stipendi-dirigenti-raidi Giuseppe Lertora – Evidentemente legiferare non è il nostro forte; emblematica è la confusione creata con la recente ‘’furbata’’ di far pagare il canone televisivo con la bolletta elettrica, creando commistioni su un argomento tutto sommato facile: tant’è che la proposta di legge è stata rimbalzata anche dalla Corte costituzionale per scarsa chiarezza su chi e come si doveva pagare quell’odiosa tassa.  Parecchi saranno coloro che pagheranno il doppio canone per stranezze normative, salvo poi –speriamo- vederselo restituire con tutta calma; altri non lo pagheranno per nulla, soprattutto coloro che non ‘’sugano’’ elettricità da Enel o Eni che sia, essendo autonomi in termini di produzione elettrica (diversi paesini dell’entroterra ligure, ad esempio…) non hanno bolletta da quegli Enti: fortunati loro che non solo non pagano la bolletta elettrica, ma neppure la gabella televisiva, visto che ora sono maritate. Pagare le tasse è un dovere costituzionale, ma non c’entra nulla con il famigerato canone RAI che serve solo a coprire sprechi, a strapagare alcuni dilettanti ‘’amici degli amici’’ con stipendi da nababbi, e a ripartirsi l’informazione con lottizzazioni assurde fra i partiti politici: tutto ovviamente sulle spalle del cittadino costretto a subire un dis-servizio pubblico, e a pagarlo pure a caro prezzo. La ciliegina sulla torta è stata la pubblicazione on-line degli emolumenti percepiti dai manager RAI (non è dato di sapere che forma di management esercitino quei 100 signori  super-dirigenti?..) anche ben superiori al tetto dei 240 mila euro previsto per i dirigenti della Pubblica Amministrazione: la rabbia del cittadino normale per questa ulteriore beffa non si è sopita, mentre la bufera mediatica è durata un paio di giorni per scomparire poi rapidamente dai TG pubblici. Ma c’è di più, qualcosa di incredibile ed al tempo stesso immorale; la questione più imbarazzante è relativa al tetto degli stipendi pubblici che era stato inserito con i soliti proclami roboanti, ma poi raggirato dai soliti ‘’furbetti del quartierino’’ di viale Mazzini col consenso dei compagni politici. Un vero e proprio aggiramento della legge appena varata! Infatti per il comune cittadino la RAI è ente pubblico, ma in realtà –guarda caso poco dopo il varo del tetto-  ha cambiato pelle ed è diventata quasi privata, o meglio un intruglio pubblico-privato, con la quotazione in borsa e l’emissione di obbligazioni (emissione di bond per 350 milioni): con questo escamotage, ovviamente approvato dal governo essendo il Ministro del Tesoro l’azionista principale, il tetto stipendiale veniva meno, e la RAI, grande azienda su un mercato competitivo (boom!!) poteva agire liberamente accaparrandosi i migliori manager,  pagandoli no-limit, con le stesse esenzioni previste per le grandi industrie e società (ENI, ENEL, FINMECCANICA, ecc…). A pensar male viene spontanea una considerazione; visto che le nomine sono state fatte in fretta e furia senza attendere che l’ineffabile DG-RAI varasse almeno quel piano editoriale ed un necessario ‘’business plan’’ più volte promessi, ed ora previsti per fine d’anno, cosa impediva di farle in quella circostanza, a dicembre prossimo, dopo averli esaminati per bene? Non sarà mica dovuto al fatto che a novembre ci sarà il referendum costituzionale e quindi ci volevano dei nominati mediatici riconoscenti e del tutto fedeli al ‘’sì’’ che, così, possono fare propaganda in avanti ed in anticipo?  