usura-anatocismo-libroMolti magistrati (giudici, p.m. e procuratori), avvocati, consulenti e soprattutto i responsabili (direttori generali e componenti consigli di amministrazione) delle banche e delle società autorizzate all’esercizio del credito e dell’intermediazione in questo settore, quando si parla di usura, hanno finora ritenuto che la questione non avesse rilevanza pratica nelle operazioni di finanziamento (prestiti) concluse dalle imprese che esercitano legalmente l’attività creditizia.
Il mercato del credito, dal punto di vista socio/economico, è infatti suddiviso tra gli operatori “autorizzati”, banche e finanziarie iscritte negli appositi registri previsti dal testo unico legge bancaria (tub, d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385), soggette alla vigilanza della Banca d’Italia (mercato “legale”), da un lato e il mercato “clandestino”, quello degli “strozzini”, dall’altro.
In realtà chi opera nel mercato “clandestino” (spesso collegato al riciclaggio ed al racket), in quanto svolge senza autorizzazione l’attività (professionale) di concessione di finanziamenti “sotto qualsiasi forma” può commettere il reato di cui all’art. 132 del tub (abusiva attività di finanziamento), ma non di per sé stesso commette anche il reato di usura, se i finanziamenti, clandestinamente erogati, hanno in ogni caso tassi inferiori ai limiti di legge.
I prestiti del mercato clandestino saranno (forse) “illegali”, perché concessi in violazione di un divieto amministrativo, ma sotto il profilo civilistico, i contratti di finanziamento “clandestini” (scritti o verbali) sono validissimi, perché un mutuo dello “strozzino” non ha certo una causa giuridica (dazione di danaro in cambio della restituzione del capitale e degli interessi) illecita, anche se questo tipo di “operatore” del credito non è vigilato dalla Banca d’Italia.
Secondo una larga parte dei giuristi, gli amministratori, i dirigenti ed i funzionari delle banche/finanziarie, rappresentando, nel mercato legale del credito, “l’offerta”, come naturale modus operandi dovrebbero rispettare tutte le normative del settore, compresa quella antiusura.
Generalmente banche e finanziarie seguono infatti le procedure previste dalla Banca d’Italia e pertanto, anche nell’ipotesi che, per un caso fortuito, il tasso complessivo applicato ad una determinata operazione creditizia, superasse (di poco) il limite di legge, il reato di usura, secondo un’opinione largamente diffusa, non si verificherebbe perché, in ogni caso, mancherebbe il dolo.
Nessuno degli amministratori, dirigenti e funzionari delle banche/finanziarie autorizzate, opera di certo con l’intenzione di applicare alla clientela tassi usurari; al massimo, nel caso sopra-descritto, potrebbe sussistere un illecito di natura civile.
Questa convinzione, a mio avviso, è sia moralmente, che giuridicamente infondata, come di seguito proverò a dimostrare.

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