La gestione dei migranti, fra le ambiziose mosse di Macron e la fragilità libica.

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Finalmente una mossa giusta nell’ormai ineludibile controllo e gestione dell’abnorme, e indiscriminato, flusso migratorio in partenza dalla Libia e diretto nei porti italiani. Martedì 1° Agosto, il Governo italiano sulla scorta della formale richiesta di Serraj, dovrebbe decidere, acquisito il parere del Parlamento, sull’avvio di una missione navale a supporto della Guardia Costiera libica, al fine di meglio controllare i flussi migratori e fornire alla stessa adeguate forme di protezione: il condizionale è d’obbligo viste le altalenanti dichiarazioni degli attori principali sul territorio libico. Dopo anni di inazione gestionale, motivata esclusivamente da un singolare, e spesso vagotonico, approccio umanitario in nome di una “totale accoglienza”, la situazione degli sbarchi e, per meglio dire dei recuperi e soccorsi di quei poveracci, ha avuto un forte incremento attraverso il Canale di Sicilia aggravata dalla presenza delle Navi ONG (per cui è stato giustamente approvato uno specifico “ Codice di condotta” già trattato in un precedente articolo…) e dalla chiusura dei confini dei nostri Paesi vicini, con un insostenibile ingolfamento nel nostro territorio: abbiamo subito il fenomeno e i relativi costi di vario genere, senza che i Paesi dell’Unione europea muovessero un dito o mettessero mano alla tasca della solidarietà per coprire almeno parte delle ingenti spese (stimate in 4,8 miliardi di euro), rimaste solo e sempre a carico del cittadino italiano.
Ciò senza distinguo, che si trattasse di profughi aventi titolo all’asilo in quanto fuggiti da teatri di guerra, ovvero di migranti cosiddetti  Economici che, non avendo titolo sotto il profilo del diritto internazionale, potrebbero essere accolti o meno dalle varie Nazioni in rapporto al loro flusso e, quindi, alla disponibilità, alla situazione economica e sociale e alla volontà sovrana di quel Paese. L’Italia non è nelle condizioni di far fronte, da sola, per fermare quel fenomeno, ma può fare moltissimo per gestirlo, dando segnali coerenti per evitare l’attuale assedio, il collasso del tessuto sociale, e il foraggio del crimine organizzato, conseguenze di una improvvida quanto tollerata invasione.
Ben venga quindi la decisione – o forse è meglio parlare di ipotesi unilaterale, e assai “ballerina”, col governo Serraj –  di impiegare le Navi della nostra Marina Militare anche nelle loro acque territoriali TTW in supporto e a protezione della Guardia costiera libica impegnata nelle operazioni di recupero e riporto, d’ora in poi, nei sorgitori di partenza dei migranti . Una missione certamente complessa e complicata sia per il contesto geopolitico di fragilità in cui si svolge, e di ostilità dei vari attori libici, ma soprattutto per gli interessi di attori esterni – in primis francesi – sia sul piano economico che energetico, senza trascurare il fatto che attorno ai migranti ruotano enormi interessi e business ormai radicati e manovrati da finanziari di Londra, Parigi e Vienna. Una missione che, sul piano operativo e della condotta, risulterà piena di impervietà e di imprevisti, ma il cui esito dipenderà essenzialmente dalla nostra volontà politica e di quanto saremo bravi e duri nei confronti di malevoli intruders, politici o faccendieri, che faranno di tutto per farla naufragare.
Non ci sono dubbi che la sola adozione di quella missione navale ha comunque significati di rilievo, del tutto innovativi rispetto alle meline e alla totale acquiescenza di quel fenomeno: in primis un segnale forte che l’Italia è stufa di subire una migrazione divenuta abnorme ed insostenibile; in seconda istanza una potenziale forma di deterrenza nei confronti di quei criminali scafisti, ma anche di implicita dissuasione nei confronti dei migranti economici o di convenienza per cui quell’autostrada Libia-Lampedusa diventerà accidentata se non interdetta; infine la presenza delle nostre Navi nelle loro TTW in supporto e cooperazione con la Guardia Costiera libica, richiesta esplicitamente dal riconosciuto governo Serraj, dovrebbe accreditare ulteriormente il nostro Paese, anche per le future intraprese industriali ed energetiche, peraltro già presenti nell’area, ENI in particolare.
