In 29 pagine i tre giudici della Corte d’Appello di San Francisco hanno spigato i motivi per il quale il ricorso presentato dal Dipartimento di Giustizia è stato respinto: nella richiesta si affermava che il Presidente degli Usa è l’unico a poter decidere le politiche di immigrazione, che la Corte non considera tale e che inoltre “non vi siano prove che stranieri provenienti da uno dei Paesi citati quali Sudan, Siria, Iran, Iraq, Yemen, Libia e Somalia abbiano commesso atti di terrorismo negli Stati Uniti”.

usa-flagLa Corte d’appello federale di San Francisco ha respinto all’unanimità la richiesta del governo di reintrodurre il decreto, sospeso il 29 gennaio scorso. Ma Trump non si arrende e preannuncia che la battaglia legala va avanti. “Ci vediamo in tribunale, la sicurezza della nostra nazione è in gioco”, ha scritto su twitter il presidente degli Stati Uniti, che poi, parlando con i giornalisti, ha aggiunto: “E’ una decisione sulla quale vinceremo facilmente, secondo me”.

Nella sentenza lunga 29 pagine, i tre giudici hanno respinto all’unanimità la tesi del dipartimento della Giustizia secondo cui il presidente è l’unico a poter decidere la politica sull’immigrazione. La Corte del Nono circuito ha poi sottolineato come “non ci siano prove che stranieri provenienti da uno dei Paesi citati nell’ordine” (Sudan, Siria, Iran, Iraq, Yemen, Libia e Somalia) abbiano commesso atti di terrorismo negli Stati Uniti.

“Da una parte – scrivono ancora – la popolazione ha un forte interesse nella sicurezza nazionale e nella capacità di un presidente eletto di attuare le sue politiche. Dall’altra, c’è anche un interesse alla libertà di viaggiare, evitando separazioni di famiglie, ed alla libertà dalle discriminazioni”. Il dipartimento di Giustizia si è per il momento limitato a far sapere che “sta valutando la decisione” presa dalla Corte di San Francisco “e considerando le opzioni”.