Alla vigilia del Natale scorso si è concluso il trasferimento di circa 20mila sudanesi che dopo lo scoppio del conflitto interno sud sudanese, a metà dicembre del 2013, hanno visto cambiare il loro status in sfollati interni, Internally Displaced People. Per oltre un anno queste migliaia di persone, in gran parte donne, bambini e anziani, hanno vissuto in condizioni disagevoli e difficili da tutti i punti di vista compreso sanitario. Erano tutte ‘stipate’ in un campo profughi sotto la protezione delle Nazioni Unite. Un luogo che era diventato per loro un rifugio sicuro e in cui sfuggire al dramma della guerra, ma che li aveva posti in una condizione di vita molto misera. La principale preoccupazioni era per la loro salute dato che gli sfollati stavano stretti e la promiscuità era a livelli altissimi. Ora in quel luogo non vi è più nessuno dei profughi tranne i resti dei loro rifugi e qualche oggetto. Il loro trasferimento è stato curato dalla missione Onu presente in Sud Sudan, UNMISS e diversi altri partner tra cui l’Organizzazione internazionale per le migrazioni e l’UHNCR. Tutti i profughi ora si trovano in un campo profughi nei pressi della capitale Juba. Un luogo più sicuro e più grande, Tomping PoC, Protection of Civilians. Il nuovo campo profughi infatti, può ospitare fino a 33.079 persone. Come sempre le conseguenze della crisi scoppiata politica poi, sfociata in guerra civile, scoppiata nel dicembre del 2013 nel Sud Sudan le stanno subendo le popolazioni civili. Il conflitto da Juba poi, si è esteso anche ad altri tre stati, Jonglei, Upper Nile e Unity. Da quando è scoppiato il conflitto interno in Sud Sudan sono migliaia le persone che hanno abbandonato ogni loro avere per cercare di sfuggire al dramma della guerra. Unico loro rifugio sono i campi profughi allestiti dall’Onu dove trovano riparo, protezione e cibo. In quella parte del mondo l’Onu a dispiegato come forza di pace una missione composta da oltre 15mila uomini.

