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La chiarezza nei documenti emanati dalla Difesa, a partire dal complicato Bilancio annuale fino al prefigurato Libro Bianco, è da sempre una chimera; sembra che il famoso ufficio UCAS –ufficio complicazioni affari semplici- sia sempre attivo e mediante frasi involute e spesso astruse, accompagnate da modifiche, emendamenti e integrazioni, riesca nell’intento di rendere tali documenti indigesti, ambigui e comunque di ostica interpretazione, salvo -forse- per i pochi addetti ai lavori. Le operazioni ragionieristiche e le nebulose Note integrative, contenute nel Bilancio annuale della Difesa, dovrebbero limitarsi a quelle basiche di somme e sottrazioni, mentre per la loro corretta interpretazione bisogna aver superato gli esami di Analisi Matematica, con il risultato finale di lasciare dunque ampi spazi all’ interpretazione personale. Oggi, a complicare il quadro, c’è pure la Legge di Stabilità che inserisce tagli e provvedimenti “last minute”, spesso privi dei riferimenti normativi pregressi, che non aiutano a chiarire gli arcani significati nel loro insieme. Nel Libro Bianco, forse a causa degli autori “non militari”, e per aver escluso, di fatto, la partecipazione sia dei militari che le rappresentanze dei COCER, emerge una semantica insolita ed incoerente con quella finora usata, anche in termini, per esempio di acronimi – I al cubo, E al cubo – e via dicendo: molta aria fritta e descrizioni prosaiche che farebbero rivoltare Dante. Nella sostanza affiora un’imbarazzante povertà non solo linguistica, ma intellettuale; tante parole senza definire soprattutto le probabili minacce future che l’Italia dovrà affrontare, come era nel presupposto del L.B., né viene delineato un dimensionamento dello strumento militare futuro che abbia senso per poter contemperare alle esigenze reali del nostro Paese in termini di Difesa, ed anche di Sicurezza. L’unico aspetto che viene evidenziato quale panacea per affrontare le incertezze del futuro, sorvolando pure sui costi che tali modifiche comporteranno, è un fantomatico nuovo modello organizzativo delle FFAA che verticalizza e accorpa inopinatamente delle funzioni che per cultura, tradizioni, funzionalità, e motivazioni del personale dovrebbero essere coordinate, ma mantenute assolutamente distinte garantendone le storiche specificità, senza surrettizie miscelazioni di “ruoli e di uniformi”. Se confrontiamo tale volume “fumoso” con quello periodicamente emanato dai Paesi anglosassoni, caratterizzato invece da un pragmatismo a noi sconosciuto, capiremo forse le differenze concettuali e quanto più serio debba essere un tale documento che tratta della nostra sicurezza e della tutela dei nostri interessi nazionali. La questione è culturale e, pertanto, mal si concilia con un’autentica e doverosa assunzione dell’etica delle responsabilità che qui appare assai evanescente. Più che definirlo Bianco, si potrebbe etichettare un Libro Rosa “pallido” per le sue inclinazioni verso gli aspetti sociali delle FFAA, da Strade Sicure alla guardia all’immondizia, passando per i recuperi dei migranti, con la previsione di una serie di compiti svolti anche senza armi, quindi militarmente ancillari ed atipici, che servono -solo in Italia- a impiegare gente con le stellette per tappare buchi “permanenti” di altre istituzioni. O forse, benevolmente, un Libro Grigio, senza quelle 50 note sfumature, che non ha un colore ben definito e lascia ampio spazio alle incertezze del futuro, sorvola sulle minacce italiche da contrastare a cura e a carico della nostra Difesa, rivolgendo lo sguardo a Istituzioni e alleanze aleatorie, dall’UE alla NATO e perfino all’ONU, che, alla prova dei fatti, si rivelano inutili specie nelle acque di casa nostra in cui, come al solito, dovremo cavarcela da soli.

La speranza europeista di una Difesa unica, auspicata e mai realizzata, nonostante i proclami dei responsabili pro-tempore ed anche italici nel recente periodo di presidenza semestrale, è rimasta del tutto virtuale, nel libro dei sogni. I fattori che giocano contro la costituzione di una Difesa comunitaria sono molteplici; da quelli storici, legati alle tradizioni dei diversi popoli europei che da millenni si combattono, dalla diversa reputazione e considerazione reciproca, ma soprattutto dal business connesso con i forti poteri e lobby delle diverse industrie nazionali che, soprattutto le nostre, hanno il (giusto) timore di essere fagocitate dai colossi inglesi, francesi e tedeschi.
