Golfo_of_Bengal_mapNell’Oceano Indiano un altro fenomeno alimenta tensioni e problemi. In quelle lontane acque è in corso una vera e propria guerra tra i pescatori dei diversi Paesi costieri frontalieri specie tra quelli dell’India, Pakistan e Sri Lanka. Una disputa combattuta anche duramente e che vede le Marine Militari e  Guardie Costiere dei rispettivi Paesi fortemente impegnate e coinvolte. Si tratta di una vera e propria disputa in mare per contendersi i diritti di pesca nelle acque al largo degli stati costieri meridionali indiani e delle isole nel Golfo del Bengala. Si tratta di acque internazionali , ma che ogni Paese coinvolto reclama come sue. Stavolta la tensione è al massimo tra India e Pakistan. Questo, dopo che nei giorni scorsi, al largo dell’India meridionale, di fronte alla costa dello stato federale indiano del Kerala, è stata scoperta una barca da pesca pachistana intenta a pescare illegalmente. Il peschereccio alla vista della nave da guerra indiana si è dato alla fuga. L’area marina in questione è vastissima ed è quindi,  di difficile controllo per cui i pescatori di questi Paesi, anche non rispettando nessuna delle frontiere marittime riconosciute, vi vanno a pescare. Il problema nasce dal fatto che si tratta di acque particolarmente ricche di Tonno. Pertanto la loro pescosità fa molto gola ai pescatori indiani, pachistani e cingalesi, che spesso vi si spingono, rischiando l’arresto nel migliore dei casi,  per riempire i loro pescherecci di pescato. Queste continue violazioni territoriali, oltre che a condurre ad arresti di pescatori, sia cingalesi sia indiani sia pachistani, da parte delle Marine Militari dei rispettivi Paesi asiatici, sono spesso sfociate anche in  violenti scontri in mare tra pescatori indiani, pachistani e cingalesi.  I più violenti sembrano essere quelli cingalesi. Questo, forse perché si ritengono i più penalizzati  dalla questione. Più volte infatti, i pescatori cingalesi sono stati accusati di essere ricorsi ad una ingiustificata violenza specie nei confronti di quelli indiani. Finora  ogni tentativo di mediazione e di trovare una soluzione è sempre fallito.  La situazione è ormai in stallo. Di certo si è di fronte ad un’annosa questione che ormai è diventata insostenibile per tutti i suoi protagonisti. In molti si è fortemente radicato il convincimento che il nocciolo duro è l’India.  Un convincimento che si basa sul fatto che il Paese asiatico non ha dato finora, alcun segnale di buona volontà nemmeno nel ricambiare gesti di apertura da parte degli altri Paesi coinvolti nell’annosa questione. Sono innumerevoli i pescatori pachistani e cingalesi che hanno trascorso anche mesi nelle carceri indiane.  Questi pescatori vengono arrestati  con l’accusa di ingresso illegale nelle acque indiane e di aver praticato bracconaggio. Spesso essi sono trattenuti anche senza nemmeno che vengano formulate accuse specifiche nei loro riguardi. In molti casi poi,  ai pescatori arrestati viene negato anche il diritto di comunicare con le loro famiglie nel Paese d’origine. Tutto questo alimenta fortemente rabbia e sdegno dell’opinione pubblica degli altri Paesi coinvolti  e che in merito è anche molto divisa sul da farsi. Lo Sri Lanka è tra tutti i Pesi coinvolti quello che si ritiene il più danneggiato e denuncia che a causa di queste violazioni l’economia del Paese, legata alla pesca, subisce forti perdite economiche. Le stime indicano perdite per almeno 50mln di dollari l’anno.

Ferdinando Pelliccia