daeshDi Giuseppe Lertora – Analizzando la situazione attuale, le paure occidentali correlate e l’andazzo del contrasto allo stato islamico nei vari teatri, dall’Iraq alla Libia attraverso la Siria, sembrava opportuno fare alcune riflessioni all’argomento, ma da ieri sembra che i timori e le paure dell’ISIS abbiano lasciato il podio mediatico a quelle del terremoto prodotto dall’esito del Brexit: ‘’ubi maior…’’; cambiato file, tratteremo invece della tempesta indotta da quel voto popolare e, in seconda pagina o in un successivo articolo, si farà mente locale sul declino, apparente?, del Daesh. Alcuni amici mi avevano, per la verità, già chiesto di scrivere un pezzo sul Brexit, ma siccome non sono un esperto del settore (per la verità non ne conosco nemmeno uno, affidabile…), non credo ai sondaggi che sono sostanzialmente pilotati, drogati e spesso bugiardi (manco le previsioni delle nostre amministrative hanno azzeccato…), non gioco al Totip, Sisal e altre moderne diavolerie, né frequento chiromanti, avevo elegantemente glissato: se mi fossi basato sulla mia esperienza e sulle mie sensazioni, avrei senz’altro pronosticato una sconfitta decisa del Brexit. Cioè una previsione totalmente sballata come hanno fatto la gran parte dei media nazionali, europei e perfino inglesi, che però, ora, già stanno orientandosi al vento impetuoso del vittorioso Brexit. Il successo del voto referendario inglese, del Brexit, ha determinato una vera e propria tempesta nell’Unione Europea con timori, paure, e shock delle Borse in caduta libera (guarda caso con le banche italiane e la borsa indigena che paga pegno più delle consorelle europee..); fino a ieri, i soloni dei talk show che sparano fesserie a dritta e a manca, senza capirci nulla, avevano minimizzato gli effetti e le conseguenze della separazione inglese dalla Ue, garantendo sempre e comunque che l’Italia era ‘’solida e senza problemi’’ qualunque fosse la volontà e la decisione popolare dei britannici. Tant’è! Oggi, quasi tutti quei personaggi intellettual-sinistri, (dai vari Napolitano, ai Letta, ai Monti, ai Saviano, ai Severgnini scrivono e parlano di aberrazioni democratiche, di popolo ‘’rinco’’ e via dicendo con insulti davvero poco onorevoli…) con la coda fra le gambe, dicono che la tempesta avrà effetti solo virtuali sulla finanza e sulle Borse che, nel frattempo sono crollate, ma quasi nulli sull’economia reale dei paesi membri, nonostante -per esempio- il nostro famigerato spread sia risalito verticalmente incidendo direttamente sui nostri futuri esborsi, sulle nostre tasche e sulle industrie straniere che si guarderanno bene dall’investire in Italia, Paese strutturalmente sempre più debole e facile da colpire. Da Obama che, con una faccia tosta e con una intromissione a gamba tesa senza precedenti, aveva invitato il popolo inglese a non votare per il Brexit, ai nostri ‘’padri’’ da Napolitano a Prodi, all’indimenticato Monti (sic!), all’attuale premier, che speravano e spingevano apertamente per il Remain, tutti, ora, pur delusi, invitano con imbarazzanti dichiarazioni, a perseverare in questa falsa unione per irrobustire la struttura della casa europea, ormai monca di una gamba assai importante, un pilastro essenziale per la sua stabilità, sicurezza e tenuta. Si sentono sproloqui e svarioni di ogni genere, un nugolo di media euristi dell’ultim’ora imprecano contro gli inglesi e la loro decisione antieuropea; dalle mozzarelle italiane che avremo più difficoltà a vendere nel mercato inglese, alle vongole che saranno ridimensionate, ai cetrioli raddrizzati, all’olio miscelato col tunisino e via dicendo, è chiaro che i nostri tipici prodotti segneranno ulteriormente il passo. Ma gli effetti indesiderati non si limiteranno a certe ovvietà-banalità, ma si avranno anche impatti diretti sui cittadini, per esempio nei confronti dei frequentatori di Erasmus, e degli altri lavoratori emigrati a Londra che non avranno più la libertà di circolare, né di permanere oltre una breve temporaneità nel suolo inglese, in quanto diventerà a tutti gli effetti extracomunitario. I vari commentatori e conduttori di TG nostrani sono costernati, sembrano in lutto; più o meno palesemente fanno passare il messaggio (con quale titolo?