Il L.B. e’ un insieme di idee, uno zibaldone piuttosto bipolare; evita infatti di sostanziare, a fronte delle minacce ipotizzate, una condivisibile “vision” geopolitica, e anche di definire la struttura e gli organici che dovranno avere le varie Componenti per lo svolgimento dei compiti di Istituto: una sorta di limbo che sarà risolto dalla nuova ri-organizzazione della Difesa? In linea teorica si ripresenta la necessità di avere programmi ben definiti, purchè sostenibili, con l’indispensabile “ certezza” dei finanziamenti , compresi quelli destinati alla sopravvivenza, alla quotidianità, alle manutenzioni, all’esercizio: peccato che, nella pratica, tali risorse di Bilancio destinate all’essenziale siano quelle più falcidiate ad ogni manovra del governo, e ad esigenze esterne al comparto Difesa. Già quest’anno il Bilancio ha subito un’imprevista decurtazione di poco meno di un miliardo di euro che graverà soprattutto sull’efficienza dello strumento militare e sull’ addestramento del personale già ridotti, pericolosamente, al lumicino: un quadro complessivo che, stanti le premesse e le realtà, da quel grigio vira al nero, sempre più cupo.
Infatti, il contesto in cui dovranno operare nel futuro le FFAA, con le restrizioni finanziarie già annunciate per il prossimo anno e nel 2017, sarà assai difficile, se non tragico, in prospettiva. Forse l’idea del Ministro di emarginare o escludere i pareri dei militari, ma di ascoltare tutte le voci dei social, da facebook a twitter, in cui prevalgono probabilmente falsi pacifisti e antimilitaristi, non ha sortito gli effetti sperati in termini sostanziali; anziché “spurgare” i commenti contro la Difesa e far comprendere che la Sicurezza tocca tutti, ha finito per alimentare la provocazione e la critica deteriore per le acquisizioni future (F-35 docet!), per i troppi soldi destinati ai militari: una trasparenza comunicativa controproducente, pervasa dal tipico populismo che in Italia non è quasi mai pagante per la definizione e la soluzione obiettiva delle problematiche esistenti , ma serve solo a perdere tempo prezioso, ingenerando effetti “rebound” sulla opinione pubblica . Si parla spesso d’incertezza, di situazioni assai fluide, di effetti della globalizzazione forieri d’ulteriori incertezze, ma non si definisce, di conseguenza, un credibile e praticabile modello operativo delle nostre FFAA future . Anche gli slogan connessi con il nuovo acronimo “ Icubo Ecubo” risultano vuoti di significato reale ,e nella sostanza sono affermazioni con poco senso pratico; di più, mentre da decenni si considerano le aree metropolitane e quelle del Mediterraneo Allargato,come lo “scenario operativo di riferimento”, oggi si parla di “vicinato esteso” piuttosto vago. Anzi; la precedente dizione di Mediterraneo Allargato estendeva le aree di competenza a zone di diretta influenza sull’Italia, dai choke points vitali di Suez e Gibilterra, ai Paesi del Magreb e del Marocco/ Mauritania a ponente, e soprattutto nei Mari-Paesi a Levante che abbracciano i Paesi del Golfo Persico, al bacino somalo, passando per il Mare Arabico. Ciò nel presupposto che interventi delle nostre FFAA anche in quei teatri, sarebbero – e sono – del tutto motivati per il fatto che garantire la sicurezza in quelle aree è del tutto coerente con il mantenimento della sicurezza a casa nostra. Dal volo stratosferico sulle minacce rarefatte, alle ripetute e molteplici incertezze, si piomba con una picchiata verso un nuovo modello organizzativo delle FFAA , poliedrico, flessibile, “in grado di rappresentare elemento di convincente deterrenza…”, e caratterizzato da quelle “qualità fondamentali” sintetizzate dall’acronimo “I ed E al cubo “ ( Interforze, Internazionale,Interoperabile, quindi Efficace, Efficiente ed Economico), affinché