news-7Dopo essere stata in costante crescita tra il 2002 e il 2013, l’America Latina frena, attestandosi su un magro 1,3%. Il Fmi e l’Ocse vi scorgono l’inizio di un nuovo ciclo, condizionato da prezzo delle materie prime, soprattutto energetiche, in calo. Il continente deve affrontare il rischio concreto di non reggere il benessere raggiunto in questi anni, che tuttavia, non è riuscito a ridurre diseguaglianze e violenza. Si registrano le prime ripercussioni sulla società, con un leggero aumento della fasce di povertà estrema, passate dall’ 11,3 al 12%. Eppure il contesto economico globale appare favorevole alla regione, con la ripresa del Nordamerica in atto, la progressiva normalizzazione delle relazioni Usa-Cuba, e soprattutto il consolidamento della presenza cinese nel subcontinente, con la promessa di 250 miliardi di dollari di investimenti diretti in dieci anni. Per superare l’impasse legata alla transizione strutturale – ed evitare il middle income gap – i Paesi latinoamericani devono realizzare sostanziali modifiche al modello produttivo, appesantito da bassa produttività del lavoro, scarsa competitività delle imprese, soprattutto quelle piccole, e reti energetiche e infrastrutturali ancora poco ramificate.

II dibattito latinoamericano sui possibili nuovi modelli di sviluppo verte sulla competitività delle pmi, dove l’Italia è il punto di riferimento internazionale. A quelle italiane l’America Latina offre oggi un terreno fertile per espandersi all’estero senza delocalizzare, oltre a un mercato regionale molto promettente che può essere piattaforma per giungere ai mercati asiatici e nordamericani.

Tra le principali richieste dei Paesi dell’area all’Italia c’è il trasferimento di tecnologia e innovazione alle pmi. Uno dei fattori di successo dei sistemi produttivi integrati italiani è la capacita artigianale del Paese, oggi riscoperta e riscattata persino nel processo di reindustrializzazione nordamericano. Tale know-how, nelle modalità creativa, artistica e adattativa, può essere un proficuo modo di affermare all’estero i sistemi produttivi italiani, tramite programmi formativi e di assistenza tecnica che partecipino attivamente alla ricostruzione dell’economia manifatturiera latinoamericana, come si vede nel caso del Messico.

L’ Italia possiede anche circa 120 parchi e centri tecnologici che, internazionalizzandosi, possono diventare poli d’ innovazione per i sistemi produttivi latinoamericani. Le implicazioni di tale processo sarebbero notevoli per l’export italiano di macchinari, beni strumentali, nuove tecnologie e distribuzione di prodotti d’alta gamma.

 

(FONTE http://www.esteri.it)