consiglio-di-difesa

di Giuseppe Lertora –  Una  Nazione che vuole sedersi  al tavolo della comunità  internazionale, come una potenza industriale della nostra epoca, deve poter contribuire alla Sicurezza globale e investire realmente nella propria Difesa,  nel rispetto di quei parametri e standard  di Alleanze, dalla NATO alla Ue; non basta soltanto  sognare  e predicare un livello di ambizione incoerente con la realtà, né è sufficiente scriverlo nei Libri Bianchi o arcobaleno, né tanto meno farne oggetto di sterile retorica, con promesse virtuali.   Le discrasie odierne fra il dire e il fare sono fin troppo evidenti, fra l’incomprensibile e l’assurdo; se è vero che siamo immersi – noi italiani più di tutti –  in  una crisi generalizzata che dura da oltre otto anni, è pur vero che il nostro Governo, dal Ministro della Finanza al Premier, sostiene  che  ora siamo in ripresa ( è di ieri lo statement che siamo in crescita dello 0,8..)e che stiamo ri-crescendo, con cifre che, se vere, stanno  comunque sotto l’un per cento, ma che rappresentano pur sempre un trend positivo.   In effetti, la crescita dichiarata c’è e può essere confortante, ma per contro  quella reale non è avvertita dal comune cittadino sempre più oberato da tasse e balzelli, con difficoltà a chiudere il mese non in rosso: la crescita, da diversi anni,  è bloccata da incrostazioni sociali e culturali, e da lobby di vario genere che hanno paralizzato –e paralizzano-  lo sviluppo della nostra economia. In Italia manca, storicamente, ‘’la cultura della crescita’’, basata  su una sana competizione che rispetta  le regole, che non evade né elude, ma  che è la sola in grado di generare meritocrazia ed eccellenza, e quindi  permette di valorizzare il capitale umano, il vero  motore della crescita in una società postindustriale, come la nostra. Ciò, per le tradizioni italiche, va ben oltre l’orizzonte intellettuale e, soprattutto, culturale sia delle vecchie che delle nuove generazioni, sempre meno disponibili a competere e a far proprio il rispetto rigoroso  della piena ‘’conformità alle regole’’: tutti però sono pronti e proni ad invocare la pace e la sicurezza, ma senza troppo impegno personale, né  coinvolgimenti, e possibilmente senza pagare pegno. Comunque, se è vero che l’Italia cresce, che la sicurezza è fragile e incerta, che siamo attorniati da fulmini di guerra e dal terrorismo islamico, allora non si comprendono  le inspiegabili assegnazioni finanziarie allocate al Bilancio della Difesa, riconfermate – in peggio – con la recente Nota Aggiuntiva al Bilancio per il 2016. Non solo in termini monetari e di cifre attualizzate che sono assai preoccupanti per la Funzione Difesa, cioè riguardanti le tre FFAA meno  i Carabinieri, ma in controtendenza rispetto ad un qualsivoglia annuncio di crescita, e pure  in netto contrasto con alcuni spunti e direttive contenute nel cd. Libro Bianco. Che, fra le vagotoniche  e demagogiche linee programmatiche asserisce  ‘’di   garantire l’operatività dello strumento militare, la stabilizzazione delle risorse necessarie,  per tendere a un incremento che sia in linea con l’andamento della situazione economica e con gli standard europei’’.  In termini più comprensibili significa che lo Strumento militare dovrà essere garantito  operativamente, con efficienza ed efficacia, quindi con adeguati finanziamenti sia nel  Mantenimento-manutenzioni dei sistemi in linea, sia negli Investimenti-ammodernamenti che non possono essere estemporanei, ma dovrebbero essere ‘’stabilmente assegnati’’ e coerenti nel corso degli anni. Non solo, ci si spinge ben oltre; il trend deve essere ‘’un incremento’’ nel Bilancio Difesa che ovviamente tenga di conto della situazione  economica (ma se c’è la crescita??) e degli ‘’standard