news-2Né Belgrado né Zagabria sono da considerare responsabili di genocidio per le violenze commesse durante le guerre nelle repubbliche della ex Jugoslavia. A stabilirlo è stata la Corte Internazionale di Giustizia all’Aja, che si è pronunciata oggi sul duplice caso, quello presentato contro Belgrado dalla Croazia nel 1999 e quello presentato di rimando dalla Serbia contro la Croazia nel 2010. La Corte ha stabilito che nessuna delle due parti è stata in misura di provare che i crimini commessi durante il conflitto lo siano stati con l’obiettivo di compiere un genocidio.

La decisione della Corte Internazionale di Giustizia all’Aja chiude il caso aperto dalla denuncia presentata il 2 luglio 1999 dalla Croazia contro l’allora Repubblica Federale di Jugoslavia (Serbia e Montenegro) per violazioni della Convenzione delle Nazioni Unite sul Genocidio – adottata dall’Assemblea generale dell’Onu nel 1948 – con riferimento alle operazioni di pulizia etnica risalenti alla guerra 1991-1995. Zagabria chiedeva che la Corte riconoscesse la violazione dei suoi obblighi legali da parte di Belgrado e pagasse pertanto le riparazioni di guerra al paese per i danni causati.

Nel 2010 Belgrado presentò una controdenuncia, accusando la Croazia di genocidio e chiedendo che venissero puniti i responsabili di quegli atti e risarciti i serbi di Croazia. Belgrado accusava i croati della morte di 6.500 persone e dell’espulsione di 20mila esponenti della minoranza serba della Croazia, costretti ad abbandonare la Repubblica di Krajina quando venne riconquistata dall’esercito croato.

Belgrado a sua volta era tornata ad essere sotto accusa per l’espulsione di centinaia di migliaia di persone, la morte di 13.500 croati e la distruzione di ampie zone del paese. Azioni che per l’accusa erano volte a dar vita ad una ‘Grande Serbia” con l’annessione di parte della Croazia e della Bosnia.

Mai finora un paese è stato condannato per genocidio sulla base della Convenzione dell’Onu del 1948. Nel 2007 la Corte si pronunciò sul massacro di Srebrenica, compiuto ai danni dei musulmani di Bosnia dai militari serbobosniaci nel luglio 2005, quando vennero uccisi 8mila uomini e ragazzi. I giudici stabilirono che la Serbia non era imputabile del genocidio, ma solo di non aver agito per impedirlo.