mare nostrum migrantiIl vertice di Parigi, voluto da Macron, con la presenza di Spagna, Italia e Germania e della Mrs. Pesc Mogherini, ma anche – oltre al premier libico al Serraj- dei rappresentanti di tre Stati dell’Unione africana – Niger, Ciad e Mali-  ha partorito un certo numero di misure condivise nei confronti dei flussi migratori che partono, transitano in quei Paesi, e arrivano nelle frontiere europee. Di prima acchito la riunione sembra aver messo d’accordo tutti o quasi, anche se va rimarcato che i Paesi africani interessati ma assenti, sarebbero decine, compresi anche quelli della sponda Est, come Somalia, Sudan e Eritrea che non hanno voce, pur essendo consistenti i flussi dei loro compaesani. I risultati finora emersi, quindi, ancorchè parziali, sembrano positivi ma è troppo presto per farci illusioni, visto che dai pregressi vertici sono uscite soltanto delle roboanti dichiarazioni di facciata, motivate da interessi nazionalistici, per aumentare il consenso politico locale oppure da fini elettoralistici: dalle prime battute sembra che la retorica abbia lasciato il posto ad una maggiore logica, ad una diversa determinazione e pragmatismo, del tutto condivisibili a fronte della deteriorata situazione in cui si trova a navigare il Vecchio continente.  La ‘’Cabina di regia’’ assegnata alla guida italiana, per il controllo e coordinamento delle relate attività, è motivo di soddisfazione, ma non poteva essere altrimenti considerato che il nostro Paese è quello che ha sofferto e soffre maggiormente, per vari motivi, della migrazione incontrollata, specialmente di quella clandestina, ma anche per i crediti nostrani correlati ai risultati nel settore che vedono ridotto il numero degli arrivati del 70% negli ultimi due mesi, da sempre considerati quelli più pesanti ( 3000 persone contro i 21000 del 2016..). Come in un film serio, oltre ad un buon regista, ci vogliono gli attori bravi e convinti di fare squadra, senza le primedonne, e senza che ‘’ognuno pensi per sé’’ nel deprecabile ed interessato presupposto che, anche a livello Ue, l’immigrazione sia un ‘’problema esclusivamente italiano’’.  Si tratta di passare dalle parole ai fatti, a quelle preannunciate ‘’azioni rapide’’ con una strategia comune, possibilmente avulsa dagli egoismi nazionali (gli interessi sono legittimi, ma non le iniziative capziose..) e dalle bramosie legate allo sfruttamento delle risorse energetiche presenti in Libia e quelle minerarie, altrettanto appetibili, dei Paesi coinvolti.
Resta qualche perplessità personale: come è possibile che in un meeting di mezza giornata a Parigi si trovino le misure più adeguate per l’immigrazione mentre sono passati lustri di totale disinteresse del problema, e l’Italia in particolare veniva ingolfata da un flusso insostenibile? Mah, speriamo bene e che non sia solo retorica.
Dopo anni di inazione ci voleva un Mininterno come Minniti, certamente forte della sua esperienza quale responsabile della Sicurezza e della nostra Intelligence, per dare segnali concreti in termini di controllo e gestione di quel fenomeno, attivandosi nei confronti di al-Serraj e di altri 14 sindaci delle città libiche maggiormente interessate dalla migrazione con accordi specifici, e con il concorso della Guardia Costiera libica, addestrata e supportata dalla nostra Marina Militare. Che, ora, può esercitare quel doveroso controllo sui flussi nella zona SAR di competenza, giustamente e legittimamente riattivata dal nuovo Governo libico, e riportando in costa presso i Centri di accoglienza gestiti dalle Nazioni Unite, quel flusso migratorio fatto per oltre il 90% di persone non aventi titolo all’asilo politico.  C’è voluto coraggio per invertire la rotta della barca Italia, e gestire con quasi un blocco il nastro trasportatore dei migranti verso Lampedusa, sia per le precedenti genuflessioni sul tema, ma anche per le ritrosie populiste interne al Governo e quelle esterne dell’Oltretevere che sbandierano sempre più il mantra dell’accoglienza totale, pena la scomunica ecclesiale o almeno quella del partito di appartenenza: finalmente un Ministro con gli attributi e le giuste competenze. Anche il Codice di Condotta imposto alle Navi ONG, che avevano di fatto riempito surrettiziamente un vuoto istituzionale apparentemente legittimo e umanitario, ma in pratica assolvendo spesso il ruolo improprio di ‘’cani sciolti’’ per il trasbordo anche dalle loro acque territoriali, è stato pienamente approvato in sede europea.
Finalmente sembra aver prevalso l’idea di una strategia comune, di una regia condivisa sull’esempio delle modalità promosse dall’Italia, mettendo a sistema una partnership fra l’Ue e alcuni fra i maggiori contribuenti dell’Unione Africana (come il Niger, il Ciad ed il Mali..), Paesi da cui partono e transitano grossi numeri di migranti impegnando i confini del lato Sud-Ovest della Libia.
In sintesi gli obiettivi da conseguire, discendenti dall’incontro di Parigi, presuppongono una linea comune con una maggiore cooperazione per gestire i flussi ed il contrasto al traffico di esseri umani, con la lotta all’immigrazione clandestina che destabilizza l’Europa, e l’unione degli sforzi per la loro identificazione nei Paesi di partenza ed il controllo in quelli di transito, e di arrivo come l’Italia.
E’ stata prefigurata una strategia comune, mediante l’unione degli sforzi e delle forze, e con l’avvio di un ‘’piano rapido’’ coordinato al fine di ‘’prevenire ulteriori flussi con la previsione di loro rientri nei Paesi di origine dei non aventi titolo all’asilo’’. In sostanza i lineamenti principali ed essenziali della proposta ‘’main road’’ sono:

