usuraE’ appena uscita nelle librerie giuridiche e online la II edizione del volume “L’usura nel contenzioso bancario”, edito da Maggioli Editore. Scritto da Roberto Di Napoli, avvocato del foro di Roma, autore di altre pubblicazioni in materia di contenzioso bancario e di difesa dei consumatori e, sin dal 2004, difensore in varie parti d’Italia quasi esclusivamente a tutela di utenti bancari, il volume, malgrado l’impostazione tecnica giuridica, illustra con chiarezza quali sono le principali questioni controverse ai fini della verifica di usurarietà di un rapporto bancario, le tesi contrapposte e i possibili strumenti di difesa.

Il testo -proprio per la specificità del fenomeno dell’usura bancaria che, in questi anni, ha visto numerosi utenti vittoriosi, quantomeno in sede civile- costituisce una parte speciale o appendice di “Anatocismo bancario e vizi nei contratti”, edito sempre da Maggioli Editore e scritto dallo stesso autore, che, dal 2005 ad oggi, nelle varie edizioni, ha venduto oltre 12 mila copie.

In un periodo in cui si contrappongono, da una parte, interventi normativi di salvataggio di banche -talvolta ai danni di risparmiatori e dei contribuenti- e, dall’altra parte, imprese (anche storiche) le quali, piuttosto che essere salvaguardate, sono vessate da pretese bancarie (oltre che da società di riscossione) che, all’esito di giudizi, si rivelano ingiuste e non fondate, il volume “L’usura nel contenzioso bancario” non solo illustra gli strumenti di difesa da pretese usurarie ma, aggiornato con la più recente giurisprudenza, fornisce una “panoramica” delle più frequenti argomentazioni difensive sia da parte delle banche che degli utenti bancari.

Si ricorda che l’art. 644 del codice penale prevede e punisce il reato di usura commesso da “chiunque” si faccia promettere o dare, in corrispettivo di una prestazione di denaro o altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari e, secondo quanto disposto dall’art. 2 della legge 7 marzo 1996 n. 108, sono usurari gli interessi che superano il cosiddetto “tasso soglia” determinato trimestralmente dal Ministero dell’Economia sulla base del tasso medo rilevato, per categorie di operazioni, “sentita” la banca d’Italia e l’ufficio Italiano dei cambi con l’aggiunta di un quarto cui si aggiunge un ulteriore margine di 4 punti percentuali (fino all’entrata in vigore del d.l. 13 maggio 2011 n. 70, conv. in l. 12 luglio 2011, n. 106, il tasso soglia era determinato dall’aumento della metà dei tassi medi). Ai fini della determinazione del tasso di interesse convenuto o concretamente applicato e della conseguente verifica del superamento del tasso soglia -e, dunque, dell’usurarietà- il legislatore, sin dal 1996, ha sancito che deve essere considerato ogni interesse, costo, commissione e spesa escludendosi soltanto le imposte e tasse (che, dunque, non concorrono ai fini della determinazione del cosiddetto TEG).

E’ possibile che, ai fini della verifica dell’usurarietà, siano utilizzate formule diverse dall’unico metodo di calcolo desumibile dalla norma? E’ possibile che vi sia una distinzione di metodo di calcolo a seconda di chi sia l’accusato? Può una circolare, diffusa sin dal 1996 dalla Banca d’Italia alle banche, contenere una metodologia di calcolo diversa (e più favorevole a queste ultime) dall’unica che si desume dalla norma di legge oltre che dai più elementari principi contabili?

La questione che deve fare riflettere –afferma l’autore- non è solo giuridica né si tratta solo di numeri. Si dovrebbe chiarire, innanzitutto, se il reato di usura debba valere e debba essere severamente punito chiunque sia l’autore, oppure, se può consentirsi alle banche di superare impunemente il limite previsto dalla legge. Giudici molto attenti, a dire il vero, negli anni, hanno più volte condannato le banche a restituire importi –anche ingenti- indebitamente percepiti o dichiarato illegittime pretese di pagamento di importi riconosciute non fondate. Non si può negare, tuttavia, a mio avviso, che vi sono anche imprese distrutte o danneggiate da pretese illegittime o, addirittura, a causa anche della sola segnalazione nelle centrali rischi, utenti danneggiati da fideiussioni o garanzie per finanziamenti, a volte, nemmeno effettivamente erogati ma destinati a coprire il saldo determinatosi negli anni a causa di clausole nulle. La giurisprudenza ha più volte chiarito la responsabilità degli organi apicali, dei vertici, di qualsiasi impresa, ragion per cui chi svolge un mestiere e, dunque, a maggior ragione chi ha potere decisionale, non può non conoscere la normativa che consente di sapere se quella pretesa è fondata o meno e, al tempo stesso, i danni che una pretesa illegittima può comportare. Dietro quell’utente bancario, spesso, vi è un’impresa che già deve impegnarsi per essere sul “mercato”, deve pagare i dipendenti ed essere in regola con tributi e contributi e deve restituire quanto ricevuto in prestito oltre ai legittimi interessi. Legittimare pretese usurarie che, qualora avanzate da altri soggetti, verrebbero, senza dubbio, punite, comporta la compromissione di imprese che dovrebbero costituire il polmone, l’ossigeno di un’economia: sono immaginabili i pregiudizi ai danni della produzione nazionale, della collettività e dei contribuenti; per non parlare dei riflessi sulla salute e sulla vita degli utenti che non hanno il coraggio o la forza di ribellarsi o che non riescono ad avere una giustizia celere”.

