chiara-poggiIL DELITTO – E’ il 13 agosto del 2007 quando Chiara Poggi, 26 anni, viene uccisa nella sua villetta di via Pascoli a Garlasco (Pavia). “Credo che abbiano ucciso una persona…C’è tanto sangue dappertutto”, le parole del fidanzato Alberto Stasi al 118. Le indagini puntano dritto sullo studente 24enne: una settimana dopo l’omicidio il suo nome finisce nel registro degli indagati. Il 24 settembre scatta il fermo: contro di lui per il pm di Vigevano Rosa Muscio c’è un quadro indiziario “grave, preciso e concordante”. Per il gip Giulia Pravon gli elementi raccolti non bastano: dopo quattro giorni in carcere il giovane torna a casa.

IL PROCESSO DI PRIMO GRADO – Il 9 aprile 2009 nel tribunale di Vigevano, davanti al gup Stefano Vitelli, inizia il processo con rito abbreviato. Il giudice dispone una serie di perizie per sopperire ad “alcune significative incompletezze d’indagine”: dall’analisi del computer alla ‘camminata sperimentale’ nessun oracolo arriva da provette o complicate analisi statistiche. Dopo 24 udienze, il 17 dicembre 2009, il verdetto: respinta la richiesta di condanna a 30 anni di carcere, Alberto viene assolto.

L’APPELLO CONFERMA – L’8 novembre 2011 Stasi è di nuovo in aula per il processo d’appello celebrato a Milano. Diversi gli elementi su cui accusa e parte civile chiedono accertamenti: i frammenti delle unghie di Chiara, un capello nella mano della vittima, l’acquisizione della bici nera in possesso della famiglia Stasi, compatibile con quella vista da una testimone fuori da casa Poggi la mattina del delitto. E ancora: estendere la perizia della camminata ai primi due gradini della scala che l’imputato calpesta prima di scoprire il corpo di Chiara. I giudici negano la riapertura del dibattimento e il 6 dicembre la Corte d’Assise d’Appello conferma l’assoluzione.

LA CASSAZIONE ANNULLA L’ASSOLUZIONE – Il 5 aprile 2013 il processo arriva in Cassazione. Secondo il sostituto procuratore generale l’ex fidanzato è il responsabile dell’omicidio: “ha simulato il ritrovamento del cadavere”, mentre la difesa sostiene che dalla procura arrivano “accuse lombrosiane”. Assoluzione annullata e processo da rifare è la decisione presa dai giudici il 17 aprile. Occorre una rilettura “complessiva e unitaria degli elementi acquisiti” è la motivazione di una scelta che riporta indietro le lancette: Alberto deve tornare di fronte ai giudici d’appello.

LA CONDANNA NELL’APPELLO ‘BIS’ – È il 9 aprile 2014 quando Alberto torna in aula per l’appello ‘bis’. I giudici della prima sezione della Corte d’Appello accolgono in gran parte le richieste dell’accusa: viene sequestrata una bici nera di Alberto, viene disposta una perizia per analizzare le unghie della vittima e il capello trovato nella mano di Chiara – nulla di rilevante emerge – , la ‘camminata sperimentale’ estesa ai due gradini svela che la percentuale di non sporcarsi le scarpe è quasi nulla per i periti della corte. Il 17 dicembre 2014 la condanna per Alberto a 16 anni per omicidio (esclusa l’aggravante della crudeltà).

LA SECONDA CASSAZIONE – Venerdì 11 dicembre l’omicidio di Garlasco approda davanti ai giudici della quinta sezione della Cassazione. I giudici possono accogliere la richiesta della difesa di annullare senza rinvio: per Stasi finirebbe l’incubo giudiziario lungo otto anni; i giudici possono decidere di confermare la condanna a 16 anni e per Alberto si aprirebbero le porte del carcere; oppure i togati potrebbero accogliere il ricorso della procura generale in merito all’aggravante della crudeltà, non riconosciuta dai giudici dell’appello ‘bis’. Se così fosse il 31enne si troverebbe di fronte ad altri togati – sarebbe il sesto processo in otto anni – con il rischio concreto di vedersi aumentare la pena.

Alberto, agitato ma fiducioso su verità in Cassazione

“Un po’ agitato, ma fiducioso che in Cassazione emerga la verità”. Alberto Stasi, attraverso il suo avvocato Fabio Giarda, non smette di gridare la sua innocenza e ripetere che, quel 13 agosto 2007 a Garlasco (Pavia), non ha ucciso la fidanzata Chiara Poggi. Difficile nascondere la tensione per un 31enne che, a poche ore dall’udienza davanti ai giudici della Cassazione, rischia una condanna a 16 anni di carcere, al termine di uno dei processi più controversi degli ultimi anni.

Per due volte assolto, poi condannato il 17 dicembre scorso dopo la decisione della Suprema Corte di annullare il processo, venerdì mattina Stasi – dopo un percorso giudiziario lungo otto anni – non sarà davanti ai giudici della quinta sezione, preferendo restare lontano dai riflettori.

“E’ fiducioso rispetto a quanto abbiamo scritto nel ricorso, rispetto a una sentenza che è illogica in molti punti”, spiega il legale all’AdnKronos. Tanti gli elementi contestati dai difensori – il professor Angelo Giarda farà un intervento di circa due ore – “dall’assenza di movente che in un processo indiziario è il collante che non può mancare, a un quadro che non è certo e che non restituisce quanto accaduto” il giorno del delitto.

La difesa di Alberto chiederà alla Cassazione l’annullamento senza rinvio del processo, facendo un riferimento anche al caso Meredith in particolare rispetto alla “validità della prova scientifica, delle perizie e nell’indicazione del movente”.

L’accusa chiede invece che venga accolto il ricorso della procura generale in merito all’aggravante della crudeltà, non riconosciuta dai giudici dell’appello ‘bis’. Se così fosse Stasi si troverebbe di fronte ad altri togati – sarebbe il sesto processo in otto anni – con il rischio concreto di vedersi aumentare la pena. I giudici di piazza Cavour potranno semplicemente confermare la decisione presa e per l’imputato si aprirebbero le porte del carcere. La parte civile rappresentata dall’avvocato Gian Luigi Tizzoni chiede “verità per Chiara”.

In aula non saranno presenti i genitori di Chiara che attenderanno il verdetto nella casa di Garlasco, nelle stesso posto dove è stata uccisa la figlia 26enne, a poche centinaia di metri dall’abitazione della famiglia Stasi.

 

 

 

 

(con fonte: AdnKronos)