possa operare con efficacia. Forse manca una E davvero importante che sta per “Expeditionary” , ovvero la capacità di operare lontano dalla madrepatria, con grande autonomia tecnico-logistica e, quindi, operativa! Se, tuttavia, si pensa che tutto si possa risolvere con la sempre richiamata “unità di comando e la coesione delle componenti operative”, un leit motiv già sentito che richiederà l’ennesima ristrutturazione organizzativa dei Vertici, della Logistica, della Formazione “unitaria” facendo miscelazioni di competenze del tutto improprie ed improduttive, e creando dei monolitici e poco flessibili centri di potere, allora alla massima illusione corrisponderà il parto di “un topolino”costoso, di per sé. Sembra irrisolto anche il nodo gordiano dei “grandi interrogativi” che sottendono in futuro alla sicurezza e difesa nazionale ed alla strategia della “futura evoluzione dello strumento militare nei prossimi 15 anni”; neppure i più “modesti interrogativi” pare siano stati concretamente affrontati, quasi si abbia timore di citare minacce specifiche e rischi probabili da un lato, e dall’altro non si avverte una strategia “forte”che, invece, appare mutuata, senza alcuna originalità, rispetto alla precedente, così come lo strumento discendente appare “pantografato” dalle versioni precedenti, ma con una verticizzazione opinabile. Se si fosse chiamato Libro Blu forse qualche accenno al Mare si sarebbe potuto rinvenire, in quel Libro Bianco che tra breve sarà portato all’attenzione del Presidente della Repubblica, forse come “sorpresa” di Pasqua, ma pare proprio che di salmastro non ci sia traccia, neppure quando si parla di quei fenomeni che volenti o nolenti attraversano il Mare Nostrum e/o nascono in quei Paesi costieri che si estendono fino al Mediterraneo Allargato, includendo quelli più attuali come la pirateria, la migrazione di masse ingenti, il terrorismo marittimo con i suoi traffici illeciti di armi e di persone. E’ lapalissiano che l’Italia sia un Paese marittimo, che il mare sia per noi esiziale, visto che attraverso esso transita il 90% delle risorse alimentari ed il 70% di quelle energetiche, che le rotte commerciali devono essere tenute libere per la loro essenzialità nei rifornimenti, che i fenomeni-anche gli attuali- attraversano il mare, che è la via preferenziale per condurre operazioni spesso determinanti per risolvere una crisi: allora c’è da chiedersi che ruolo è stato previsto per la nostra Marina che da sempre conduce missioni di Naval Diplomacy ed è l’elemento catartico per la risoluzioni di crisi specialmente nelle littoral waters? Possibile che noi dobbiamo stare sempre alla larga dal mare? Possibile che non si tenga conto del valore strategico che il Mare, per noi quello Mediterraneo, “culla di civiltà”, ha avuto, dall’Impero romano, alle Repubbliche marinare, alle scoperte geografiche, ed al successivo sviluppo coloniale, ai fenomeni moderni, ed ha indubbiamente anche oggi , rispetto ad altri settori meno preoccupanti, e di minor valenza geostrategica attuale e futura? Le tensioni islamiste che si sono aggravate con crisi pesanti, dalla Siria alla Tunisia, passando per la Libia, le pretese dell’islam radicale di occupare l’Occidente infedele con un Califfato, l’instabilità atavica dei Balcani in Adriatico, la nuova strategia della Russia “verso il mare”nelle relazioni con la Siria, s’incrociano in qualche misura nel Mare Nostrum, che da sempre è il luogo originario di tutti i progetti geopolitici, economici e culturali che hanno “fatto” il Vecchio continente. Non bastano quelle minacce e la storia del Mediterraneo, crocevia di civiltà e di conflitti, e neppure gli 8000 km di coste per definire l’Italia una Nazione marittima? Altri Paesi lo sono, o si considerano tali, per molto meno.

