Una penosa realtà’ che non richiede riforme alla costituzione

africaitaliaDi Giuseppe Lertora – Fino a qualche tempo fa sembrava che la speranza di gran parte dei cittadini italiani, immersi e attanagliati da una crisi profonda ormai da più di un lustro, trovasse la forza e la saggezza per rigenerarsi e ripartire soprattutto ri-lucidando quei valori di onestà, etica, impegno sociale e trasparenza per far ricrescere il Paese non solo economicamente, ma moralmente e, quindi, più rispettoso del convivere civico: un malriposto ottimismo, una pia illusione che si è infranta, nel tempo, con una realtà ben diversa. Ahimè! La situazione italiana è talmente degenerata, soprattutto in quei valori umani e sociali, indistintamente dal comune cittadino al politico -anche a prescindere dall’economia che va meglio solo nei proclami- per cui il vivere quotidiano è divenuto, via via, più difficile quando non più sopportabile, né tollerabile per l’arroganza della gente, le loro continue manifestazioni di inciviltà, la completa assenza valoriale, il mancato rispetto delle regole e del prossimo, minando – complice una Giustizia lenta ed inefficiente- la stessa convivenza sociale. Ci si può rassegnare a vivere in un paese in cui un poveretto che vive in carrozzella torna a casa con le mani imbrattate delle feci di cane e che, grazie alla inciviltà dei suoi concittadini che parcheggiano i SUV in mezzo ai semafori o sulle strisce pedonali o sui marciapiedi nella più totale assenza di vigili o di poliziotti, gli rendono la vita già magra, praticamente impossibile, creando barriere nel più totale menefreghismo che non gli consentono di vivere? E si può accettare che nonostante una modesta assistenza di accompagnamento sommata ad una pensione di 800 euro quel ‘’ricco-povero disgraziato’’ denuncia un reddito doppio rispetto al gioielliere, all’albergatore del palazzo di fronte, agli avvocati principi del foro dello studio che stanno al primo piano? In un Paese normale ci sarebbero i vigili, oggi ectoplasmi assenteisti, che dovrebbero sanzionare puntualmente questi comportamenti irriguardosi nei confronti di persone disabili, ma anche chi parcheggia in seconda e terza fila o in mezzo ai semafori e alle strisce, e chi sporca le strade con feci e urine, multandoli con rigore e pesanti parcelle. Vorrei vivere in un Paese normale in cui la politica si occupasse davvero, e non per annunci fasulli, dell’evasione fiscale, della corruzione, di combattere la mafia, e non curasse solo i propri interessi, ma fosse presente nella vita quotidiana dei cittadini garantendone la sicurezza e la normale convivenza civile: è soltanto una banale richiesta-desiderata di civiltà e democrazia, nulla di più! Vorrei vivere in un Paese diverso, quello che generazioni precedenti hanno conosciuto e vissuto, nel rispetto della Legge e della Costituzione ed un’accettabile osservanza delle regole e degli altri simili, con magari meno ricchezza e tecnologie, meno SUV e Tablet e zero I-phone, ma anche con meno arroganza, strafottenza e maleducazione personale e civica. Richieste inopportune? Desiderata utopistica? : sì, per l’Italia di oggi che non è un Paese normale e non è in grado di dare le giuste risposte, né di voltare pagina con coraggio, preferendo l’inazione al proprio naufragio culturale e istituzionale. La fotografia odierna dell’Italia è quella di un paese allo sbando, colpito ed assorbito da una deriva valoriale e da una cultura dominante del ‘’chiagni e fotti’’, del menefreghismo e della scaltrezza, da cui sono scomparsi quei valori tradizionali di onestà e comportamenti sufficientemente corretti tipici del nostro vivere: sembra quasi che una cultura diversa, aliena e peggiore sotto ogni punto di vista si sia impossessata della nostra società. Non si può, perciò, colpevolizzare unicamente la cultura dell’islamismo pervasivo e galoppante e neppure quelle negatività ‘’multiculturali’’ connesse con l’arrivo abnorme ed indiscriminato dei migranti clandestini, né forse la miseria etica che si annida nell’essere umano italico, opportunista, sostanzialmente arrogante, fannullone e allergico alle regole, né il relativismo e nichilismo moderno o la società ormai divenuta ‘’liquida’’ e sregolata, e neppure si può imputare alla sola classe politica il disastro sociale che viviamo: sta di fatto che l’insieme di