patrizia-reggianiIl mix di delusione e rabbia – l’assenza delle istituzioni e una vedova che si dichiara nullatenente – non si spegne per chi ha impresse a fuoco le immagini di quella mattina soleggiata di 21 anni fa, a pochi passi dall’ingresso del civico 20 in via Palestro. Il killer entra, si ferma all’altezza del portone, spara a Gucci che sta entrando e quando si gira per scappare incontra lo sguardo di Onorato. E spara ancora. Una pallottola entra nel braccio del custode, l’altra gli si ferma nell’osso e glielo spacca.

La Reggiani ritenuta la mandante dell’agguato – come stabilito dalle sentenze -, fu condannata a risarcire la vittima con 200 milioni di lire (circa 130mila euro), ma finora il bilancio è di “almeno 20 mila euro spesi tra visite mediche e spese legali”. Ancora oggi la vedova Gucci “dimostra – aggiunge l’ex custode – che forse la giustizia non è uguale per tutti. Quei 120 euro sembrano un’elemosina, ma devolverò quei soldi in beneficenza. Vivo della mia pensione, ma quei soldi mi spettano per diritto. Non ho stabilito io la cifra, ma poi lo Stato non sa proteggere i suoi cittadini. Mi sento abbandonato, deluso, lasciato solo”.

In 21 anni non è riuscito a ottenere neppure un euro di risarcimento. Un’ingiustizia che sfiora il paradosso se si pensa che a dover pagare è Patrizia Reggiani, vedova di Maurizio Gucci. Un calvario tra le aule del tribunale che non ferma Giuseppe Onorato, l’ex custode dello stabile di via Palestro a Milano dove, il 27 marzo 1995, lo stilista fu ucciso a colpi di pistola. Si tratta di un quinto dello stipendio che la Reggiani percepisce lavorando per la griffe Bozart. Il solo patrimonio della vedova Gucci, la donna che ha trascorso in carcere 16 dei 26 anni di condanna e che si è vantata di non aver mai lavorato un solo giorno della sua vita.

L’ultima beffa è di pochi giorni fa: è impossibile recuperare la somma, pari a 120 euro mensile, stabilita dal giudice. Il pignoramento è negativo e l’indennizzo resta un miraggio per l’ex portiere, oggi 72enne, rimasto ferito nell’agguato. “E’ incredibile che dopo 21 anni – racconta Onorato all’Adnkronos – riesco solo ad accumulare spese legali per pagare i miei avvocati e a non ricevere neppure un euro dalla Reggiani. Ancora una volta la giustizia mi dà ragione, ma la legge per qualcuno non vale. C’è chi come me rispetta la giustizia e chi invece se ne continua a prendere gioco”.

Lo scorso 4 marzo, l’ufficiale giudiziario ha cercato di far ‘rispettare’ la sentenza del giudice Simonetta Scirpo. La Argea, società che opera nella moda e della bigiotteria con il marchio Bozart, ha sede legale in via Paleocapa e sede operativa in via Goldoni. In via Paleocapa la società “risulta irreperibile”, spiega Onorato difeso dall’avvocato Livia Verrilli; neppure la notifica in via Goldoni va a buon fine. “La Argea non è presso la Bozart”, si legge nel verbale di pignoramento. Da quanto emerge “la società non possiede alcun bene immobile, mobile e crediti”, ha un conto corrente “ma è inattivo”. I soldi per risarcire Onorato sarebbero stati accantonati, ma degli euro nessuna traccia.

 

 

 

(con fonte AdnKronos)