La marittimità italica meriterebbe ben altra considerazione; sarebbe bello e logico se potessimo avere una Costituzione, come quella americana, in cui la marittimità è “paramount” e trova la sua più alta espressione proprio in un inciso costituzionale dei padri fondatori per cui “ gli USA devono disporre sempre di una Marina adeguata”, altro che combattere con ogni governo italico per dimostrare che non bisogna farla morire! Il cloruro di sodio, il salmastro, il Mare e le minacce che dovevano essere studiate e ipotizzate nel prossimo ventennio sembrano far parte di qualche altro volume o appendice che verrà, ma non c’è modo di rinvenirne traccia nell’attuale Libro Bianco, che è quindi “sciapo”: manca di sale, di un elemento fondamentale e carico di simbologie fin dai tempi remoti, per significare sapienza, saggezza e conoscenza! Non solo per la totale assenza della marittimità, del ruolo che l’Italia dovrà giocare nel futuro, che piaccia o meno, ma la stesura appare davvero insipida, con una semantica davvero incomprensibile anche agli attori con le stellette,scarsamente incisiva e con lineamenti vagotonici senza definire “chi siamo, cosa faremo, con cosa, come, e dove andremo” a fronte delle prevedibili minacce che dovevano essere poste in evidenza con coraggio. Non va inoltre sottaciuto che, oggi, le religioni sono tornate ad avere un ruolo dominante e il mare, sulle cui sponde si sono sviluppati i tre più grandi monoteismi, è di nuovo drammaticamente centrale. C’è da augurarsi che il L.B. e le strategie di difesa e sicurezza , ne tengano debito conto. Un punto centrale del documento, è costituito dalla necessità di rendere sostenibile, nel tempo, gli investimenti con le esigenze della finanza pubblica. La Riforma dello Strumento militare e la relativa Spending review, prevedono un taglio occupazionale di 50000 (cinquantamila persone) dipendenti fra militari e civili, per raggiungere quel nefando e utopico paradigma del 50-25-25 (stipendi, investimenti e esercizio); qualche mese dopo, la sorpresa : si sanziona però che i risparmi conseguenti ai tagli non potranno essere reinvestiti in toto pro-Difesa, ma “ponendo un tetto prefissato? (che bella novità!!) alle risorse per gli investimenti per garantirne la stabilità nel tempo”. Non solo; anche le già striminzite e palesemente insufficienti spese di esercizio sono erose ad ogni piè sospinto , come già successo di recente, per garantire una buona fetta del finanziamento del decreto delle missioni fuori area, oltre che “pescarvi” per le necessità dello sblocco degli stipendi del personale, eluse per quasi un lustro! Il budget della nostra Difesa è a livello di sopravvivenza, il più povero di quello delle Nazioni con cui ci vogliamo confrontare e cooperare, le quali hanno un bilancio rapportato ad un PIL che è mediamente il doppio del nostro. Quale straordinario “moltiplicatore di forze” e di risorse deve avere quel nostro soldato per sopperire a tale deficienza, e pareggiare lo squilibrio con gli altri?. Non basta la “pacca sulla spalla” e dirgli che è bravo; è molto difficile –anzi impossibile- pensare (se non per demagogia) che per gestire un soldato francese o inglese occorrano 50000 euro l’anno, mentre noi- siccome siamo più bravi e italiani “smart”- possiamo cavarcela con 25000 euro, pretendendo ovviamente gli stessi risultati . La Difesa, di là di quello che ci riserverà il L.B., è quella che subirà i tagli occupazionali del personale più consistenti nell’ambito della Pubblica Amministrazione; lo sanno i gestori della cosa pubblica che qualunque altro taglio porterà al collasso lo strumento militare? Ma che guerra potranno mai fare le nostre FFAA se mancano i soldi per le dotazioni, per gli armamenti? Forse andrebbe specificato che la Difesa futura potrà affrontare conflitti “lampo” della durata massima di una settimana, contro avversari poco armati, impiegando poco munizionamento perché costa e non c’è, e anche pochi soldati perché le trasferte costano: se questo è il “livello di ambizione” realistico a fronte delle reali capacità esprimibili, allora sì bisogna confidare negli altri, nelle alleanze, e scrivere a chiare lettere che le FFAA combatteranno “guerre di pace limitate”e circoscritte, ma non conflitti veri e propri! Se a ogni esigenza sociale, dagli asili nido alla guardia al bidone, la Difesa diventa un bancomat di denari e di uomini, e le priorità dei compiti MILITARI divengono delle cenerentole, allora è inutile comprare gli F-35, continuare con la Forza NEC, acquisire nuove Navi. Ciò che, infine, sembra mancare nel L.B. è un progetto di valorizzazione del personale che, mentre è l’elemento essenziale per mantenere quelle eccellenze che contribuiscono a dare quella “consapevolezza” verso l’esterno, di fatto risulta trattato in modo ancillare anziché centrale, creando nella gente con le stellette una demotivazione generalizzata e una demoralizzazione