coltivazione_lavandaItalia. L’ultima in ordine temporale riguarda il trasferimento oltre i confini nazionali di Aboca, società leader per la produzione di fitoterapici.  Un fiore all’occhiello per l’Italia e per la Toscana in particolare terra natia della Società e culla delle sue meravigliose coltivazioni. La causa di questa decisione è l’inquinamento dato dall’uso scriteriato di sostanze chimiche nei terreni limitrofi che andrebbero a destabilizzare il rigore biologico delle coltivazioni di Aboca.  Per questo la società salperà verso il Marocco dove i regolamenti relativi all’agricoltura sono rigidissimi e sono banditi gli ogm.

Ma questa è una delle tante storie. Dall’Italia c’è il fuggi-fuggi di aziende di ogni tipo che per un motivo o per l’altro sono costrette a lasciare il Paese.  Nonostante l’esodo cospicuo che si protrae da anni ormai, la politica non si degna di preoccuparsi. Anzi, spesso escono dati beffardi sull’occupazione ma l’unica attività a progredire in concreto ogni giorno e sempre di più è quella della discesa verso un baratro che assicura povertà per tutti.

Dove dobbiamo arrivare? La sciagura più grande è l’abbattimento dell’agricoltura, l’importazione dissennata di produzioni di cui il nostro Paese ne sarebbe ricchissimo, scelte assurde e decisamente contro ogni principio di sana economia.  E a proposito di assurdità sono rimasta sconcertata quando un Consigliere Provinciale di una città Toscana mi ha messa al corrente di quanto accade nel settore delle esche sportive, vermi insomma.  Pensate che poco più di 20 fa la quasi totalità delle esche veniva raccolta nella zona dal delta del Po e della laguna Veneta (ed erano pure le migliori), questo lavoro dava da vivere a centinaia di famiglie li residenti le quali dovevano rastrellare il terreno al limite dalla battigia, prevalentemente durante la bassa marea, soltanto per raccogliere dei vermi.  Nessun danno alla morfologia dell’ambiente, perché i flussi delle acque rimodellano automaticamente il suolo, e nessun rischio di estinzione di razza perché gli anellidi si riproducono in maniera costante ed abbondante. Poi è stato istituito il parco naturale in quel territorio e dal quel momento ci fu il divieto assoluto anche per la raccolta dei vermi (paradossale). Oggi la quasi totalità di queste esche viene importata principalmente dalla Normandia, dalla Spagna e dal Portogallo.   Signori miei, stiamo parlando di un volume d’affari di 40-50 milioni di euro alla settimana.  Infatti parlano chiaro i numeri dell’ultimo censimento, i pescatori sportivi che praticano la pesca in mare in Italia sarebbero circa 5 milioni  e settimanalmente vengono acquistate esche mediamente per un corrispettivo di circa 15 euro pro capite. Va considerato che una confezione di esche ( arenicole, muriddo, bibi ecc…) viene venduta da 5,50€ a 7,50€;  la più venduta è senza dubbi l’arenicola  distribuita in confezione da 5 vermi ed il suo costo varia tra i 6,50 e 7,50€.   In sostanza si calcola che settimanalmente vengono vendute esche pari a 75 milioni di euro.  Ma le Amministrazioni locali non hanno mai sollevato il problema? Eppure si parla di posti di lavoro! E nel resto d’Europa non viene protetto il verme? Signori miei i giochi sono finiti, è tempo di reagire.

DR