Finalmente una mossa che va nel senso giusto, a tutela dei nostri interessi, perfino della nostra sovranità nel controllo sacro dei confini, e comunque un atto di governance atteso ed auspicato da tempo; da anni infatti stiamo proponendo una ipotesi di soluzione del tutto simile a quella adottata in Adriatico, a seguito dell’esodo balcanico del conflitto kosovaro, con accordi con la controparte libica che prevedano un “distacco” di nostre Unità navali, e reparti del San Marco, nelle loro TTW per assistere e supportare la Guardia Costiera locale nel controllo dei flussi, e per evitare – cosa assai più umanitaria di coloro che spingono per le traversate – che quei barconi gestiti da personaggi senza scrupoli e privi di ogni sicurezza, e pieni di umanità malconcia, finissero a migliaia in fondo al Mediterraneo. Non solo; ben si conosce la situazione in Italia dei migranti che, incontrollati nei famigerati centri di accoglienza, fuggono dalla disperazione per tentare le rotte del Nord, quando non sono subito prede di gruppi criminali o diventano mine vaganti nelle nostre città: anche il Papa, che fino a ieri professava l’accoglienza no-limit, oggi sostiene che bisogna inibire quel traffico di esseri umani perpetrato da gente senza scrupoli!
Nessuno di buon senso, laico e/o celeste, può mettere la testa sotto la sabbia per non vedere; così come nessuno, tanto meno chi ha competenze e responsabilità istituzionali, può sottacere le difficoltà intrinseche della missione navale, voluta da Serraj debolmente appoggiato dall’ONU e dall’Italia, in contrasto con il ben più potente Haftar capo di un altro governo ombra a Tobruk, sostenuto per motivi diversi da Paesi di rilievo, dalla Francia, all’Egitto, e perfino, fra gli altri, da Putin. Come si è visto di recente, il maggiore attivista nel settore è, per evidenti interessi di parte e di mai tramontata “grandeur”, il neo-presidente Macron che è riuscito a coinvolgere i due maggiori “capi”, Serraj ed Haftar, ospitandoli a Parigi ed macronottenendo, almeno sulla carta, la cessazione delle ostilità, senza considerare che ci sono almeno altre cento tribù che non riconoscono alcuno di loro…: il suo obiettivo non era certo quello di fare da paciere, ma creare condizioni più franco-favorevoli per accaparrarsi il gas e il petrolio, con l’insediamento della Total e di altre società per lo sfruttamento di quelle ingenti risorse, facendo le scarpe ai cugini italiani. Non è una novità che i francesi ci provino da secoli; fin da quando l’Italia si era rivolta verso la “quarta sponda” nei primi anni del secolo scorso, le maggiori ostilità si palesarono proprio dalle nazioni colonialiste per eccellenza, fra cui Francia e Inghilterra, irritate dalla nostra mossa “imperialista” (senti chi parla: proprio la Francia aveva già allora un gran numero di possedimenti coloniali nel continente africano…); più recentemente, nel 2011, è cosa ben nota che Sarkozy ha brigato mari e monti per costituire una Coalition  portando la guerra in Libia, con lo scopo falsato di combattere e destituire Gheddafi, ma avendo ben chiaro l’obiettivo di accaparrarsi le risorse energetiche e di gas, scalzando gli italiani: nulla di nuovo sotto il sole. Cambia soltanto l’obiettivo della manovra, ma l’End State (lo scopo vero ed ultimo…) è lo stesso, e visto che Gheddafi non c’è più, il flusso migratorio diventa lo specchietto delle allodole, ammantato di ipocrita umanità verso quella gente, visto che lo stesso Macron sostiene di essere d’accordo nell’ospitare i soli profughi, cioè circa il 3% del flusso, lasciando il resto agli altri.
Non c’è che dire; la spregiudicatezza del neo-inquilino dell’Eliseo, prima adulato anche oltralpe come grande liberale e speranza europeista, si sta rivelando un cinico giocatore di poker (pensiamo al tiro mancino fatto alla Fincantieri con i cantieri St-x, giocando la carta della “temporanea nazionalizzazione” pur di non cederli all’Italia, ed altro…), sbandierando la pace ai quattro venti, mentre pensa solamente alla grandeur della Francia, punto. Altro che Europa e solidarietà: addirittura dal suo comportamento in questi primi 100 giorni, sembra voler ambire a ricoprire il ruolo di “super-mediatore” anche fra le grandi potenze USA e Russia, e nella vexata-questio israelo-palestinese. Mah! Non gli basta il ruolo di capo della Francia, ma la sua smodata ambizione sembra proiettarlo verso la leadership del Mondo globale.