europei’’ che, come noto, si basano su assegnazioni di Bilanci Difesa intorno al 2% del PIL. E’davvero stravagante riscontrare  come i politici, cerchiobottisti, predichino bene ma spesso diventino prigionieri delle loro stesse ammissioni e promesse, soprattutto di quelle scritte, come si evidenzia nell’insipido Libro Bianco di recente emanazione. Altrettanto sovente, tendono a rimuovere  la realtà fattuale  e  rinviare, surrettiziamente, la soluzione dei problemi;  ciò che manca è- in parte- la capacità e la competenza nel capire i problemi di un comparto così atipico come quello della Difesa, ma soprattutto la volontà vera nell’informare e  spiegarli ai cittadini con una trasparente collaborazione dei media. Prevale sempre, invece, una sorta di equilibrismo politico e di slalom salvifico della faccia della comparsa di turno, ma non della sostanza, di fronte ai problemi veri ‘’del soldato’’ che non possono  certo essere seriamente dibattuti  e confinati nell’ambito di  deprimenti talk-show. Di fronte ad una perversa combinazione d’insipienza, di sconsideratezza della reale situazione delle FFAA, di promesse ‘’liquide’’,  di scarse capacità decisionali e di reale leadership condite con  immancabili calcoli elettorali, la coerenza e la qualità stessa delle proposte politiche  pertinenti,  non può che essere controversa e deludente.  Qui non bisogna essere dei grandi analisti ed esperti del settore per dire che a fronte di tali statement, la situazione reale del comparto Difesa si trova in una situazione diametralmente opposta; si dà per scontato che  già ora esiste, dopo la manovra Di Paola, una acclarata operatività dello  strumento militare reso  ‘’più agile e snello’’ dai tagli operati: chi vive sul campo sa bene che la Difesa è invecchiata e in sofferenza da oltre un lustro per la mancanza di un giusto turn-over, di finanziamenti adeguati, sia per la necessità ovvia di nuovi mezzi competitivi ed integrabili con i nostri Alleati, sia per la carenza di risorse per l’addestramento degli equipaggi, sia ancora per la scarsità  generalizzata di armamenti nelle dotazioni convenzionali e missilistiche. Cioè, l’operatività vera, in termini di ‘’Combat’’ delle varie Componenti della Difesa, è in grande sofferenza su tutti i fronti , a partire dal funzionamento quotidiano, per la carenza di bilanci da oltre un lustro, checché ne dicano i soliti ottimisti dell’ultimo momento.

E’ chiaro che, dal 2007, dall’inizio della crisi, la nostra economia ha attraversato periodi di ‘’ decrescita’’ con sbandamenti paurosi dello ‘’spread’’ che ha aggravato le condizioni di vita di tutti gli italiani, e in qualche misura si è riflessa sulla Difesa, comunque  con un  in- comprensibile basso profilo, imponendo di stringere la cinghia su  tutto il fronte. Ma se è vero che, dallo scorso anno siamo – come sbandierato – in crescita, allora ci si aspetterebbe un incremento nell’assegnazione di fondi al comparto della Difesa e Sicurezza, anche per le aumentate minacce del terrorismo islamico dl Daesh, a meno che la Difesa, considerata una ‘’cenerentola’’ dall’entourage governativo,  ha anche troppo: a prescindere, infatti, dalle motivazioni, paradossalmente, assistiamo ad una ulteriore decurtazione di bilancio! In sintesi: nessun aumento per garantire l’operatività dello strumento Militare; la stabilizzazione dei fondi è utopia allo stato puro in quanto la Difesa è un bancomat per ogni esigenza; l’incremento auspicato per avvicinarci ai Paesi Alleati resta una chimera irraggiungibile!                                                     