trasversale in tutti i gradi. Né si parla di nuovi reclutamenti, a fronte di scivoli e messe in ARQ dei più anziani; i nostri militari avranno un’età media prossima ai 50 anni nell’arco di un decennio, con inevitabili carenze sul piano dell’impiego che dovrebbe essere “in guerra” e non solo in missioni umanitarie da ONG: speriamo soltanto che per “far finta” di colmare le evidenti lacune non venga in mente a qualcuno di fare reclutamenti “a tempo determinato” giusto per far numero, ma in effetti creando situazioni di discontinuità inaccettabili. Bisogna ricordarsi che, prima dell’addestramento e della comunanza/ integrabilità dei sistemi, è necessario avere uomini motivati e ben formati nelle loro specialità e non in modo generico, e che devono essere dotati di mezzi adeguati e di equipaggiamenti idonei; quale “combat readiness”- prontezza al combattimento- potranno mai avere le nostre truppe se sono col morale a terra, vecchie e magari arruolate a tempo, disponendo di sistemi e mezzi di serie B, quando si pretende di giocare a livello internazionale con Paesi di serie A? Se il Budget è la metà, per-persona , rispetto a quello dei Paesi delle altre alleanze, NATO, UE e Coalizioni varie, è come se pretendessimo con una Fiat Punto di avere le stesse prestazioni di una Mercedes, e alla fine, gli stessi risultati sul campo! Non è corretto; solo il politico può motivare e giustificare tale discrasia con dati concreti alla mano e spiegare al cittadino normale quale moltiplicatore di forze “nascosto” possiede il nostro soldato nel suo DNA per rendere il doppio dei commilitoni degli altri Paesi. La situazione internazionale delle minacce e dei focolai dei conflitti, dei fenomeni globali innescati dal mancato rispetto dei diritti umani e anche dalla fame, per tacere del terrorismo che è già sotto casa, impongono scelte difficili ma ineludibili, che lo preveda il L.B. o meno; saranno gli eventi che, al solito, dovranno avere una risposta per la nostra sicurezza, ma non potremo sempre “inventare” degli interventi militari “a spizzichi e bocconi”, con tentennamenti fra l’agire e stare a casa, né mandare gente allo sbaraglio, poco addestrata e col morale a terra. Se si vuole chiudere gli occhi di fronte a questa realtà strategica internazionale, e perfino alle nostre esigenze nazionali, avremo in futuro FFAA che di armato hanno ben poco, con qualche residuo impiego sociale per calamità e soccorsi, ma con un livello di ambizione che al di là delle strabilianti modifiche organizzative ipotizzate, ci vedranno –allora sì- come un sistema che non va e che traballando prosegue l’incerto cammino tracciato negli ultimi anni: significa abdicare al ruolo stesso, quello principe, delle nostre FFAA ed il L.B. sarà stata solo una pia illusione, un mero esercizio, senza scopo. Le FFAA, dalla legge sui Vertici alla loro completa “professionalizzazione”, alla rilevante riduzione dei ranghi con la manovra Di Paola, hanno subìto continue riforme con modelli organizzativi dichiarati”copernicani” e con sovrapposizioni di trasformazioni successive che hanno creato confusione nei ruoli e negli assetti non sufficientemente metabolizzati; anche il L.B. sembra orientarsi in tal senso senza stabilizzare le incertezze e la latenza attuale delle FFAA, ma creando l’illusione che altre modifiche all’attuale assetto organizzativo delle diverse Componenti della Difesa, riusciranno a creare un modello organizzativo che saprà far fronte alle nuove sfide. Basta che tali modifiche organizzative non significano porre il potere globale e unitario della Difesa in capo ad un’unica persona, quale comandante supremo militare: la storia dei due conflitti mondiali, da Lamarmora con Caporetto, a Badoglio con l’8 settembre, dovrebbero dirci chiaramente che la concezione esclusiva e autoritaria delle FFAA, soprattutto in guerra, è da evitare nel modo più assoluto! Non sarebbe male, invece, tener presente il pensiero di un Grande eroe della seconda Guerra mondiale, Medaglia d’oro, per cui “non va mescolato l’olio con l’acqua; entrambi sono essenziali, efficaci e perfino gradevoli se presi a sé stanti, ma se si tenta di miscelarli si ottiene solo un liquido nauseabondo che non serve a nulla..”; vale a dire che forzare l’accorpamento di funzioni così specifiche, connaturate con le singole Componenti non può che portare a soluzioni confuse e inefficienti, mentre la valorizzazione delle loro specificità e peculiarità –singolarmente- porterebbe ad un rendimento operativo globale di notevole efficacia, di gran lunga superiore a quello “dell’anonima ammucchiata” prefigurata nel Libro Bianco.

Non resta, quindi, che attendere la pubblicazione dell’intero tomo e, dopo la presentazione al Presidente della Repubblica quale Capo Supremo della Difesa, confidare nel successivo vaglio di competenza del Parlamento che si auspica illuminato, e quindi un po’ meno “sciapo”.

Giuseppe Lertora