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Il governo americano ricevette dall’intelligence britannica informazioni sul luogo dove lo Stato Islamico teneva prigionieri gli ostaggi occidentali, ma aspettò oltre un mese per agire e quando finalmente il blitz fu compiuto, il 4 luglio dello scorso anno, era troppo tardi. E’ quanto scrive The Daily Beast, citando fonti sia britanniche che americane, dopo che lo stesso Barack Obama in un’intervista rilasciata dopo la morte di Kayla Mueller ha confermato di aver ordinato un blitz per liberare la giovane cooperante americana ed altri ostaggi ma le forze speciali americani sono arrivate “un giorno o due” in ritardo.

“Avevamo le informazioni, ma loro non si sono fidati ed hanno aspettato senza fare nulla”, così fonti britanniche ricordano la rabbia e la frustrazione provocata dall’esitazione di Washington a dare l’ok arrivato troppo tardi: gli ostaggi erano stati trasferiti e qualche settimana dopo l’Is iniziò a decapitare gli ostaggi americani e britannici. Verso la fine di maggio, il governo britannico aveva individuato due o tre luoghi, a Raqqa e nei suoi dintorni, dove i militanti avevano spostato gli ostaggi nelle precedenti settimane e mesi.

Ma le informazioni, raccolte con i satelliti, i droni di ricognizione, le intercettazioni elettroniche e il confronto con quanto raccontato dagli ostaggi liberati, allora non erano ancora certissime: i servizi britannici non erano in grado di indicare con certezza dove fossero tenuti gli occidentali, tra i quali gli americani James Foley, Steven Sotloff e Kayla Mueller. All’inizio di giugno però Londra ebbe “una identificazione certa” sul luogo di detenzione e l’informazione fu subito “passata a Washington”, spiegano ancora fonti dell’intelligence britannica. Ed a questo punto lo stallo di Washington, ancora inspiegabile per gli 007 britannici.

Una spiegazione viene avanzata da fonti americane che sottolineano come i consiglieri di Obama non volevano lanciare un raid così pericoloso basandosi su informazioni di un’intelligence straniera. “La questione era che non si fidavano dell’informazione, volevano svilupparla ed approfondirla, perché non era nostra”, spiega la fonte che ovviamente vuole mantenere l’anonimato. Perché invece, il commento ‘on the record’ che arriva dal National Security Council è ben diverso: “le forze americane hanno condotto l’operazione non appena il presidente e la sua squadra di sicurezza si sono sentiti sicuri sulla possibilità di un successo nel rispetto delle nostre regole per operazioni del genere”.

Secondo Diane Foley, la madre del giornalista che è stato il primo americano decapitato dall’Is di fronte alle telecamere il 20 agosto scorso, le prime informazioni di intelligence sul possibile luogo di detenzione degli ostaggi arrivarono a Washington già a marzo, questa volta dai servizi francesi. “Questa è una delle ragioni della nostra rabbia – ha detto al Daily Beast la donna che accusa il governo americano di non aver fatto nulla per salvare la vita del figlio – Informazioni specifiche erano disponibili già a metà di marzo, e questo è così difficile da accettare per noi familiari degli ostaggi, perché a quanto pare i nostri cari sono stati tenuti nello stesso posto per tutti quei mesi”.

La notizia del fallito raid Usa, che Obama ha per la prima volta confermato ufficialmente, era già stata data alla fine di agosto dal Washington Post che aveva citato una fonte dell’amministrazione che spiegava come fosse stato deciso sulla base “di un mix di diverse informazioni di intelligence che ci hanno reso possibile agire in modo aggressivo, veloce per cercare di liberare i nostri cittadini”.