…) che gli inglesi hanno sbagliato e ne pagheranno le conseguenze, soffiando sul fuoco di una ‘’ripetizione’’ del referendum; ma saranno gli inglesi o i Paesi membri dell’Ue a pagare più salato il conto politico ed economico correlato all’uscita UK dalla Ue? E, a prescindere da altre diverse considerazioni, chi può dar torto al popolo inglese se ha voluto recuperare una sovranità nazionale sfilacciata dall’Ue che, pur sbandierando una società multietnica e multiculturale, è priva di identità, sclerotizzata e altamente burocratizzata, assillata dal problema immigrazione totalmente ingestito, e da una caotica quanto inconsistente politica estera? Queste sono le grandi questioni irrisolte, le spine ed insieme le paure che, presumibilmente, hanno fatto leva sulla razionalità e anche sull’emotività del popolo inglese, orientandone il voto sul Brexit. Mi meraviglia, tuttavia, il premier Cameron e la sua spregiudicatezza (ma i politici, si sa, ragionano in derivata seconda..) nel proporre tale referendum a elevato rischio, richiamando addirittura il suo popolo a votare contro il Brexit; forse non tutti ricorderanno che proprio Cameron aveva improntato la sua corsa elettorale -da euroscettico dichiarato- sostenendo che qualora eletto avrebbe fatto di tutto per uscire dalla Ue, rivedendo comunque i vari Trattati, e mantenendo – male che andasse- comunque intonso l’opt-out (l’opzione) già esistente, preteso quale riserva nella firma della Costituzione europea, nonchè al mantenimento della loro divisa della sterlina. Politici ipocriti e cinici o aperti alla democrazia e volontà popolare? Quando mai gli inglesi avrebbero declinato alla loro unica ed esclusiva gestione della Giustizia (mai hanno rinunciato e rinuncerebbero alla Magna Carta, alla Common Law…) e a disporre di proprie Forze Armate, in particolare di una autonoma Royal Navy che ricordiamo ha fatto l’impero britannico, accettando di mescolarle con le europee, da sempre sbandierate e mai realizzate? Gli inglesi, con una democrazia pluricentenaria, hanno tutte le ragioni se non l’indiscutibile diritto di decidere da che parte stare per far fronte ad alcuni problemi essenziali, finora irrisolti dalla Ue: la crescita economica, la guerra al terrorismo, il controllo della immigrazione clandestina, una politica univoca di politica estera, la tutela della sovranità nazionale. Le stesse questioni che, oggi, dopo l’uscita UK, andrebbero davvero ‘’prese per le corna’’ e rafforzate dalla restante Unione europea, pena il fallimento della stessa unione comunitaria. Certo è che, con il successo della Brexit, passa un messaggio dirompente che accomuna la governance di vari paesi del mondo occidentale e la carenza di leader veri sulla scena politica; è cresciuta iperbolicamente la sfiducia della gente comune nella classe dirigente e nelle politiche finora attuate, con una decisa avversione per gli slogan di quei ‘’potenti’’ e per la loro ingordigia, tant’è: i votanti seguono sempre più i loro istinti ed i loro sentimenti spesso in contrasto con gli inviti e gli interessi della classe politica. Una pericolosa deriva sociale con una frattura quasi insanabile fra giovani e vecchi, fra cittadini e campagnoli, fra conservatori e riformisti; infatti, la stragrande maggioranza ha visto i giovani, le persone più acculturate e quelle delle grandi città, votare a favore del Remain, mentre i britannici più poveri, i più vecchi, quelli senza titoli di studio e coloro che vivono nelle campagne e nelle aree post-industriali dell’Inghilterra a cui l’Ue non ha portato alcun benefit, hanno preferito cambiare lo status quo, votando a favore del Brexit (oltre l’80% è andato a