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Ferruccio Amendola nasce a Torino il 22 Luglio del 1930, anche se, in realtà, è poi divenuto romano doc, poiché trasferitosi da bambino nella capitale. Questo grande uomo è colui che ci ha fatto sognare per decenni grazie a quel dono naturale che è stata la sua splendida voce. Oltre ad essere amato e ben voluto per il suo squisito modo di fare è, ancora oggi, considerato all’unanimità una leggenda del doppiaggio, il maestro per antonomasia che ha saputo coniugare alla perfezione – e più di ogni altro – il suo straordinario talento ai labiali degli attori più importati di Hollywood. Una professione difficile quella del doppiaggio e – purtroppo – non sempre elogiata come dovrebbe. In oltre mezzo secolo di attività – Ferruccio – si è sempre contraddistinto non solo per la bravura ma anche per l’umiltà e la maniacale attenzione con cui ha saputo svolgere al meglio l’arduo compito. Elencare la sua filmografia (da doppiatore) è pressoché impossibile (perché infinita). A soli 15 anni è già in sala con cuffie e microfono per il piccolo personaggio Vito Annichiarico nel capolavoro neorealista “Roma città Aperta” di Rossellini ma, è dalla fine degli anni Sessanta in poi, fino alla sua morte datata 3 settembre 2001, che riesce (come nessuno mai nella storia del nostro cinematografo) a regalare al grande pubblico le emozioni più intense. Mai dimenticheremo il “colorito” maresciallo Nico Giraldi alias Tomas Milian o le tante battute, espressioni e monologhi di Robert De Niro, Al Pacino, Dustin Hoffman, Sylvester Stallone… Siamo cresciuti un po’ tutti con lui, quasi coccolati da quel vellutato calore che usciva dalle labbra magiche di un gentiluomo d’altri tempi.

È pura nostalgia ripensare alla cupezza del tassinaro folle Travis Bickle in Taxi Driver, alla rabbia di Jack La Motta in Toro Scatenato, al discorso romantico sulla spiaggia a Deborah da parte di Noodles in “C’era una volta in America” o a quell’urlo indirizzato ad Adriana dal neocampione Rocky Balboa! Così come lo è il sognatore Frank Leone di Sorvegliato speciale, in cui affermava ai suoi amici che “nessuno è morto finché non è sepolto”…, l’allucinato e spregiudicato Tony Montana in Scarface, l’autistico Raymond in Rain Man, il saggio Boss Don Michael Corleone nella saga del “Il Padrino” e – dulcis in fundo – lo straordinario e terrificante Max Cady nel “Promontorio della Paura”.

Perle di bravura senza eguali, interpretazioni da Oscar, scrigni che ci portiamo dentro e che soltanto lui poteva donarci con così tanto affetto e passione. Da non dimenticare (perché lui ne andava fiero) anche i 34 lavori da attore e le 7 fiction compresa la storica “Quei trentasei gradini”. Da quando non c’è più questo amabile Signore con la “S” maiuscola il nostro cinema, quando lo “ascoltiamo”, ha un sapore diverso, come se avesse perso qualcosa e, anche se la settima arte dopo la sua dipartita non sarà più la stessa, quella voce, quel timbro e quell’ineguagliabile sussurrio continuerà a vivere tramite le sue memorabili performance.

Ovunque tu sia, Auguri MAESTRO!!!

Mirko Crocoli