Se così fosse c’è solo da augurarsi che il tutto si ritorca ‘’a manico d’ombrello’’ e prevalga un saggio ‘’NO’’; come possono pensare questi sbarbatelli di cambiare la Costituzione che mise d’accordo tre anime dello Stato italiano, quella cattolica, quella socialista e quella liberale, quando ora sarebbe partigiana, ‘’cicero pro domo sua’’, scritta solo col rosso, e sicuramente pasticciata ad arte? Da quelle componenti e dai nostri Padri si è realizzata una Costituzione ancora validissima, soprattutto per quanto riguarda la prima parte, che tutti dovrebbero ritenere intoccabile, perché ci sono delle affermazioni di principio e dei capisaldi che non possono subire modifiche, né essere derogati.  Lo scandalo delle nomine era ovviamente ben noto alle alte sfere che ora si meravigliano assai e, di fronte alle proteste dell’opinione pubblica, cercano di metterci una pezza promettendo provvedimenti e bla, bla: la presa per i fondelli continua e pure la retribuzione di quei dorati e immeritati compensi. Viene spontaneo un semplice paragone con personaggi della P.A.  ‘’diversamente trattati’’: il Comandante della Flotta della Marina, per esempio, che ha la responsabilità di 20000 uomini imbarcati su navi, sommergibili ed aeromobili, con un livello di rischio incommensurabile col capo della RAI, ha uno stipendio di un quinto del DG della RAI e la metà di quello di un commesso a Palazzo Chigi. Per tacere del fatto che tale incarico si raggiunge dopo 40 anni di valutazioni, di verifiche sulle qualità professionali, morali, di carattere e di Comandi/ Direzioni svolte sempre in modo eccellente e con grande efficienza, supportate dal senso del dovere e ‘’di servizio pubblico vero verso la collettività’’, e del relativo ‘’giuramento’’ che impone perfino il sacrificio della propria vita: un paragone che non regge, ma che non ha alcuna logica e razionale giustificazione in questo strano paese, se non la demagogia e lo strabismo iniquo del nostro sistema politico.

stipendi-dirigenti-rai-Sul tema degli sprechi e della gestione del carrozzone RAI sono stati scritti articoli-inchiesta e tomi molto dettagliati che, tuttavia, anziché portare a radicali modifiche di quel pseudo servizio pubblico, aldi là di qualche annuncio di facciata, e di una farlocca vigilanza, hanno consentito di continuare nella gestione Cesaria, incrementando le assunzioni, le parcelle e le prebende per i dipendenti. Ricordo, fra i vari scritti, un libro illuminante –datato, ma estremamente attuale-sulle nefandezze della RAI, dal titolo emblematico ‘’RubeRai’’; una sorta di inchiesta condotta da Bechis, puntava il dito sull’inefficienza fallimentare di quell’azienda e sugli sprechi trasversali da sempre esistenti.  Dagli abnormi emolumenti concessi a pioggia a dipendenti e consulenti, alla scadente professionalità degli organici, al paradossale incremento ad ogni cambio di management, alle elargizioni a piene mani a personale esterno all’azienda chiamato a fare qualche misero programma e, per finire, scarso, intempestivo, quando non partigiano servizio pubblico fornito da ‘’mamma Rai’’. Cioè un’azienda in rosso sotto ogni profilo, che di servizio pubblico faceva – e fa, purtroppo-  davvero poco e male, nonostante il cospicuo ed ingiusto canone esborsato dal cittadino, cui si sommano le prebende pubblicitarie presenti ormai nella stessa misura di altre TV private. Uno stipendificio per pochi eletti, prima indicati dai partiti per un fariseo pluralismo, ora in modo monotematico, dal Governo, a cui si sommano i raccomandati, col fenomeno imperante del clientelismo o anche del più spregiudicato familismo (provate a vedere nei crolls i nomi dei vari inviati e noterete qualche omonimia con cognomi famosi dello ‘’scatolone nero’’). Nonostante il Paese sia in crisi ed il lavoro manchi, alla RAI si va a gonfie vele, tant’è che un nugolo incredibile di dirigenti e giornalisti ‘’fortunati’’ di via Mazzini continuano a percepire stipendi extra large, smisuratamente large ed immotivati; lo scandalo è duplice: un centinaio di stipendi superiori al famigerato ‘’tetto’’ stabilito dal governo per i dipendenti pubblici, con una serie di servizi e di ‘’operatività’’ che fanno pena!  