vajont

9 ottobre 1963, ore 22:40. Quello che tanto si era temuto nelle settimane precedenti – purtroppo – si avvera in quella tragica notte di 52 anni fa. Per colpe ormai appurate della SADE (Società Adriatica di Elettricità) dell’Enel, di alcuni amministratori locali e niente di meno che del Ministero dei Lavori Pubblici, 1917 “poveri cristi” persero atrocemente la vita in un modo che – ancora oggi – resta inspiegabile sotto tanti punti di vista. Negligenza assoluta da parte degli ingegneri, maledette tangenti in stile “italico” e voragini paurose nel sistema burocratico degli enti locali. Che vergogna! Che orrore morale! E a farne le spese, come al solito, le brave persone che, ignare di tutto, si erano da poco coricati con l’intento di andare incontro al lieto mattino del giorno 10. Anziché trovare l’alba in pochi attimi sono stati invasi e sepolti vivi da tonnellate di acqua e fango provenienti dall’esondazione e tracimazione della diga sovrastante: illecita, illegittima, irregolare, che non ha dato loro neanche il tempo di cercare un sicuro riparo. Cosa c’è da dire? Raccontare la storia non ha senso, poiché tanto ormai è stato detto, scritto e documentato. Non è l’instabile Monte Toc la causa diretta di tutto, ma bensì i nostri cari governanti dell’epoca, e il Vajont è divenuto – suo malgrado – uno degli esempi più drammatici per antonomasia del “nostro” malaffare, di uno sciocco desiderio finalizzato al denaro e della presunzione costante di sopraffare madre natura e i suoi elementi primordiali. Impossibile vincere sulla fisica e sulla logica, non esiste una cifra in miliardi che possa far inginocchiare le leggi supreme del delicatissimo mondo in cui viviamo.

Ci stupiamo ancora davanti alle immagini di ponti che crollano, di fiumi che straripano, di intere regioni come la Liguria che crollano sotto i nubifragi o di alcune zone del Salento che sbracano letteralmente su se stesse. Il dramma che ha coinvolto il paese di Longarone unitamente a Codissago, Castellavazzo, Erto e Casso non è stato altro che il nostro 11 Settembre; una lezione di vita che, a quanto pare, a poco sembra sia servita. Si poteva tranquillamente evitare. Ma no. I nostri cari burocrati dovevano e devono ancora fare denaro, cassa e vitalizi soprattutto sulle spalle del popolo, frequente vittima di un sistema dannoso e malato. Che schifo! Non è servita a nulla l’apocalisse in questione, tant’è che si è proseguiti con l’abusivismo selvaggio e spregiudicato per altri quarant’anni. La Valle del Vajont sita tra il Veneto e il Friuli Venezia Giulia sembrava un luogo ideale per un’essenziale ed importantissimo bacino naturale e per approvvigionare di corrente l’intera area sottostante. Nata con l’intento di creare un grande, innovativo ed ambizioso progetto di “speranza” idroelettrica si è poi dimostrato un clamoroso disastro senza precedenti. Quel Monte non era stabile e alcuni dei capi lo sapevano, quel costato friabile aveva già dato segni di frammentazioni in più punti e nonostante ciò la bramosia del “Dio” quattrino ha prevalso su tutto e tutti.

260 milioni di metri cubi di roccia che scivola, in quei minuti serali, su 115 metri cubi di acqua, riempiendo la diga fino al punto di materializzare un’onda tsunami di 200 metri d’altezza. Paragonabile ad un ordigno atomico che in pochi secondi ha spazzato via diverse comunità in uno dei paesaggi più splendidi della nostra Penisola. Un luogo ameno, suggestivo e pieno di risorse naturali. Pressoché inutili i soccorsi, i quali si sono trovati innanzi ai loro occhi un olocausto di proporzioni bibliche. Dopo aver ascoltato personalmente in queste ultime ore alcuni militari facenti parte del glorioso corpo degli Alpini che, all’epoca dei fatti erano accorsi nella vallata, mi sono trovato davanti uomini ancora in lacrime. Nonostante sia passato mezzo secolo i loro ricordi sono vivi più che mai così come le loro strazianti descrizioni di ciò che hanno visto non appena giunti a Longarone. La furia con cui l’elemento H2O ha distrutto ogni cosa è di difficile comprensione. Tutto sommerso e quei poveri cadaveri rimasti, ridotti in brandelli; tutto quasi estinto come il periodo giurassico e gran parte delle abitazioni o delle strutture al di sotto della vallata completamente rase al suolo. Nessuno desidera più vendetta, il tempo – come si sa – porta consiglio e chiude anche le ferite più atroci ma è fuori di ogni dubbio che l’uomo, in quella precisa circostanza ha avuto delle responsabilità inaudite. L’essere umano appunto! Quel genere di mammifero che talvolta crede ancora di essere onnipotente e che, stupidamente, ostinatamente e brutalmente, tenta invano di combattere contro un sistema naturale che va al di sopra di ogni “mazzetta”! Madre natura non ha prezzo, non è in vendita e non ha alcuna intenzione di sottostare ai diktat di un ospite venuto a conquistare la terra molto tempo dopo del suo avvento. E allora cosa dire? Cos’altro aggiungere? Null’altro, se non profondo rispetto per quell’ecatombe e una preghiera da parte di tutto noi, in ogni parte d’Italia, per una straordinaria comunità ancora profondamente lacerata. Il resto è SILENZIO!

MIRKO CROCOLI