Ci siamo: la Grecia si appresta ad andare al voto domenica e negli ultimi sondaggi la Sinistra Radicale guidata da Alexis Tsipras è ancora in vantaggio, anche se c’è una “ricca” percentuale di indecisi. A costoro si aggrappa Samaras; il premier uscente spera nel sorpasso al fotofinish. L’Europa trema in attesa del voto ellenico che potrebbe cambiare le carte in tavola e sconvolgere l’Unione.

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Atene – Continuare sulla strada del rigore o abbandonare l’austerity? Domenica i 9,8 milioni di elettori greci sono chiamati ad una scelta elettorale cruciale per il futuro del loro paese, il cui risultato viene atteso in tutta Europa con il fiato sospeso. Tutti i sondaggi danno vincente Alexis Tsipras, carismatico leader della Coalizione della Sinistra Radicale (Syriza), che promette una svolta radicale rispetto alla politica lacrime e sangue finora seguita, ma il primo ministro Antonis Samaras spera ancora negli indecisi per ribaltare il pronostico, accusando l’avversario di voler condurre la Grecia ad uno scontro con la Ue che porterà il paese fuori dall’eurozona. La bocciatura elettorale della linea del rigore avrebbe inevitabili ripercussioni sulle scelte economiche dell’Europa, che ora spera nella ripresa dopo l’annuncio dell’avvio dell’acquisto di titoli di Stato per oltre 1.100 miliardi di euro, seguendo il percorso degli Stati Uniti degli ultimi anni. Entrati cinque anni fa nel tunnel della crisi economica, i greci sono stanchi dei sacrifici imposti dai creditori internazionali in cambio del prestito che ha evitato al paese la bancarotta. Ancora oggi un quarto della popolazione è disoccupato e un terzo vive sotto la soglia di povertà. Samaras promette di tagliare le tasse e di metter fine al taglio di salari e pensioni, ma chiede ai greci di tenere ancoro duro nel proseguire con le riforme e l’austerity in modo da stabilizzare il ritorno alla crescita avvenuto nel secondo trimestre del 2014.

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Alexis Tsipras

Tsipras, per il quale “la fine dell’umiliazione della Grecia è vicina”, vuole invece rinegoziare i termini del prestito internazionale, si impegna a non procedere con il licenziamento di 150mila impiegati pubblici, già concordato con i creditori dell’Unione Europea e del Fondo Monetario Internazionale. Il leader di Syriza vuole inoltre vietare gli sfratti per la prima casa, creare un fondo da 5 miliardi di euro finanziato da fondi europei per creare posti di lavoro e prevede un pacchetto sociale da 12 miliardi di euro che comprende elettricità gratis per i più poveri, sussidi ai trasporti e il ritorno della tredicesima per le pensioni sotto i 700 euro. L’idea è di finanziare questi programmi con aumento delle tasse, che arriverebbero fino al 60% per i più ricchi.

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Antonis Samaras

A Samaras che vuole accelerare le privatizzazioni Tsipras risponde auspicando la nazionalizzazione dei servizi pubblici. Ma intanto Atene rischia di ritrovarsi con le casse vuote entro la metà dell’anno se la revisione dei progressi della Grecia nel rispettare i termini del prestito internazionale non sarà completata entro il 28 febbraio. In una intervista al quotidiano online Ekathimerini, il ministro delle Finanze Gikas Hardouvelis ha avvertito che il paese non riceverà l’ultima tranche di 7,2 miliardi di euro (su un totale di 240) se non rispetterà i termini del bailout. E se non li rispetterà, ha dichiarato ieri sera Samaras, la Grecia rischia di trovarsi fuori anche dal programma di quantitative easing appena annunciato dalla Bce. “Una delle prime cose che il nuovo governo dovrà fare sarà chiedere un’estensione tecnica dell’accordo del bailout, altrimenti il paese si troverà senza fondi”, nota l’analista George Tzogopoulos, della Hellenic Foundation for European and Foreign policy. Al di là del duello fra Nuova Democrazia e Syriza, il panorama politico greco rimane frammentato e ciò rende difficile prevedere quale sarà il prossimo governo, dopo elezioni anticipate causate dall’impossibilità, il mese scorso, di eleggere in parlamento il nuovo capo dello Stato al posto di Karolos Papoulias. Al primo partito spetta un bonus di 50 deputati, ma è improbabile che questo basti al vincitore per ottenere la maggioranza assoluta dei 300 seggi del parlamento di Atene. Inoltre, dato che vi è una soglia del 3%, la ripartizione dei seggi dipenderà anche dalla percentuale di voti che andrà dispersa in partiti rimasti fuori dal parlamento. Servirà probabilmente un accordo di coalizione che ridurrà i margini di manovra del partito vincitore. Gli ultimi sondaggi danno Syriza al 31%, con un distacco di quattro punti rispetto a Nuova Democrazia, ferma al 27%. Già alle europee, Syriza è stato il primo partito. Segue a gran distanza, con il 6%, il nuovo partito To Potami dell’ex giornalista Stavros Theodorakis, formazione europeista di centrosinistra che si presenta come lontana dalla casta dei partiti tradizionali. Poi troviamo il partito socialista Pasok del ministro degli Esteri Evangelos Venizelos, il partito della Sinistra democratica (Dimar), che ha lasciato il governo dopo la privatizzazione della televisione, il partito comunista Kke, il partito conservatore antibailout Greci Indipendenti, e il nuovo Movimento Democratico socialista creato dall’ex premier George Papandreou. Il partito neonazista Alba Dorata si attesta attorno al 5%, ma viene escluso da ogni ipotesi di coalizione. In una situazione d’incertezza, se sarà il terzo partito, To Potami potrebbe diventare il “king maker” del futuro governo, scegliendo o meno di allearsi o meno con Syriza. E dato che la costituzione greca prevede che il mandato esplorativo per la formazione del governo sia affidato a turno ai tre maggiori partiti, Theodorakis potrebbe anche trovarsi come possibile primo ministro. Non è infine escluso che si riproduca la situazione delle elezioni anticipate del maggio 2012: allora fu impossibile trovare un accordo di coalizione e i greci dovettero tornare alle urne in giugno.

 

 

 

(con fonte Adnkronos)