Per superare l’impasse del ‘’tetto’’ sembra che quelli di via Mazzini siano diventati anche imprenditori privati in modo da by-passare quel fastidioso limite superiore stipendiale: ora è tutto legale, ma palesemente illegittimo visto che quei soldi sono frutto di un palese raggiro, orchestrato. Non è, per caso, che addirittura non si applica a quei ‘’paperoni’’ neppure quel ‘’premio di solidarietà’’ a cui debbono soggiacere tutti i dipendenti pubblici per compensare l’welfare, ridistribuirlo ai meno abbienti, ultra-tassando con quel 6, 12 o 18%, a seconda dell’entità degli emolumenti, o pensione, comunque per una solidarietà opinabile e dettata per legge? Una verifica sarebbe più che doverosa, ma nessuno ne parla!      Tutti d’accordo, politici, giornalisti, direttori: l’importante è trovare il sistema per mettersi i soldi del cittadino – e tanti-  in tasca, poi che il servizio sia di buon livello o meno, è un optional. Se dipendesse da molti la RAI potrebbe chiudere i battenti, altro che tenere in piedi tre reti e varie altre nate solo per soddisfare le gole profonde e non certo sulla base di meriti, e della ‘’customer satisfation’’ che non c’è! Nonostante i proclami dei vari direttori e presidenti che si sono alternati negli ultimi 30 anni, la compagine RAI continua a lievitare, lievitano i compensi sia di chi è in organico ma anche di esterni ed ex (si paga anche chi non ha incarico!!): ciò che stenta a lievitare è la qualità dei servizi (ora abbiamo su RAI 1 ‘’teche-techè-tè’’, uno sconcio che solo la ‘’mamma’’ ha l’ardire di trasmettere…) e la prontezza nell’informazione (mentre su altri canali quando succede l’imprevisto c’è subito uno speciale, la RAI va in onda anche con gli  attentati o le catastrofi con tutta calma, dopo ore o giorni…).   Un altro tomo illuminante sugli sprechi italici fu scritto dall’onorevole Costa ormai quasi vent’anni fa; fra quelli più eclatanti, trasversali e quindi a prescindere dal colore politico del governo pro-tempore, figuravano quelli della RAI con paginate di nomi di alcuni noti personaggi (da Baudo a Giurato, e via dicendo con compensi dell’ordine del miliardo di lire) cui si sommavano una sterminata sfilza di questuanti (ora andrebbe aggiunto pure quel ‘’famoso’’ Marrazzo, rientrato dalla porta di servizio, quale corrispondente estero con lauto stipendio, perché la ‘’mamma’’ non abbandona mai nessuno…) che godevano di prebende non inferiori ai 200 milioni (i più sfigati): ora, con una strana bacchetta magica si sono trasformati, grazie alla ben nota divisa europea, in milioni di euro per i primi e corrispondenti centinaia di migliaia di euri per quegli altri. E poi i nostri governanti hanno il coraggio (meglio la spudoratezza..) di promuovere la spending review (sempre invocata e mai realizzata..) per dar da bere agli allocchi che si eliminano gli sprechi? E’ esattamente la stessa litania del referendum costituzionale autunnale che, se si vota affermativamente, produrrà le riforme necessarie per il Paese, e servirà – secondo quanto dichiarato dalla Boschi- anche a combattere il terrorismo: nient’altro? Demagogia e populismo, improvvisazione e annuncite sono gli ingredienti del nostro tempo, con una buona dose di scaltrezza e di arrivismo ad ogni costo: a loro interessa solo il potere, la cadrega, i soldi, mentre il resto poco importa.

