. Rapporti idilliaci tra Washington e l’Havana fino agli anni cinquanta; erano i tempi dei Casinò, della mafia italo americana, del capitalismo in espansione, delle industrie di zucchero e del regime del presidente Fulgencio. Fiumi di denaro, troppo spesso corrotto, aziende USA sul suolo dell’isola e libero mercato, fino a quando, due giovani conosciutisi in Messico non decidono di porre fine a tutto ed impossessarsi del “gioiello” che si affaccia davanti alle coste della Florida. Sono l’ideologo Fidel Castro e il “medico” combattente Ernesto Guevara de la Serna (detto il “Che”) appartenenti all’M-26-7 (movimento del 26 luglio) a sferrare l’attacco decisivo nei primi giorni del ‘59 e costringere il regime militare alla ritirata e all’abbandono “forzato” del Palazzo Presidenziale. L’ispirazione del gruppo rivoluzionario è filo marxista, le idee politiche chiaramente anti capitaliste e il pensiero è rivolto al socialismo puro poi divenuto comunismo “reale”. La nazionalizzazione – tanto odiata dagli USA – del commercio agroalimentare è tra le priorità dei nuovi governanti di Cuba, e la cosa non è affatto gradita oltre stretto. Sono passati 55 anni da quell’azione di guerriglia consegnata alla storia; 55 anni in cui tanto è accaduto e troppo si è rischiato. All’inizio è Eisenhower ad attuare il polso duro; poi arrivò il turno del “povero” Kennedy, che consigliato in maniera errata dal capo della CIA Allen Dulles e dallo Stato Maggiore militare, decide di intraprende un braccio di ferro senza precedenti. Dopo la campagna fallimentare della “Baia dei Porci”, va in atto l’embargo totale, la fine delle diplomazie e ci si avvia verso uno “stato” di guerra. L’allerta è ai massimi livelli, il sistema DEFCON sale a 1 e con l’appoggio anche bellico di Mosca a Castro, nell’autunno del ’62, si sfiora l’olocausto nucleare. Dopo la delicatissima crisi missilistica, Fidel, chiuso in se stesso, ma protetto dal blocco di Varsavia si imbatte in un duro confronto economico, sociale e ideologico contro la “sovrana” del mondo libero e tutto l’occidente. E mentre, nel corso degli anni, si susseguono diversi leader alla Casa Bianca, tra cui Johnson, Nixon, Carter, Castro non cede il passo, la tensione resta sempre immutata e a livello internazionale un fievole spiraglio di luce – su questa triste vicende – non sembra mai apparire, neanche in lontananza. Passano i giorni, gli anni, il mondo cambia, gli scenari ovunque si riassettano, il blocco Sovietico perde lentamente di autorevolezza, il crollo della “cortina di ferro” inevitabile, ma nonostante ciò,  la ricerca di pace tra “vicini di casa” rimane disattesa. Un tunnel senza fine. Anche dopo lo “sgretolamento” dell’impero del Cremlino nei primi anni ’90 e l’apertura delle frontiere ideologiche, l’ormai “isolato” Castro non accenna ad un minimo di dialogo e appare evidente ed impossibile una pace a breve termine. Dopo la riunificazione della Germania ci vogliono ancora 25 anni per vedere un barlume. Con la Russia di Putin in grossa difficoltà, colpita dalle sanzioni per le operazioni in Crimea e Ucraina, con il rublo in caduta libera, si apre ora un nuovo scenario: l’Avana e Washington non possono rimanere ancora lontani. E se è vera la teoria che c’è sempre una persona che traccia il cammino, la speranza del disgelo arriva proprio in questi giorni,  grazie a 3 “capi” carismatici: un Santo Padre sud “Americano”, un “moderato” presidente Statunitense e il fratello del leader Maximo. Finalmente, nel ventunesimo secolo, “Francesco”, “Barack” e “Raul” hanno intrapreso la tanto agognata via del dialogo e le diplomazie torneranno a riaprire le porte. Ci si affretti dunque a togliere questo inutile embargo. Si riattivino gli scambi commerciali, si ridia respiro ad un popolo che ha vissuto per mezzo secolo nella paura e nella sofferenza e che il desiderio di un mondo migliore torni a trionfare.

Mirko Crocoli