La cultura, la nostra arma

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culturadi Stefano Giorgi –  Da alcune settimane l’Europa vive una condizione psicologica e di allarme precaria a cui da decenni non era più abituata. Le recenti stragi ed attentati che non risparmiano ormai neanche le tranquille provincie del Vecchio Continente, regioni ritenute lontane dagli obbiettivi strategici del terrorismo, hanno diffuso un senso di, angoscia e frustrazione tra i cittadini e di impotenza tra i governi che non riescono a trovare il bandolo della matassa, a far fronte a queste scellerate e folli manifestazioni di violenza. La matrice del fanatismo religioso telecomandato è insufficiente per giustificare da sola un quadro assolutamente più complesso, di una realtà che sembra sfuggita di mano ad ogni logica prevedibile. In una società avvezza a catalogare, inquadrare, isolare ogni evento che la minaccia e ne mette in discussione i suoi meccanismi, questa ondata non prevedibile di terrore scompagina luoghi comuni, facendo affiorare contraddizioni e limiti del quadro sociale nella sua interezza, mettendo il dito sulla piaga alle molte contraddizioni che questa che noi chiamiamo “civiltà del progresso” ha determinato.

C’è da interrogarsi circa il perché di tutto questo e cosa fare. Per la prima domanda  dobbiamo chiederci dove tali fenomeni affondano le loro radici. Non si può pensare che sia qualcosa nato dall’oggi al domani, un problema che riguarda solo folli, fanatici e squilibrati ai margini di una società giusta e sana. In verità quanto sta accadendo è il risultato di una gestione politica europea di sessanta e rotti anni, cieca e sorda ad aspetti vitali dei suoi cittadini che ha finito per produrre una serie di patologie sociali a cui non si può porre rimedio dall’oggi al domani ne liquidarle come schegge impazzite o fenomeni isolati, ma alle quali va posto rimedio facendo autocritica, individuando i lati del sistema che le hanno causate. La Comunità europea è stata una organizzazione costituita intorno agli interessi economici, egemonizzata dalle economie più forti, che hanno accresciuto il divario tra i cittadini e cancellando il ceto medio ovunque, aumentando la forbice tra una ristretta oligarchia finanziaria sempre più ricca a danno della quasi totalità degli altri sempre più poveri, che si sono accollati economicamente i fallimenti delle strategie dei governi fino ad oggi. Questo ha causato un collasso del welfare, della libertà del pensiero, deflazione, depressione sociale ed economica, perdita di diritti fondamentali e di opportunità di lavoro ovunque.

La cultura deve e dovrà essere la chiave per dare una certezza positiva futura in Europa. Se guardiamo anche fuori da casa nostra,la prima cosa che regimi oligarchici, dittature economiche e militari cercano di eliminare è lo sviluppo culturale. Le persone che sono in grado di ragionare e analizzare  gli eventi, non possono essere addomesticate alle barbarie e all’ingiustizia di chi vuole gestire avidamente il potere. L’Europa attuale va quindi smantellata e ricostruita su solide basi culturali. Questi poveri ragazzi che si suicidano e che aderiscono a ideali fanatici e violenti, non esisterebbero se avessero ricevuto una educazione basata su principi e valori morali positivi che nessuno gli ha proposto e insegnato. Culturalmente, sono nati e cresciuti come animali in una foresta tecnologica: la civiltà degli sms, del pokemon, dell’ effimero, del tutto (poco e male) e subito. Cosa possiamo fare allora noi che non contiamo un granché? La nostra piccola grande parte quotidiana. Nel lavoro, in casa, in famiglia , nella politica, in vacanze,  negli enti,  nelle associazioni, dovunque siamo, orientando la nostra vita con spirito di servizio alla condivisione, rispetto, solidarietà, secondo le nostre capacità. Un accorato appello a genitori, nonni, zii, che amate i vostri ragazzi: invece di regalare loro l’ennesima Barbie, una playstation, un telefonino nuovo, le scarpe firmate, regalategli un libro, insegnando in opera e spiegandogli il valore e la necessità della cultura dell’esperienza e della storia per la loro vita!. Ha ragione papa Francesco che questa non è una guerra di religione: è tra una civiltà vana e barbara e una che dobbiamo ricostruire fondata sulla cultura. Se la gente prende coscienza del valore e del significato della vita cominciando dalla propria, ogni cosa torna al suo giusto posto e un nuovo umanesimo, non solo in Europa è possibile.