Il caso RAI, per cui sono stati fatti annunci roboanti di riforme e review mai realizzate, è emblematico; fornisce un insulso quanto inesistente servizio Pubblico, un’informazione di seconda o terza mano, quasi sempre tardiva e mai ‘’combat- ready’’ quando succede qualcosa di imprevisto (al contrario di Sky, La7, ecc), pagata in gran parte con il pernicioso canone imposto al cittadino, ora per Legge! con una pletora di gente incredibile e di appalti esterni e clientele di ogni tipologia. Nei numerosi anni di vita, i conti di ‘’mamma RAI’’ sono sempre stati in rosso con una spesa quotidiana che negli anni –ricorda Bechis- è stata in media di circa 3 miliardi e mezzo di lire, al giorno, si capisce ( ed oggi triplicati fino a 9 miliardi di  lire/dì); cioè pari a 1,6 miliardi di euro all’anno: più o meno 3000 miliardi di lire, pari a 1,6 Mld di euro…tanto ci costa la RAI!!…).  Oltre 13.000 sono i dipendenti in servizio permanente, ma non bastano, anche se sono il triplo di quelli della Fininvest; tant’è che, non essendoci fra loro sufficienti ‘’professionalità interne’’, è invalso l’uso di appaltare tutto o quasi all’esterno: sono stati attivati oltre 150.000 contratti a tempo determinato, oltre ad un nugolo infinito di personaggi o ‘’clienti’’  occasionali (sembra oltre 600.000)  destinatari di lauti compensi. Ciò, oltre al fatto che essendo davvero ‘’miseri’’ gli organici (peraltro regolarmente ampliati, anche nei settori dirigenziali, ad ogni cambio di vertice..), questi  hanno lavorato spesso ‘’a straordinario’’ accumulando costi di oltre 4000 miliardi di vecchie lire!   Altro che spending review; ci vorrebbe un taglio di almeno il 50% degli organici ad essere benevoli, e al 100% sugli ‘’estemporanei’’, nonchè far rientrare quei grandi lavoratori dei  ‘’corrispondenti e inviati all’estero’’ nullafacenti ed ininfluenti (ma con note spese dell’ordine di oltre 200 mila euro  l’anno).   Quindi, se alla fine qualche coraggioso riuscisse a mettere mano a questi privilegi radicati e dovesse calmierare la più scandalosa e anomala situazione italiana, quelli della RAI non dovrebbero strapparsi  le vesti, perché le quasi 30 diverse indennità percepite resisteranno comunque, e soprattutto nessuno riuscirà mai a demolire quel medievale privilegio del diritto alla successione familiare che, contrariamente a qualche credo metropolitano, impera in RAI. La scure dovrebbe abbattersi senza remore  sugli sprechi, oltre che sugli ‘’infiniti’’ organici, almeno su quelli del budget pubblico con un controllo serio e terzo della spesa, evitando di ‘’buttare’’ oltre 3.000  miliardi di lire l’anno dei soldi del contribuente,  e ‘’n’’ miliardi per le consulenze, i contratti esterni, i personaggi illustri (sempre i soliti furbetti, clienti di basso profilo..) che bazzicano intorno a Piazza Mazzini.    Perché, quindi, non si è sottoposta, per esempio, la RAI ad una draconiana spending review,  come è successo alle FFAA, nonostante le proposte di Cottarelli e i ripetuti rimbrotti della Corte dei Conti ?      Lì, anche se i poderosi e giusti tagli invecchiassero i ranghi e fossero privi di un regolare ‘’turn over’’, non avrebbero gli stessi contraccolpi dei militari ‘’vecchietti’’, perché non sarebbero chiamati a combattere in prima linea, ma sempre seduti su comode poltrone.    