questi ed altri fattori hanno fatto scarrocciare talmente l’Italia verso Sud, fino a congiungersi idealmente e non solo, con l’Africa, in una deriva inarrestabile che ci ha sganciato ormai dal Vecchio Continente con una deteriore saldatura alla ‘’quarta sponda’’. L’Italia si trova nella più nera e deprecabile situazione di una bolla puzzolente, piena di guai, con l’aria mefitica irrespirabile, non solo metaforicamente, ma anche per le polveri che infestano le città in cui il verde da tempo si è arreso ai palazzinari, il monossido di carbonio delle auto ha vinto sull’ossigeno e l’anidride carbonica –la CO2- emessa dalle nostre ‘’comodità tecnologiche’’ ha eroso lo spessore della nostra atmosfera, contribuendo sensibilmente a potenziare quel nefasto e deleterio effetto serra che ci avvolge con effetti sempre più devastanti. Una bolla che, spinta da venti settentrionali europei, sta volando a pelo d’acqua sul Mediterraneo, partecipe visiva dell’ecatombe dei tanti barconi pieni di poveracci che vanno controcorrente verso Lampedusa, ma che fra non molto si infrangerà contro l’Atlante ed i paesi del Magreb, lasciandoci senza illusioni e con un vuoto incolmabile di civiltà e di democrazia. Questo nostro Paese non è per giovani e neppure per vecchi; è piuttosto diventato una mera espressione geografica priva d’anima, capace tuttavia di scatenare gli odi fra generazioni e di convivenza civile in cui le differenze fra Nord e Sud sono tali da sconfinare quasi nella secessione di fatto; un paese non fondato sul lavoro come recita la Costituzione, ma sulla pervasiva e crescente disoccupazione e sul welfare; un paese in cui i servizi sociali, i supporti per l’infanzia, la sanità e la scuola sono ridotti al lumicino, mentre prospera la corruzione, la mafia e le organizzazioni criminali hanno vinto la loro battaglia sulle forze dell’ordine costituito, sempre più dileggiate e non tutelate; un paese in cui le corporazioni, nessuna esclusa, e la classe politica mantengono, nonostante la crisi, dei privilegi assurdi tollerando sprechi pubblici di ogni genere; un paese pieno di rifiuti ingestiti, di terra dei Fuochi e altre realtà consimili fuorilegge, pieno di ecoballe (e di palle propinate..); un paese in cui se il comune cittadino si rivolge ai servizi basilari, alle banche, alle società telefoniche, ai fornitori di gas e acqua, ecc viene preso dallo sconforto e perfino ridicolizzato da quei ‘’call center’’ inefficienti e inutili; un paese in cui l’evasione fiscale, la corruzione e la burocrazia sono le più elevate al mondo, ma in compenso la Giustizia è inefficiente ai massimi livelli, ecc, ecc: soprattutto un paese che ha perso la bussola, non riconosce più la Stella Polare della dignità, né del senso di appartenenza ad una Patria. Siamo comunque avvantaggiati nell’atterraggio di quella ‘’bolla Italia’’ nei paesi del Nord Africa perché alcuni aspetti ci sono comuni; già le nostre città, soprattutto quelle sotto Roma, hanno un’atmosfera in sintonia con le terre africane: si trovano rifiuti sparsi ovunque; il lezzo di urine, di cuoio trattato e del kebab fa parte ormai del ‘’profumo cittadino’’; le strade non manutenute e piene di buche con i marciapiedi piene di feci di cani, e anche di qualche bipede; ad ogni incrocio ci sono già i rappresentanti dei vari paesi africani…che certamente favoriranno un atterraggio dolce ed un’integrazione del tutto indolore! Una situazione del genere avrebbe vantaggi non trascurabili; in primis risolveremo subito il problema dell’immigrazione dall’Africa divenendo un tutt’uno con loro; in seconda istanza anche i più biechi populisti non potranno più accusare i migranti di voler invadere l’Europa e l’Italia con la pace di entrambi. Certo non ci sarà più spazio per forme di autoindulgenze, né di abituale vittimismo; il nostro ‘’transfer’’ africano consentirà di unirci in toto con loro, con la loro cultura in modo creativo portando in loco direttamente l’assistenza e la cooperazione con i relativi stanziamenti, sostanziando così quel ‘’Migration Compact’’ con la nostra presenza e partecipazione in loco. A voler dar davvero peso a questa traslazione, potremo rivedere e riformare la nostra Costituzione sganciandola da quella europea e da quegli obsoleti valori del Vecchio Continente, ponendola magari sotto la guida coranica ma con l’obbligo