  • riconoscimento dello status di rifugiato già nei territori africani di partenza;
  • differenziazione degli immigrati fra rifugiati e migranti economici;
  • smantellamento delle reti dei trafficanti e delle organizzazioni criminali locali;
  • rivisitazione degli accordi e delle procedure di Berlino;
  • supporto e generazione di sviluppo nei Paesi da cui partono i migranti;
  • stabilizzazione della situazione in Libia.

Auspicabilmente, poi, quelle direttive dovranno trovare la concreta applicazione da parte dei vari Stati membri facendo riferimento al fenomeno migratorio in quanto tale, senza tuttavia trascurare la connessione funzionale, se non proprio l’equazione, con il terrorismo; nel merito sono da registrarsi alcune dichiarazioni fatte dallo stesso al Serraj alla stampa americana, evidenziando la concreta possibilità che con i migranti facciano ingresso terroristi,  e specificatamente quella del Presidente Idriss Deby  che pone l’accento sul fatto che ‘’alcuni migranti dal suo Paese vanno ad ingrossare le fila dei terroristi e finchè non si stabilizzerà la Libia, queste persone possono arrivare in Europa’’: un problema di gestione ma che coinvolge  provvedimenti tesi ad evitare ulteriori saldature fra migrazione e terrorismo, e quindi la sicurezza e le libertà di ognuno di noi.
In modo più esplicito, e secondo personali convincimenti, dovremo rimboccarci le maniche e:

  • monitorare, e non subire come fatto finora, i flussi migratori discriminando fin dalla loro partenza chi ha titolo all’asilo, dal resto. Ciò anche prevedendo la formazione e l’addestramento della loro polizia di frontiera, la costruzione di appositi campi di raccolta, con un cospicuo supporto di strumenti ed economici, in Niger e Ciad in particolare. Potrebbe prevedersi il concorso di forze militari europee, in particolare francesi, tenuto conto della loro dimestichezza ‘’storica’’ in quelle aree, considerato anche la posizione di Macron contrario all’impiego di FFAA di altri Paesi (già lo ha espresso nei nostri confronti, di recente…);
  • gestire comunque i flussi migratori in Mediterraneo incrementando l’addestramento ed i mezzi della Guardia Costiera libica, con il supporto tecnico ed operativo, se e qualora richiesto, della nostra Marina già presente in loco e, anche nell’operazione attigua di ‘’Mare Sicuro’’;
  • pigiare sull’ONU e sulle correlate strutture affinchè da un lato si faccia, una volta tanto, parte attiva nella gestione dei Centri di raccolta in Libia nel rispetto dei diritti umani fondamentali e della dignità per la loro permanenza; dall’altro lato affinchè provveda a promuovere i rimpatri del personale migrante non avente titolo, senza fare sempre ‘’il pesce in barile’’. Non può essere giustificato il fatto che siccome in Libia ci sono dubbi sul rispetto dei diritti umani nei loro Centri, allora si possono trasferire in Italia dove le condizioni non sono certo migliori ( l’on. Casini dice che basta visitare il Centro di Rosarno per rendersene conto…) abbandonandoli al loro destino e lasciandoli preda di organizzazioni criminali, o come mine vaganti nelle nostre città;
  • supportare adeguatamente, sia fornendo –come già fatto- materiale sanitario all’ospedale italo-libico a Sabhatra, sia finanziariamente al Serraj ed i 14 sindaci incontrati da Minniti, a compensazione delle perdite economiche di cui prima usufruivano in qualche misura, lecita o meno;
  • smantellare le reti di trafficanti identificando i responsabili con scambi di Intelligence, almeno di quelli che non toccano la sicurezza delle specifiche Nazioni, e soprattutto nell’ambito delle Polizie, Europol, ecc;
  • sottoporre a rivisitazione il Trattato di Dublino sia per gli aspetti inerenti la richiesta di asilo, che dovrebbe potersi concretare non solo nel primo Paese di approdo, ma anche all’origine (peraltro la Merkel ha già derogato con l’asilo dei siriani…), sia per escludere che tutti i soccorsi in Mediterraneo vengano trasferiti in Italia, dando la giusta priorità allo Stato di Bandiera, ecc;
  • strutturare un Centro di Controllo di ‘’avanzamento lavori’’ con una equipe operativa, dotata di una certa autonomia, per il riscontro ed il coordinamento dell’applicazione puntuale degli impegni presi al Vertice di Parigi.