E, se la matematica non è un’opinione, come certo non è, i dati contenuti nel Bilancio e nella Nota Aggiuntiva, parlano da soli senza successivi commenti: la Funzione Difesa ha sfondato, dopo decenni, la soglia dei 13 miliardi di euro, ovviamente verso il basso, con un’allocazione di 12,9 miliardi. Se si considera che all’inizio della crisi, nel 2007, il Bilancio prevedeva 14,5 miliardi di euro, pur in una situazione già di sofferenza, oggi, tenuto conto dell’attualizzazione valoriale, ci si trova a beneficiare? di un budget che è circa il 20% inferiore: non bastano certo le parole di circostanza per capire che la Difesa è nel guano. Tutti, o quasi, speravano che, tuttavia, visto la ‘’geniale’’ riforma Di Paola che tagliava 50000 (Cinquantamila)  posti fra militari e civili dipendenti del comparto Difesa, riducendo drasticamente i ranghi (sono passati già 3 dei 10 anni previsti!!), almeno si potessero  recuperare cospicui  fondi da dedicare – come era nei presupposti – allo stesso comparto per evitarne il collasso. Vane speranze!  ‘’Il piccolo è bello’’ non ha funzionato; i ranghi sono stati ridotti, per fortuna, solo di un paio di migliaia di elementi, gli scivoli si sono incagliati; di soldi recuperati, non se ne sono visti alla Difesa perché hanno preso altre strade, più democrat-populistiche. Di più; non si sa che fine abbia fatto quel paradigma a effetto mediatico /ma che dolorosamente si è scaricato sulle spalle del personale con le stellette costretto ad andarsene anzitempo, ben noto come la Manovra del secolo : tagliare 50000 posti di lavoro a tempo indeterminato e riequilibrare le componenti essenziali del Comparto in 50-25 e 25, di cui alla Legge 244 del 2012,rispettivamente per il Personale, l’Investimento e l’Esercizio. Ragionieristicamente  corretto, ma concettualmente errato;  comunque tale target, col nuovo Bilancio, non solo non è stato raggiunto, ma neppure avvicinato. Le giustificazioni non reggono più; in pratica le spese per il Personale si sono aggravate ed hanno raggiunto la cifra record del 74,3% (ma non doveva essere  il 50%??), mentre le spese correnti di  Esercizio e mantenimento (che include formazione, addestramento, manutenzioni, consumi,ecc) sono cadute al 9,5% (dovevano risalire al 25%!!) sono state praticamente dimezzate nell’arco di un decennio, confidando nello stellone. Anche l’Investimento, che significa  Ammodernare-Rinnovare  lo strumento è stato decurtato,  attestandosi al 16,3% (doveva essere il 25%), con il nefasto presupposto che non sarà possibile avviare alcun programma nuovo con tali risorse, e neppure,  pare , con quelle del MISE che, oltre ad essere ridotte, saranno da  quest’anno appannaggio di più dicasteri, e per pagare diverse esigenze dl Governo. Peraltro anche le speranze riposte nella famosa Nota aggiuntiva al Bilancio 2016 che avrebbe dovuto risollevare con alcune integrazioni di bilancio, soprattutto il critico settore dell’Esercizio, e dell’Addestramento in particolare, si sono miseramente infrante.  Ma ciò che rende  drammaticamente tangibile la scarsa considerazione ‘’del valore del soldato’’, è il dato relativo al rapporto percentuale con il PIL che, prima volta nella storia italica, sfonda lo 0,8 percentuale, attestandosi allo 0,77, quando  le promesse anche verso gli Alleati –cui dovremmo prima o poi allinearci- erano  del 2%, cioè dal doppio al triplo del nostro. Un  obiettivo che da sé la dice lunga sullo stato delle nostre FFAA e sugli allineamenti agli standard degli Alleati!  Comunque  lo  si guardi, e nonostante i proclami (anche di recente il Premier, dopo i fatti di Parigi, prometteva cospicui ‘’bonus’’ per la Sicurezza e Difesa…) il budget della nostra Difesa è a livello di sopravvivenza, il più povero e striminzito di quello delle Nazioni con cui ci vogliamo confrontare e cooperare, le quali hanno un budget rapportato ad un PIL che in media è 2,5 volte  del nostro.  