Si riporta di seguito un passo della prefazione della II edizione del volume “L’usura nel contenzioso bancario”:A distanza di quasi tre anni dalla prima edizione, non si può dire, tuttavia, che sulla rilevanza degli oneri ulteriori rispetto agli interessi corrispettivi -quali le commissioni di massimo scoperto sui rapporti di conto corrente o gli interessi moratori, le commissioni per estinzione anticipata o i premi per polizza assicurativa- e, soprattutto, sul metodo di calcolo ai fini della determinazione del TEG si sia consolidato un orientamento giurisprudenziale univoco. Anzi. Sulle commissioni di massimo scoperto, la Corte di Cassazione, I sezione civile, con due pronunce tra giugno e novembre 2016, ha ribaltato quanto era stato riconosciuto dalla sezione penale in merito all’inidoneità delle Istruzioni della Banca d’Italia a dettare formule di calcolo incompatibili con il criterio prescritto dalla norma penale. Entrambe le sentenze, che, già all’indomani della loro pubblicazione, non hanno trovato unanime condivisione né dalla giurisprudenza né dalla dottrina lasciano, però, tuttora alcuni interrogativi cui sarebbe stato opportuno fornire risposta. E’ possibile, sia sotto il profilo scientifico-matematico sia sotto quello giuridico, che, per calcolare un costo complessivo, possano esservi formule diverse a seconda che siano destinate a fine statistico o di controllo sul rispetto della normativa antiusura? La legge attribuisce il compito di rilevare i tassi medi alla Banca d’Italia o al Ministero del Tesoro (ora MEF)? L’unica certezza sembra essere l’incertezza: vi è un contrasto sull’inclusione o meno di costi ai fini della verifica dell’usurarietà che, dal tenore letterale della normativa di cui alla legge 7 marzo 1996 n. 108, non dovrebbe sussistere e che coinvolge anche gli altri oneri generalmente previsti nei principali contratti di finanziamento. In un senso o nell’altro, la giurisprudenza si è arricchita di pronunce, alcune delle quali articolate nel giustificare una tesi piuttosto che l’altra visto che il contrasto non è limitato alla rilevanza o meno di alcune voci di costo, bensì, esteso anche a quello se sia necessario che gli oneri siano anche effettivamente pagati o se sia sufficiente la sola loro pattuizione affinché gli interessi o i vantaggi possano qualificarsi “usurari”. (…) Varie ordinanze, emesse nell’ambito di procedimenti di opposizione all’esecuzione, hanno confermato la tesi dell’onnicomprensività degli oneri ai fini del calcolo del TEG e, spesso, in un’ottica di prudenza a salvaguardia dei diritti dell’esecutato, è stata disposta la sospensione di procedure esecutive.
Sotto il profilo penale, a fronte di pronunce latu sensu assolutorie, altri giudici hanno emesso sentenze di condanna o provvedimenti di rinvio a giudizio nei confronti di responsabili di banche (…..)”.

L’autore: Roberto Di Napoli, avvocato del foro di Roma, si occupa della problematica dei vizi nei rapporti bancari sin da prima dell’inizio della professione forense essendosi laureato in giurisprudenza, nel 2000, su “Il mutuo ad interesse usurario”. Nel 2005, dopo avere assunto la difesa di utenti bancari in un periodo in cui, pur essendo il fenomeno conosciuto, minore era, di certo, il numero di utenti bancari che “si ribellavano” e di professionisti che si dedicavano alla materia, è stato pubblicato il suo primo libro “Anatocismo e vizi nei rapporti bancari”, edito da Maggioli Editore, che ancora oggi, giunto alla V edizione con oltre 12 mila copie vendute, costituisce un manuale ben conosciuto non solo da avvocati e consulenti contabili ma anche da imprenditori che si trovano costretti a difendersi da pretese bancarie. Ha scritto, inoltre, per la stessa casa editrice, altri volumi analogamente apprezzati, tra i quali, “Risarcimento del danno da vacanza rovinata”, IV ediz. 2015; “Responsabilità e risarcimento nel codice del consumo”; “200 modelli per la difesa del consumatore” nonché articoli su riviste giuridiche telematiche. Partecipa, spesso, quale relatore a convegni e seminari divulgativi o tecnico-specialistici ed è stato, spesso, ospite di trasmissioni radiofoniche o televisive. Dal 2007 è titolare del blog “per la difesa dei diritti civili” www.robertodinapoli.it .