della rigida osservanza della loro Legge, compresa quella ‘’del taglione’’. Che richiederà anche, volenti o nolenti, finalmente la riforma del nostro sistema giudiziario per allinearlo –in efficacia e performance- a quello vigente nel Continente Nero: questa, tuttavia, imporrà uno sforzo notevolissimo da parte italica visto che oggi siamo al 126° posto mondiale per inefficienza e durata del processo, e quindi dovremo mettercela tutta per tentare di superare almeno il Gabon che ci tallona da vicino. Certo dovremo sottometterci alle nuove leggi ed alla nuova religione con grande interiorizzazione della loro cultura; in questo ci aiuterà molto lo spirito italico e l’innato servilismo, ma anche il fatto che ormai disconosciamo totalmente i dieci Comandamenti cristiani, sostituiti da tempo da altri quattro o cinque regolarmente praticati dagli italici che qui rammentiamo per memoria: primo, ‘’lo stellone vede e provvede’’; secondo, ‘’tengo famiglia’’; terzo, ‘’chiagni e fotti’’; quarto, ‘’i panni sporchi si lavano in casa’’; quinto, ‘’fatti i fatti tuoi e ruba più che puoi’’; sesto, ‘’ meglio l’uovo oggi della gallina domani’’; settimo, ‘’sta bene chi ha debiti’’; ottavo, ‘’la legge è quella del più forte’’; nono, ‘’Spagna o Allemagna, o Africa purchè si magna’’; decimo, ‘’io sono io, e tu non vali un piffero’’; pensavo bastassero cinque invece siamo già al decimo precetto, che ci tipicizza, ma si potrebbe continuare a lungo su questa strada che ci ha condotto alla deriva, ad unirci al Suk africano, senza dignità e credo! Si è persa la distinzione fra vero e falso, fra meritocrazia e cialtroneria, fra realtà e finzione; siamo inscatolati nell’universo apparente della televisione, degli spot, delle isole dei famosi, dei tablet e degli outlet, con il concetto di Patria relegato a quello del pallone ormai finito anch’esso nelle posizioni di coda, con cittadini sviliti e sfiniti da tasse e da false promesse, derubati nel tempo dalle tradizioni, dai valori veri, dalla loro memoria e perfino del loro futuro. L’onestà, l’etica e la trasparenza sembrano diventate un fardello, un’eredità di poco conto del nostro passato a cui sono da preferire il menefreghismo, l’ambiguità, la furbizia, il nichilismo e gli intrallazzi sottobanco. Ma, comunque, sia che si deriva in Africa, sia che si debba restare nel suolo patrio, esiste la inderogabile necessità di mettere mano alla Giustizia, al più presto e con profonde riforme: vediamo quelle più avvertite non da addetto ai lavori, da un Magistrato, ma dal comune cittadino italico pur con un naturale beneficio di inventario.
Il normale cittadino che nella vita ha fatto tutt’altro, ma che vive direttamente o meglio in via indiretta le vicende e i risultati della nostra Giustizia, resta basito dal cumulo di processi inevasi e dalla sua inefficienza, che viene dichiarata formalmente anche in chiusura dell’anno giudiziario dai vari presidenti di turno, come se fosse cosa normale, e non appartenesse invece al teatrino dell’assurdo. Innanzitutto evitiamo le solite commistioni e pretesti di comodo; per mettere a posto la Giustizia non bisogna andare a modificare la nostra Costituzione che, oltre ad essere la madre di tutte le Leggi è una indiscutibile (per chi la conosce…) opera di ingegneria giuridica e sociale; certamente non è vecchia come si vuole far intendere, né figliastra della guerra o del fascismo, né necessita di rivisitazioni estetiche o sostanziali perché il mondo è cambiato. Né è plausibile che per renderla rapida ed efficiente basta ridurre il Parlamento, parte del Senato, così da velocizzare i progetti dell’Esecutivo, e nel contempo apportare quelle modifiche costituzionali che limitino l’autonomia della Magistratura in modo che debba rispondere al potere politico, rafforzando sostanzialmente il potere di chi governa. Il principio costituzionale che garantisce i cittadini dagli abusi del potere ‘’Tutti i cittadini sono eguali davanti alla Legge, senza distinzione di razza, sesso, religione, opinioni politiche’’, insieme con l’autonomia e l’indipendenza della Magistratura dagli altri poteri, costituisce il pilastro garantista e uno scudo indiscutibile del sistema giudiziario per tutti, indistintamente. Le frenesie per cambiare tale dettato e con esso, in maniera implicita, oltre 40 articoli, è sconsigliato dalla stessa ‘’rigidità’’ insita nella Costituzione (in accordo col dettato dell’ultimo articolo 139) e non si ravvisano elementi di merito per le modifiche proposte, né personaggi all’altezza dei Padri Costituenti, tali da non combinare pasticci suffragati soltanto da tentazioni di gestire il potere con minori controlli e contrappesi. Va anche chiarito che l’autonomia e l’indipendenza dei Magistrati non rappresentano un privilegio, come qualcuno può pensare, ma piuttosto la risposta alla Legge in modo esclusivo e senza condizionamenti, quindi una garanzia per tutti nonché la pietra fondante di uno Stato democratico. E, per rafforzare tale principio, e garantire l’imparzialità più completa, la stessa Costituzione stabilisce che ‘’il Pubblico Ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale’’, e pertanto di perseguire tutti i reati, non quelli voluti o indicati da qualche potente: né favoritismi, né persecuzioni, ma obbligatorietà e non scelta nel punire qualsiasi reato. La Costituzione non va quindi riformata perché mal ce ne potrebbe incogliere; ciò non significa, di conseguenza, che la Giustizia va bene così com’è, mentre nella pratica di tutti i giorni è evidente che fa acqua da tutte le parti ed è la funzione istituzionale di gran lunga più fallimentare del nostro sistema, con processi interminabili e i Tribunali ingolfati! Ma quali, se non debbono essere toccati i predetti principi fondanti, sono i legacci e le storture che affliggono la nostra magistratura e che pongono la nostra giustizia a livello del Gabon? Molti e articolati sono gli argomenti su cui ogni governo, a prescindere dal colore politico, ha sempre brillato evitando di affrontarli razionalmente nei gangli vitali, o peggio tentando di iper-legiferare, anziché de-legiferare, con norme surrettizie per ingabbiare le azioni dei magistrati che volenti o nolenti devono rispondere sempre e soltanto alle Leggi, buone o cattive che siano! Comunque e a scanso di equivoci va detto che le depenalizzazioni vanno fatte con giudizio e per quei reati che possono essere sanzionati con multe, cioè quei reati come la guida in stato di ebbrezza, la guida senza patente, l’accensione delle stoppie, il versamento corretto dei piccoli contribuenti all’INPS, e via dicendo dando così più tempo e spazio alle Procure per la trattazione dei reati più gravi. Invece finora la depenalizzazione ha toccato solo i reati tipici della classe politica o dirigente, cioè il falso in bilancio, l’abuso di ufficio, il finanziamento illecito ai partiti con un approccio essenzialmente auto-abrogante allungando i tempi del processo per finire nella famigerata ‘’prescrizione’’ senza mai pervenire ad una sentenza definitiva. Delegiferare e depenalizzare possono essere riforme giuste, basta sapere cosa e farlo con serietà; sicuramente è una necessità: da noi esistono oltre 150000 leggi, spesso astruse solo per azzeccagarbugli e con interessi e trabocchetti, mentre in altri paesi –come la Francia e la Germania- ne bastano solo 10000 per far funzionare decisamente meglio la macchina della giustizia. Watson: de-legiferare e depenalizzare con onestà e competenza, è il primo passo riformatore da fare! Bastano quei numeri per dire che oltre ad essere un popolo litigioso, siamo anche gente che delinque facilmente visto che le carceri sono strapiene, ma anche perché governati da leggi per azzeccagarbugli che agevolano i furbi, i ricchi ed i mariuoli per cui il 95% (sì avete letto bene..) dei processi …estenuanti finiscono in prescrizione! Ed un altro dato è illuminante: se l’80% dei detenuti sono extracomunitari e qualche tossicodipendente o ladro di polli, si può sostenere che la giustizia sia ‘’giusta’’ perché a commettere i delitti sono soltanto quei poveracci? E gli altri? Vuole forse dire che i ricchi ed i potenti non rubano e non delinquono, oppure che riescono con le palanche, le leggi inique e mille artifizi, a farla franca? Insomma il messaggio che viene trasmesso da quei dati, senza preconcetti e partigianerie, è che la Legge in teoria è uguale per tutti, mentre nella realtà pratica si estrinseca con una giustizia ‘’forte con i deboli e debole con i forti’’. Ma oltre la de- legiferazione e la depenalizzazione, molti sono gli aspetti ed i possibili correttivi al sistema giudiziario che vengono alla mente, per smorzare quella deriva…(continua)….