Forse perché figli di un Dio diverso, ‘’maggiore’’, o portatori di una cultura particolare popolare e dunque depositari di un potere sociale molto ampio, intoccabile ? Probabilmente sì, ma sicuramente anche portatori di ovvie clientele e nepotismi che sono sotto gli occhi di tutti. E, allora, con questi presupposti, e con quelli messianici dichiarati dal premier per cui ‘’la RAI deve fare educazione, cultura e vera informazione sociale’’ (beninteso sponsorizzando il ‘’Sì’’ referendario!), la spending review diviene non più necessaria; anzi, aumentiamo gli organici, incrementiamo gli stipendi tanto i programmi RAI sono talmente appetibili e coralmente apprezzati che la mala gestione del pessimo servizio pubblico, la supina obbedienza del management, e le ingenti perdite saranno poste  a carico, per intero, degli italiani.  Chissà come mai in questa Italia ci sono questioni insormontabili, ancorché palesemente assurde; forse perché siamo di fronte ad un mito, quello della scatola nera RAI, incompreso, di cui la nostra società non riesce a fare a meno; forse siamo di fronte ad una misconosciuta industria dei miti in grado di far cortocircuitare finzione e realtà, apparenza e sostanza per farci dimenticare i veri problemi quotidiani; forse, molto più pragmaticamente, la RAI è il fondo di San Patrizio, una mucca da mungere da parte di centinaia di migliaia di questuanti organici ed in-organici che hanno la fortuna (così si dice ora..) di appartenere ad un clan speciale, dedicato al servizio pubblico ma con quattrini privati, e molti: quindi la RAI, che è un mito del nostro tempo, non si tocca; punto!   E, poi, non si sa mai che domani non ci tocchi qualche buon posto in RAI..  con gli amici giusti ed un po’ di fortuna!  Tutti teniamo famiglia.

C’è chi, per assicurarsi un futuro sereno per i prossimi vent’anni tenta la fortuna giocando ad ogni tabaccheria a ‘’Win for life’’, un gioco della Sisal che esorcizza la nostra insicurezza e garantisce quattromila euro mensili, esentasse, con una sorta di vincita a rilascio lento, un milione di euro parcellizzati in dosi omeopatiche; c’è invece chi ha la fortuna di avere i giusti agganci in RAI che non si accontenta delle paghette della dea bendata, ma quel milione o quasi di euro –quale antidoto speciale contro l’insicurezza- lo percepisce senza giocare e lo vuole distribuito all’anno, non in vent’anni.     Fra l’alea ed il vitalizio a rate, il povero giocatore, con una combinazione di aspirazioni ed illusioni, spera invano nello stellone della vincita al lotto; per contro il dipendente RAI vuole certezze tangibili, laute paghe, convinto che il servizio pubblico abbia quel plusvalore incalcolabile che ogni mito –come la TV-  ha in sé e irradia ai propri affiliati, in quanto trasmette cultura, educazione sociale e informazione…(che, tuttavia, non ha mai fatto): scandali o meno, la fortuna va orientata, perché spesso è bendata!   Ma si possono pretendere comportamenti virtuosi della PA e della RAI in particolare, quando i conflitti di interessi, le voracità della politica e le ruberie sono perennemente dietro l’angolo senza che nessuno se ne curi? Come se evitarli non fosse un preciso dovere morale dei rappresentanti del popolo! Il confine, e lo si vede ogni giorno, fra il lecito, l’opportuno e il malaffare è ormai confuso in una zona nebbiosa e indistinta che copre i furbetti. Caste, cricche e mafiette manovrano indisturbate, quando non coperte da faccendieri commisti con il potere; in questo paese si assiste bovinamente a palesi scandali, mentre le superiori Istituzioni tacciono di fronte a ruberie, a fameliche ingordigie e supponenze, alla smisurata sete di potere supportata surrettiziamente dai media, senza che nessuno batta ciglio. Forse abbiamo, ed hanno in molti, perso il senso della misura e dell’onestà, insieme col costituzionalmente richiamato comune senso del pudore, proni a qualunque stortura ed assuefatti dai nefasti –spesso ignoti- fatti di ogni giorno che, finiranno per annichilire, probabilmente, anche la nostra dignità.