Più corretto sarebbe rivolgere la domanda ai politici che si sono avvicendati negli anni che, al di là di roboanti dichiarazioni (rammento quelle dell’inizio della cd. Professionalizzazione che prefiguravano il target dell’1,5 percentuale del PIL..) non hanno fatto nulla per dare dignità  e supporto alle FFAA. Se, a ogni singolo soldato italiano viene assegnato un Budget pari ad X, mentre quello dei Paesi amici ha 2,5 X, vuoi per lo stipendio, per le manutenzioni e le acquisizioni di nuovi mezzi, quale straordinario ‘’moltiplicatore di forze’’ e di risorse deve avere quel nostro soldato per sopperire a tale deficienza?. Sarà  pur bravo, ma è molto difficile –anzi impossibile- pensare (se non per qualunquismo o demagogia) che per gestire un soldato francese o inglese occorrano 50000 euro l’anno, mentre noi- siccome siamo più bravi – possiamo cavarcela con 20000 euro, pretendendo ovviamente gli stessi risultati!  Lo sanno i gestori della cosa pubblica che ulteriori tagli porteranno al collasso lo strumento militare? La verità vera è che delle FFA non gliene frega a nessuno, salvo quando emerge la necessità di garantire la sicurezza nelle ‘’strade sicure’’, (per cui si elargiscono soldati a piene mani nonostante non sia il loro compito…) o quando bisogna mandarli  allo sbaraglio a proteggere la ditta che ha vinto il contratto della diga di Mosul, (mentre c’è l’ISIS a quattro miglia e la considerano un HVT (Target molto vitale), o ancora  se dobbiamo intervenire in Libia, prima che si  senta l’odore della polvere degli attentati sul nostro suolo, ecc…: ma all’atto del bisogno siamo coscienti delle condizioni dei combattenti oppure basta far presenza, e comunicare bene? E che, se passa il concetto  minimalista e ipocrita, che  la Difesa deve auto- sostenersi e il nostro soldato fare salti tripli avvitati, allora possiamo  vendere non solo le caserme (da cui non si è ottenuto nulla e la Difesa si vedrà ulteriormente penalizzata da una famigerata ‘’clausola di salvaguardia’’ di 240 milioni di euro, che comunque verrebbe ristorata a fine dell’esercizio finanziario??…), ma mettere in saldo ciò che resta, dagli aerei, ai carri armati, alle navi, e perfino dimenticarci degli F-35 che non sapremo mai con quali fondi potremo mantenerli . Inviare in guerra i nostri soldati in condizioni simili è  poco serio; se devono combattere mettiamoli in grado di farlo, almeno a livello di sufficienza, e di poter giocare la loro partita con gli Alleati senza sentirsi degli emarginati, e quindi perfino esclusi. D’altronde se si guarda al Budget,  per esempio degli USA, si capisce che siamo su un altro pianeta,  non solo per l’entità -pari a 583 miliardi di dollari- ma soprattutto  per  la sua ripartizione: all’Esercizio – che loro identificano in Operazioni  e Manutenzioni – sono assegnati 251 miliardi di dollari  pari a quasi il 50% del totale, e all’Investimento circa  il 20% (115 miliardi), oltre alla ricerca e sviluppo,  mentre le cd. Missioni fuori Area, o Overseas, sono coperte con 59 miliardi, e rispetto al PIL, il Budget si colloca quindi  sul 2,5 percentuale. Se è vero che siamo su un altro pianeta, è anche vero che spesso siamo all’interno delle stesse Coalition (Afghanistan, Iraq, Siria e fra poco in Libia..) per cui diventa del tutto improbo cercare di integrare delle Forze che sono di generazione  e livello così diversi  e, spesso, incommensurabili,  avendo così poco  in comune. Ciò che sorprende, al di là dei volumi di Bilancio è la loro ripartizione, che è diametralmente opposta alla nostra. Noi, nel nostro microcosmo, continuiamo a perseguire gli  obiettivi  della riforma voluta da Di Paola , anche se sembrano ormai superati dai dati e dai fatti; stiamo cercando di vendere qualche caserma per permutarla in gasolio, per le manutenzioni e per addestrare il personale che è