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Uno dei migliori leader del nostro novecento, unico ad aver pagato caramente la stagione di Mani Pulite, costretto a esiliare in Tunisia;  il 19 gennaio del 2000, lasciava la vita terrena. La sua tomba è lì, in terra d’Africa, a ricordarci la furia degli anni del terremoto politico, che avrebbe dovuto produrre una nuova classe dirigente e che invece ha prodotto ciò che tutti i santi giorni vediamo, in questa dilaniata penisola italica: una massa d’incapaci, che coltiva solo e soltanto il proprio orticello. Marionette nelle mani del mondo della finanza.

Benedetto Craxi detto “Bettino” prende in mano il “Socialismo” italiano -dopo Nenni, Saragat e Pertini – nel decennio degli anni Ottanta. La sua guida è frutto anche di una larga intesa tra i 5 principali partiti dell’epoca: Dc, Psi, Psdi, Pri e Pli. E’ lui di fatto l’incudine che si frappone tra l’ala moderata democristiana e i cugini di via delle Botteghe Oscure, con quel famoso 11% di consensi che sarà determinante per la maggioranza parlamentare. Uomo ritenuto chiave del Pentapartito e una delle tre punte di diamante del CAF (Craxi – Andreotti – Forlani) è – per antonomasia – l’uomo che ha rappresentato per l’opinione pubblica ma soprattutto per i mass media il male assoluto della prima Repubblica; quello fatto di corruzione e malaffare. Indelebile quanto assurdo il fotogramma delle monetine all’Hotel Raphel cosi come ingiusta la sua dipartita lontano dai confini della sua amata Nazione. “Garibaldino” per filosofia di unità, Socialista moderno e riformista, trasporta la Sua Italia negli anno d’oro del boom, quello destinato a diventare oggi un lontano ricordo, nell’olimpo delle più importanti realtà economiche del Pianeta. C’è un pizzico di liberismo vero e liberalità concettuale nel suo modo di governare, quel tanto che serve e quel tanto che basta per dare grande ossigeno al mercato interno ma soprattutto c’è un grande cuore tricolore che batte nel suo petto e che fa bella la nostra penisola in diverse occasioni. L’Italia, quella della presa di posizione con il duro Reagan a Sigonella, il Socialismo, quello rispettato in Europa e nel Mondo. E’ il grande accusato, più d’ogni altro, dal pool di Milano – nell’ampio contesto di Mani Pulite – che lo prende di mira, lo accusa e lo fa condannare per reati riconducibili al finanziamento illecito ai partiti.

Oggi, alla luce di quanto viviamo potremmo considerarle “cosucce” rispetto alle deprecabili ruberie di cui si stanno macchiando gli attuali politicanti, egoisti e insaziabili. Personaggio amato e odiato è il Re incontrastato di un decennio chiave per il novecento, quello in cui l’occidente è al suo massimo splendore (militare, economico e sociale) e l’oriente sovietico – in piena Perestrojka – in fase d’inevitabile disgregazione. E’ primo Ministro dall’83 all’87, nell’84 a capo del Dicastero del Bilancio e soprattutto segretario del suo partito per quasi vent’anni; dal ’76 al ’93. Claudio Martelli e Gianni De Michelis i suoi fedelissimi e perfino Falcone nutre simpatia e stima nei suoi confronti. Muore a Hammamet il 19 gennaio 2000. Molti oggi vorrebbero tornare all’epoca delle urla e degli insulti fuori da quell’albergo romano, ma non per il lancio dei “centesimini” – tutt’altro – probabilmente per commemorarlo per ciò che ha ingiustamente subito nel corso di quella gogna mediatica, ma soprattutto, applaudirlo e ringraziarlo per tutto ciò che ha fatto e dato al nostro paese. Quell’Italia di Craxi è ormai solo nostalgico ricordo. Addio a lui e a quel “bel Paese”.

Mirko Crocoli