votare..): una sorta di scontro di classe fra le élite cui si sono aggiunti i giovani, che sono risultati votanti solo al 30%, contro il proletariato, entrambi sconfortati e delusi dal governo per le elevate tasse e la scarsità dei servizi, con la rabbia di voler cambiare registro. Da loro l’Ue è vista solo come ente burocratico e parassitario, che ha disintegrato gli spiriti ed ideali nazionali senza far nulla per integrarli in una unica identità; cioè gruppi elitari che pensano solo ai loro interessi contro quelli che un tempo venivano etichettati come i proletari: da qui la nascita di insolite, ma concrete condizioni per dar forza a quei partiti piuttosto nazionalisti che, infatti, stanno aumentando le loro aderenze sia in vari paesi europei che negli USA ( Trump insegna..). E, in tal senso, esiste una paura concreta che si possa innescare un effetto domino con un coinvolgimento di altri paesi da tempo in fibrillazione per staccarsi dal baraccone Europa da un lato, e dall’altro un segnale forte che attraversa l’Oceano e possa influenzare anche sensibilmente la corsa presidenziale statunitense: ‘’un precedente emblematico’’ , una voce di protesta contro la politica che ha prodotto crisi economiche irrecuperabili, che ha favorito le banche anziché i cittadini, che ha oberato tutti con gabelle insostenibili, che ha tolto le prospettive di lavoro e di un futuro per le nuove generazioni, lasciando crescere instabilità e insicurezza nelle società occidentali, e paure del domani. D’altronde pur se gran parte della popolazione italiana si è sempre mostrata euro-favorevole, ben consci che solo un’entità a livello di unione degli Stati europei poteva avere qualche significato e valenza nei confronti di potenze come gli USA, quelli emergenti del BRIC, oppure quelli asiatici, indiani, e via dicendo, col passare del tempo ci si è resi conto che quei pilastri insiti nella tormentata Costituzione europea, ribaditi nei vari Trattati sottoscritti pur con non sempre giustificate riserve, fra cui la fratellanza, la cittadinanza, la solidarietà, lo spazio di sicurezza e difesa comune, sono rimaste lettera morta e mai realmente condivise ed applicate. Sempre più l’Unione europea è apparsa come una figura senza volto, senza identità, calata dall’alto, piena di onorevoli occupati solo a prendere lauti stipendi, che non si curano degli interessi nazionali ma trasmettono asetticamente parametri e imposizioni, spesso fuori da ogni nostra logica, del tutto apolide, asettica, incurante della realtà di ogni nazione. L’Europa si è rifiutata di darsi un’identità, una carta di identità ed ha preferito l’anonimato, lasciando la governance al più forte, alle Banche, alla famigerata troika, alle agenzie di rating e all’alta burocrazia. Non è mai esistita una politica unica e sovrana, una politica estera univoca, un esercito comune per fronteggiare le emergenze, i migranti ed il terrorismo, ma unicamente l’attenzione a fare annunci, riunioni di vertici inutili, convegni insignificanti e costosi: una barca di lusso per i passeggeri VIP che non riescono neppure a condividere delle elementari politiche migratorie, preferendo lasciare quegli scafi carichi di umanità in mezzo al mare in tempesta, assistendo a quelle tragedie mediterranee di diecimila corpi perduti in fondo al Mare Nostrum mondandosi la coscienza con qualche minuto di silenzio e nulla più, ed avviandoli al confinamento -per chi è salvato dal buon cuore e dalla professionalità della Marina- in quei lager della speranza, i cd. Centri di accoglienza, oppure lasciandoli dietro i muri di filo spinato che non consentono loro di raggiungere i paesi europei del Nord Europa. I confini non vengono controllati, i paesi vanno avanti in ordine sparso, ognuno costruisce ponti o muri a seconda delle convenienze: di sicuro, visto che la miseria sul pianeta tocca miliardi di persone, l’Europa ha dimostrato di non saper o volere minimamente gestire il problema, né