pericolosamente sottovalutato: così i piloti non fanno neppure le minime ore di volo richieste dagli standard NATO, le 180 ore annuali; i marinai non riescono a star per mare neppure quelle 2000 ore annue, che significa il 25% del tempo, e lo stesso vale per il soldato. L’unica speranza per potersi mantenere addestrati era  quello di farlo partecipando alle missioni fuori area che avevano  un ritorno non solo addestrativo; prassi  assai rischiosa perché avveniva in teatri ‘’real world’’, ma anche perché ciò  garantiva dei ritorni con interventi riparatori sui mezzi che il bilancio ordinario non garantiva più. Ora anche i fondi per sovvenzionare le missioni internazionali, Libia compresa, saranno paradossalmente tutti a carico della Difesa, e quindi decurtati da quel suo ‘’grasso bilancio’’; la Nota Aggiuntiva non modifica sostanzialmente le previsioni di Bilancio fatte in precedenza dal Documento  Pluriennale, e fatte proprie dalla Legge di Stabilità, ma solo alcune variazioni piuttosto insignificanti nel loro complesso: la conferma dei famosi 80 euro; a fronte dei promessi 500 milioni fatti dal premier, viene istituito un fondo  accantonando 245 milioni di euro; si raschia il barile, in compenso, sui Pensionati in Ausiliaria con una decurtazione di 25 milioni di euro, ecc.

Anziché queste modifiche cosmetiche e  giochini contabili al ribasso che non portano a nulla di concreto, i Ministri della Difesa che si sono succeduti negli ultimi due lustri  avevano l’onere e la responsabilità di far capire ai loro Governi ed al Parlamento che se la Difesa non veniva adeguatamente supportata,  si  stava andando incontro al collasso; dovevano battersi e combattere,  altro che tagliare decine di migliaia di persone per fare cassa. Ma quale avrebbe dovuto essere, oggi,  la giusta dimensione del  Bilancio della Funzione Difesa?  Tenuto conto del volume monetario allocato nel 2007, pari a 14,5 miliardi di euro e dell’attualizzazione dei costi, il Bilancio doveva essere dell’ordine di 16,5 mld, considerando ancora vigente il supporto – a parte – di circa 2,5 mld del MISE. In tal caso avremmo abbattuto la spesa del Personale a un ragionevole  60%, con il restante 40% da suddividere equamente fra Esercizio, circa il 18-20%, mentre per l’Investimento ci si attestava intorno al 22-20%. Anche il PIL, in tal caso, sarebbe cresciuto almeno fino quasi l’un percento, con un trend  logico di avvicinamento a quello degli Alleati. Non si trattava di un volo pindarico, ma di affrontare  i problemi della Difesa e della Sicurezza con serietà ed onestà; oggi, la situazione è deteriorata e di fronte a queste grigie prospettive, non s’intravvedono soluzioni rassicuranti e risolutive delle contraddizioni suddette; né è ragionevole pensare che il progetto  del L.B. di revisione organizzativa del Dicastero, e del suo strumento militare, con la conseguente istituzione di un Comando unico verticalizzato, porti a benefici nel campo operativo ed in quello dei risparmi economici, anzi! Troppo spesso ci si dimentica che le trasformazioni hanno risultati mediocri ma costi  sempre rilevanti, e non solo sotto il profilo economico.                                         

Il salvifico e profetico Libro Bianco, di fronte ad una situazione del genere, non potrà farci stare tranquilli e difenderci dal terrorismo islamico, né far fronte e tutelare i nostri interessi nazionali, e neppure contemperare a quella ‘’vision’’ (del L.B.) per cui ‘’viste le crescenti minacce nell’area euro-mediterranea, le nostre FFAA svolgeranno anche una funzione di guida per gli altri Paesi, nella tutela della pace e della sicurezza..’’:  Le nozze con i fichi secchi’, nonostante i proclami e gli equilibrismi politici, non si riesce ancora a farle, né a farle digerire, bene!