Intendiamoci, per certi aspetti fa il suo mestiere e gli interessi della propria nazione, superando scogli interni (le recenti dimissioni del Capo della Difesa perché si era lamentato dei tagli alle FFAA…) e manovrando astutamente e cinicamente su quelli esterni: non avrebbe anche il Bel Paese bisogno di qualcuno che tutelasse la nostra sovranità, si facesse rispettare nei contesti internazionali, mettesse alla frusta i malavoglia ed i mariuoli interni, e curasse lo sviluppo (non i saldi) delle nostre industrie strategiche, puntando sul benessere del proprio popolo? Un forte auspicio, con un pizzico di invidia.
Bisogna però fare attenzione e calarci sulla realtà che in qualche misura ci coinvolge. E’ chiara la sua ambizione di diventare “il boss” della Ue, con il tricolore giacobino che sventola su Bruxelles e non solo sull’Eliseo, in modo da porsi come contraltare nei confronti delle grandi potenze: peccato che manchi ancora quell’unione politica – essenziale – fra gli Stati membri, accomunati da sempre soltanto da una comunità economica e della divisa dell’euro. L’escamotage per arrivare ad una unione politica vera è quello di risuscitare il vecchio progetto della CED, la comunità europea di Difesa, cioè un Esercito europeo. Che, nonostante tutto, fin dal 1953 non riuscì a superare il veto proprio del parlamento francese, e dunque fallì per il futuro: ma oggi “Lui” ha una dominanza parlamentare così ampia, ed una tale ambizione personale quasi napoleonica, che potrebbe riuscirci. L’uscita di scena dalla Ue della Gran Bretagna lo favorisce assai, in quanto mai gli inglesi avrebbero condiviso (l’hanno affermato in tempi non sospetti) le loro FFAA con quelle europee in una sorta di Difesa comune; ora la Francia è rimasta l’unica, fra gli Stati membri, ad avere un armamento atomico e continua indefessa a partecipare a vari conflitti anche da sola, con una propria politica estera avulsa dalla Ue: chi è quello sprovveduto che, illudendosi di avere una reale Difesa europea, pensa che “i cugini” pongano quel potere nucleare in mano ad un Capo della Difesa diverso da un francese? Chi può pensare che il neo-Macron rinunci a queste due prerogative fondamentali, dal nucleare ad una propria politica estera che gli consente ora di intervenire dove e quando vuole soprattutto nei vecchi possedimenti del continente Nero?  Come poteva cedere il polo cantieristico a Fincantieri e quindi agli italiani, se il disegno globale è quello di accaparrarsi le industrie del comparto Difesa, caso mai fagocitando quelle sparse nelle varie nazioni sotto il tricolore francese? Emblematico è anche il recente accordo con la Merkel per l’avvio di un progetto aeronautico joint, relativo ad un caccia di ultima generazione che superi l’EFA, escludendo la partecipazione italiana. E’ lapalissiano che una reale Forza armata europea che non sia sotto l’egida e il comando della Francia, non ci sarà mai; e quindi neppure una vera politica estera e di sicurezza della Ue, malgrado la presenza fittizia della Mrs PESC.
Certo sarebbe paradossale che proprio i francesi riuscissero con Macron a far breccia sull’Ue, trovando una saldatura “politica” dell’Unione attraverso la Difesa comune; sarebbe un incredibile successo sia sul piano politico che industriale (anche il nostro Leonardo potrebbe essere fagocitato dalle società oltralpe, o quanto meno spezzettato opportunamente…), pur essendo tutto sommato anche “anti-storico”: la Francia è stata quella che ha sempre portato avanti a parole le varie “Comunità”, dalla economica CECA degli anni ’50, alla sunnominata CED per la Difesa, e via dicendo, salvo stopparle al momento giusto per loro. Né torna a credito dei “cugini” l’aver sbandierato con Valery D’Estaing, nei primi anni 2000, la Costituzione europea fatta a misura transalpina, ma che ha avuto una sonora sconfitta referendaria nel 2004 ed in qualche modo surrettiziamente riprodotta col Trattato di Lisbona, passati 5 anni da quella bocciatura…: questa è la Storia che li caratterizza, il loro europeismo e la relata grandeur. E c’è da aspettarsi che certi cromosomi e caratteri delle personalità non siano estinti, neppure col neo-presidente: quindi “warnings” quando ci sarà da discutere sulle nuove (si fa per dire…) FFAA europee, onde evitare ulteriori fregature che riguarderebbero non solo gli uomini con le stellette, ma il futuro stesso delle nostre industrie della Difesa.