Non è detto che tutte queste misure, per certi versi contestate dai soliti buonisti, sostenitori delle cause di chicchessia o soloni indigeni, che filosofeggiano a ruota libera e mal sopportano la cesura fra migranti rifugiati e quelli economici, per tacere d’altro, possano avere gli effetti sperati, in quanto la road è assai impervia. Basti pensare alla marginalità dei partecipanti delle varie Unioni; solo 4 membri dell’Ue su 27 si sono trovati a Parigi e solo 3 dell’Unione Africana contro decine di Paesi coinvolti nel problema: un approccio che mostrerà le sue ostilità quando si tratterà di condividere il burden economico per supportare quelle misure, del tipo ‘’migration compact’’ che non saranno proprio una passeggiata (basta pensare ai Paesi del Visegrad, Polonia e Ungheria in testa, che hanno sugato centinaia di miliardi di euro dalla Ue per transitare in Occidente, ma che non sono disponibili a tirar fuori un solo euro, se non per costruire muri…). C’è solo da sperare che almeno buona parte di quelle azioni diano i risultati sperati e che almeno fra quei quattro non ci siano rigurgiti di interessi nazionalistici, o sul piano elettorale vista la prossima scadenza tedesca: in quel caso si trasformerebbe tutto in una inaccettabile fuffa e si tornerebbe, sconfitti e ingolfati, al punto di partenza perché anche l’effetto dissuasivo e di ovvia deterrenza agli sbarchi, verrebbe meno.
In ultimo mi viene spontanea una considerazione nel merito della main road appena varata, che in larga misura si sposa con il pensiero alto e cristiano di Papa Woytila e del suo successore Ratzinger, ma più distante con quella dell’attuale. Loro dichiaravano infatti che con priorità ‘’va riaffermato prima di tutto il diritto a restare nella propria terra’’, che ‘’va debellato il traffico di irregolari e scoraggiare nuovi ingressi’’, e comunque sussiste ‘’il dovere dei profughi di rispettare ed accettare i valori della società in cui si inseriscono’’; cioè non accoglienza tout court ma una visione cristiana, umanitaria e sociale seria e corretta. Nel pronosticare opportuni interventi organici e multilaterali per lo sviluppo ed il sostegno nei Paesi di partenza, quei Papi invitavano a adottare contromisure efficaci per debellare il traffico di persone in difficoltà gravissime; ma anche, in parallelo, nel condannare l’immigrazione irregolare in specie di bambini e donne perché soggetti a deprecabili sfruttamenti e torture, auspicando una gestione regolata dei flussi migratori che non si riduca alla costruzione di muri, ma all’adozione di misure idonee a scoraggiare nuovi ingressi….: tutelare il loro diritto a non emigrare, ma comunque regolare i flussi migratori e gestire il fenomeno, senza subirli.
Chissà se le visioni di un Santo e di un Papa emerito non siano state prese – giustamente – a prestito anche dalla politica unitaria odierna, in linea con le realtà e le problematiche di una migrazione finora ingestita: allora potremo sperare che il progetto di Parigi possa dare ottimi risultati, e non si polverizzi in fuffa!

Giuseppe Lertora