obiettivamente siamo in grado -vista la situazione attuale- di farcene carico in modo civile e abbastanza controllato. L’Europa si è dimostrata incapace di proteggerci rispetto all’esterno, come nel caso –fra i tanti- dell’odissea vergognosa dei 2 Fucilieri di Marina, lasciati per oltre 4 anni in balia dell’India; non è in grado di competere con l’egemonia USA, di frenare la minaccia islamica, di arginare il flusso migratorio, di contrastare l’offensiva commerciale cinese, di tutelarci dalle incombenti paure, ecc: senz’armi, senza tutele, senza leadership, come si può parlare di una ‘’Unione stretta, coesa, potente, basata sulla fratellanza e la libertà’’ se poi si manifesta solo con rigide tirannie tecnico-finanziarie verso i sudditi, preoccupandosi più della finanza speculativa e degli assetti contabili, che non della vita reale dei popoli e delle famiglie? E’ assai probabile che gli inglesi si siano stancati di questo ‘’poor management’’, e, cosa ancor più grave, dell’acclarata miserabile assenza di una visione complessiva: politica, che è miope e frastagliata, civica poichè inquinata dal multiculturalismo che ne fa un insieme, un agglomerato senza un’identità, senza un’anima, senza vitalità e rappresentatività. Abbiamo preferito abdicare alla nostra identità, preferendo la globalità, accettando supinamente la dis-integrazione delle diverse patrie; ma- va detto con grande onestà- non è certo riprovevole chi –come gli inglesi- non è più disposto a barattare la propria identità, le tradizioni, i valori fondanti e la qualità della loro vita ed il loro futuro, per la comoda ma desolante sopravvivenza: ‘’chapeau’’, se questi sono i motivi ideali insiti nel voto del Brexit. Insomma, anche nella routine quotidiana l’Europa è vista come una matrigna nell’affrontare le varie problematiche e, come già si riscontra oggi, non solo dagli inglesi; questa Ue viene percepita come un guanto di cinghiale, indossato al rovescio: ispido, rigido e duro verso l’interno, accogliente e morbido verso l’esterno. Bisogna infine riconoscere che ai Brit l’aria di Bruxelles non è mai piaciuta, e da sempre preferiscono lo smog isolano, anche se nell’ambito Ue hanno sempre ricoperto incarichi di rilievo e garantito la presenza di una colonia di oltre 2000 fra dirigenti e funzionari; hanno sempre tenuto un piede saldamente piantato su Londra ed uno più ballerino su Bruxelles, pronti a spostarsi sulle loro ambite colonie del mai dimenticato impero britannico o anche del Commowealth, quindi pronti al ‘’see EU later’’: questo significa che, pur non volendo entrare minimamente nel merito della loro indiscutibile volontà popolare espressa, dietro le quinte c’è un sano – e anche opportunistico- rigurgito di Nazione e di rinnovato spirito della propria Patria. Quel voto popolare, che piaccia o meno, è espressione di una volontà democratica, ed il referendum ne è il risultato, altro che ‘’abuso di democrazia’’ come etichettato dalle tesi bocconiane- montiane, o ‘’aberrazioni’’ napolitane; se gli inglesi hanno deciso di non far più parte del ‘’gregge Ue’’ rispettiamo le loro idee e le loro scelte, e quei signori che fanno informazione (meglio dis-informazione prezzolata..) sono pregati di smaltire la loro rabbia ed il loro livore, diversamente, ed in modo più civile e meno partigiana: si limitino alla cronaca, a registrare i fatti, senza fare il tifo da curva sud e criticare surrettiziamente i risultati se non tornano con ciò che loro vorrebbero. Perché, deve essere chiaro che delle invettive di quei tromboni contro gli ‘’inglesi …ioni’’ che non hanno saputo o non sono andati, come i giovani, a votare, e del loro disprezzo antropologico contro ‘’i poveri vecchi rincitrulliti’’ favorevoli al Brexit, ne abbiamo le tasche piene, ‘’ non ce ne può fregar di meno’’ e tanto meno, siamo certi, agli inglesi! (continua con le paure e la situazione in declino del Daesh….).

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