Lasciamo Macron alle sue velleità, e vediamo ora di approfondire gli aspetti operativi della presunta (speriamo si concretizzi…) missione navale in Libia. A premessa va detto che esiste già, la cd. Operazione navale Mare Sicuro con compiti da adattare al contesto ed al supporto diretto alla G.C. libica, e che può concretarsi nel pattugliamento con Unità navali e aeree per la sorveglianza nelle TTW libiche soprattutto di fronte ai porti di Zwara e Sabratha, da dove parte la gran quantità di barconi. Scoperta preventiva, identificazione e transfer dei contatti alla loro Guardia Costiera avvalendosi delle forze in mare con l’ausilio di elicotteri e droni, ma con compiti aggiuntivi di protezione a supporto delle loro motovedette, spesso oggetto di fuoco da parte dei trafficanti, quando intercettati. Un OPORD, ordine di operazione, piuttosto semplice anche se complesso nella sua attuazione, che prevede la presenza in zona di 4-5 Navi qualitativamente idonee, di cui almeno una anfibia (tipo San Giusto) dotata di mezzi da sbarco e robuste motobarche, ed una Unità sede del Comando per la pianificazione, il coordinamento e la condotta delle operazioni e degli eventuali interventi, prevedendo la presenza di 1-2 sommergibili per la scoperta anticipata ed occulta di quei mezzi. Naturalmente, vista la possibilità di eventuale uso della forza per proteggere le MMVV della loro G.C., è essenziale che siano presenti a bordo adeguati Nuclei di Fucilieri del Reggimento San Marco.
La missione non sarà una passeggiata, ma se sarà ben impostata riuscirà a contenere quel flusso migratorio e dissuadere i facinorosi scafisti dall’avventurarsi per mare così tranquillamente come stanno facendo ora; tutto dipenderà dalle Regole di ingaggio approvate  e dall’autonomia responsabile lasciata al Comandante in mare, che non può avere alcuna dipendenza da eventuali comandi terrestri situati in Libia (che quindi non debbono essere realizzati), ma con la consueta dipendenza operativa dalla Squadra Navale.  Le ROE debbono essere flessibili ed adeguate allo scenario, con un ampio regime di delega al Comandante in mare per evitare lungaggini e perdite di efficacia negli ipotizzabili interventi protettivi; bisogna che gli staff dello Stato Maggiore della Marina e Difesa si spremano le meningi per ipotizzare qualsivoglia “case scenario” onde evitare che si ripetano situazioni deprecabili come quelle che hanno visto coinvolti i nostri 2 Fucilieri di Marina, in operazioni anti-pirateria nell’Oceano indiano: responsabilità, deleghe e tutele chiare ed esaustive, soprattutto nell’uso della forza per evitare che al primo incidente in cui un migrante o anche uno scafista viene ferito o peggio, il Comandante venga incriminato e posto sul patibolo: sarebbe la vittoria di quei trafficanti di esseri umani subito consapevoli della auto-pericolosità dell’uso della forza da parte della Marina, e quindi una fine ignominiosa della stessa missione.
Nonostante tutte le incognite e le variabili insite nella missione, e le recondite speranze macroniane nel naufragio dell’impresa, la Marina Militare ha tutta l’esperienza e le reali capacità nell’adempiere con efficacia a quei compiti: basta dare ordini chiari e, finalmente, anche gli scafisti e quei trafficanti di esseri umani avranno i giorni contati, e con essi – forse – anche una buona fetta dell’attuale flusso migratorio, improprio ed ormai insostenibile.

Giuseppe Lertora