Una telefonata sicuramente indigesta per il presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), Mahmoud Abbas, ma anche per l’intero mondo arabo, quella fatta dal presidente Trump, per annunciare che gli Stati Uniti sposteranno la loro ambasciata in ISraele, da Tel Aviv a Gerusalemme. Trump tira dritto e riconosce con questa sua decisione, che la città dove si intersecano le tre religioni monoteiste, è la capitale dello Stato della Stella di David. Una decisione coraggiosa per taluni e oltraggiosa per altri, ma pur sempre una presa di posizione chiara nei rapporti tra i due paesi e un messaggio alla timida Europa. 

gerusalemme

Il presidente Usa, Donald Trump, ha informato il presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), Mahmoud Abbas (Abu Mazen), “della sua intenzione di trasferire l’ambasciata degli Stati Uniti” in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme. Lo ha riferito il portavoce della presidenza dell’Anp, Nabil Abu Redeineh, riferendo il contenuto del colloquio telefonico tra Abbas e Trump, stando a quanto riportato dall’agenzia di stampa palestinese Wafa.

La “decisione” avrà “conseguenze pericolose sul processo di pace e sulla sicurezza e la stabilità della regione e del mondo”, ha dichiarato Abbas, secondo quanto riferito dal portavoce. Il presidente dell’Anp ha ribadito che non può esserci uno Stato palestinese senza Gerusalemme Est come capitale e ha annunciato che continuerà i suoi contatti con i leader mondiali per evitare “azioni inaccettabili”. Il presidente dell’Autorità nazionale palestinese ha quindi telefonato al presidente russo, Vladimir Putin, per metterlo al corrente delle “gravi ripercussioni” che ci saranno nella regione. Nelle stesse ore, il numero 1 dell’Anp ha avuto un colloquio telefonico anche con Papa Francesco.

Trump, nel frattempo, ha comunicato la sua intenzione anche al re di Giordania, Abdullah. Il re ha evidenziato che questa decisione potrebbe avere “pericolose ripercussioni” per la pace e la stabilità nella regione. Re Abdullah ha intanto assicurato Abbas del suo “pieno sostegno per preservare gli storici diritti dei nostri fratelli palestinesi a Gerusalemme”.

In Israele, polizia, servizi interni dello Shin Bet e il comando centrale militare si sono riuniti negli ultimi giorni per valutare la situazione, riferiscono i media locali. Analogamente, rivela il sito Politico, il dipartimento di Stato ha inviato la settimana scorsa due cablogrammi riservati alle ambasciate americane per esortare a rafforzare la sicurezza. In Israele si temono violente proteste o nuove azioni terroristiche di lupi solitari.

Il segretario generale della Lega Araba, Ahmed Abul Gheit, considera “pericolosa” la decisione annunciata da Trump. Ad alzare la voce è stato, tra i primi, anche il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, citato dal giornale filogovernativo Sabah. “Gerusalemme è la linea rossa per tutti i musulmani”, ha affermato, avvertendo che il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele da parte dell’Amministrazione Usa potrebbe portare a una “rottura” delle relazioni tra la Turchia e lo Stato ebraico. “Potremmo spingerci fino alla rottura dei rapporti diplomatici con Israele”, ha detto Erdogan.

In Europa, segnali da Francia e Germania. Emmanuel Macron non ha nascosto a Trump la sua preoccupazione, secondo quanto riporta la stampa francese citando un comunicato dell’Eliseo. Per il ministro degli Esteri tedesco, Sigmar Gabriel, “una soluzione del problema di Gerusalemme può essere trovata solo attraverso negoziati diretti tra le due parti”, ha dichiarato Gabriel. “Qualunque cosa provochi una escalation della crisi in questa fase è controproducente”, ha aggiunto.