Un piano operativo in 16 punti per cercare di coordinare l’arrivo dei profughi sulla rotta dei Balcani verso l’Europa centrale ed evitare la creazione di nuove barriere sul modello dell’Ungheria. Nel corso del mini summit di oggi a Bruxelles i capi di Stato e di governo dei Paesi della rotta dei Balcani europei ed extra-Ue cercheranno di arrivare a un accordo il più operativo possibile per superare la fase delle accuse reciproche e la tattica dello scaricabarile.
Al summit ristretto, convocato su richiesta tedesca dal presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, parteciperanno i leader di Austria, Germania, Grecia, Bulgaria, Croazia, Ungheria, Romania e Slovenia e, fra i Paesi non Ue, Serbia e della Repubblica di Macedonia. Al tavolo sederanno anche il Lussemburgo, come presidente di turno del Consiglio Ue, i presidenti della Commissione Ue, del Consiglio europeo e dell’Europarlamento, i direttori di Frontex ed Easo e l’Alto commissario dell’Onu per i rifugiati.
Nella bozza di accordo, a cui alcuni dei Paesi partecipanti si sono già opposti, gli Stati si impegnano a non far uscire dal proprio territorio i migranti senza un accordo con i Paesi vicini, molti dei quali si sono attrezzati con muri e barriere di filo spinato. I governi dovranno inoltre mettersi in contatto in 24 ore per scambiarsi informazioni sull’arrivo e il transito di migranti e per prendere congiuntamente decisioni. In particolare i numeri dei flussi dovranno essere condivisi “rapidamente”. Nell’accordo si chiede che anche i Paesi balcanici registrino e accolgano i profughi e che tutti si impegnino a trattarli “in modo umano”. Un altro obiettivo dell’incontro sarà di migliorare la gestione della situazione in Grecia, aumentando le capacità di accoglienza nel Paese.

