Dopo il dubbio “successo storico” del Cop21 parigino, verso quali situazioni apocalittiche sta andando il globo terrestre e soprattutto faremo in tempo ad evitare il tracollo globale del pianeta?

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Che l’accordo contro il surriscaldamento climatico raggiunto a Parigi il 12 dicembre 2015 dai ben 196 Paesi partecipanti, anche sotto l’auspicio dell’enciclica “ecologica” di Jorge Mario Bergoglio “Laudato sì”, sia stato, come subito definito dai mass media, “storico”, sarà ancora del tutto da verificare tra il 22 aprile prossimo e il 21 aprile 2017, quando quegli stessi Paesi dovranno firmare a New York e adottare all’interno del proprio sistema legislativo, ratificandolo, il testo dell’accordo stesso.

Ma mentre si discute, ci si accorda, si firma, si ratifica, e, soprattutto, si parla, la Terra sta vivendo in modo quasi tragico il suo surriscaldamento provocato, per la prima volta da che mondo è mondo, dalle attività “creative” dell’Homo sapiens.

Prolifici pappagalli di ogni genere, fuggiti dalle loro gabbie, invece di morire come un tempo accadeva regolarmente, si vanno moltiplicando sugli alberi di Roma Capitale-tropicale e nell’Italia settentrionale il Po secco teme con i prossimi, previsti temporali, nuove inondazioni, mentre Venezia continua a sprofondare nella Laguna. Per i prossimi decenni è previsto che l’intera pianura padana, invece di darsi alla secessione, si trasformi  in un immenso golfo dell’Adriatico. Per quanto riguarda il resto del mondo, nell’Oceano Pacifico, come rivela la NASA, è in agguato El Niño, con il Pacifico orientale più caldo di ben due gradi rispetto alla norma, e il suo corredo di siccità, inondazioni e uragani in Asia, Australia, Africa e Americhe.

Siamo dunque entrati nell’Antropocene, neologismo coniato dall’olandese Paul Crutzen, premio Nobel per la chimica, fondendo il sostantivo greco anthropos, uomo, e cene, che sta per età. L’Antropocene costituirebbe dunque l’era geologica attuale, nel corso della quale l’uomo e le sue attività antiecologiche sono diventati le principali cause delle drammatiche modifiche ambientali e climatiche che sono appunto sotto gli occhi di tutti i miliardi di abitanti del pianeta Terra.

Ma gli scienziati non si sono ancora messi d’accordo su se e quando stabilire l’inizio di questa nuova era geologica, come spiega l’ultima edizione di Le Monde. Nel suo articolo, Stéphane Foucart ci ricorda come dal 2009 una sottocommissione dell’ICS (Commissione internazionale di Stratigrafia) abbia incaricato una quarantina di scienziati dalle disparate discipline di stabilire appunto nel prossimo aprile ad Oslo se e quando si sia passati dall’Olocene (dal greco: “del tutto nuovo”, vale a dire attuale), convenzionalmente datato all’8.050 a.C., all’Antropocene. Il gruppo di scienziati è diretto dal paleologo polacco Jan Zalasiewicz, docente presso l’università anglosassone di Leicester.

Se la logica ha ancora un senso, l’ingresso nell’Antropocene dovrebbe essere datato 16 luglio 1945, giorno in cui gli Stati Uniti fecero esplodere con successo ad Alamogordo, nel Nuovo Messico, la loro prima bomba atomica di prova, denominata ironicamente “The Gadget”. Il regalino era destinato al Giappone, che nemmeno un mese dopo, alle 8,15 del mattino del 6 agosto, si vide recapitare le abominevoli bombe di Hiroshima, e, solo tre giorni dopo, anche a Nagasaki venne consegnata la “sorpresa” a stelle e strisce.

Di questo tragico evento, e di tutti i successivi test nucleari che si sono succeduti finora, non conservano memoria solo i sopravvissuti giapponesi e l’intera umanità, ma i sedimenti terrestri e marini, le torbe e le sabbie del pianeta Terra, che sta morendo nella sua Apocalisse assieme all’artefice della propria rovina.

Giancarlo De Palo