La crisi politica italiana sotto lo sguardo impietoso del Costituzionalista Cesare Pinelli: “Oggi la classe politica è totalmente inadeguata a governare, figuriamoci a scrivere una Costituzione.”

Roma – Non è la prima volta che LiberoReporter intervista Cesare Pinelli,  Professore di diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università La Sapienza di Roma. Oggi ci rivolgiamo a lui per guardare con un occhio storico all’attuale, delicatissimo, passaggio istituzionale che l’Italia sta attraversando.

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Professor Pinelli, da quanti anni c’è voluto tanto tempo dalla data delle elezioni all’incarico definitivo per formare un nuovo governo?

“Nel 2013, in effetti, dalla data delle elezioni alla formazione del Governo Letta, ci vollero poco più di due mesi. Il che vuol dire che la formazione del prossimo governo avverrà in ogni caso a una distanza di tempo ancora maggiore. Le difficoltà di formare il governo all’indomani delle elezioni erano senz’altro consistenti nella prima fase della Repubblica, ma non si giunse mai a totalizzare due mesi. Sicuramente, poi, i tempi di formazione del governo erano invece notevolmente brevi (in media una settimana) nella seconda fase della Repubblica.”

Ecco, Lei parla di “seconda fase” della Repubblica, ma cosa pensa dell’abitudine ormai inveterata di definire quella attuale la Seconda Repubblica in transito verso la Terza?

“Penso che sia un’abitudine semplicemente ridicola. In Francia, la numerazione  delle Repubbliche (siamo alla V, nata nel 1958) ha una precisa spiegazione costituzionale. Ogni volta che cambia la Costituzione in regime ovviamente repubblicano, la si enumera conseguentemente. Da noi non è avvenuto nulla di tutto questo. A cambiare anche drasticamente, nel 1993-1994, sono stati il sistema elettorale, l’assetto dei partiti e la classe politica. Cose certamente importanti, ma che non hanno minimamente toccato la Costituzione. Questa non è affatto una considerazione formalistica, come tutti videro già alla fine del 1994 con la crisi del I Governo Berlusconi, che non portò allo scioglimento e a nuove elezioni, ma alla formazione di un nuovo governo, il Governo Dini, che raccolse in Parlamento una maggioranza sufficiente. Questa fu una scelta che il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro ritenne giustamente dovuta in base alla Costituzione del 1948. Fino a quando, infatti, all’indomani di una crisi di governo, il Presidente accerta la sussistenza in Parlamento di una qualsiasi maggioranza, egli non può sciogliere le Camere, ma deve nominare il Presidente del Consiglio e i Ministri, e dunque dare vita a un Governo, in grado di raggiungere quella maggioranza.”               

Io penso che a settant’anni una Costituzione potrebbe anche essere rifatta, anche se certo non come i poteri forti, ed in particolare la P2 di Licio Gelli, hanno preteso con l’ormai dimenticato Piano di rinascita democratica. Ma il problema di fondo, dopo i tanti tentativi svolti, dalla Commissione Bozzi del 1983, a quella Iotti-De Mita del 1985, alla Bicamerale di D’Alema del 1997 e alle leggi costituzionali di Berlusconi, fallite nel referendum del 2006, e di Renzi, fallite nel referendum del 2016, è la mancanza di uomini, sia pur distanti nelle loro fedi politiche, paragonabili ai nostri Padri costituenti. Che ne pensa?

“Naturalmente la prima questione che si pone è se sia giusto rifare una Costituzione dopo tanti decenni dalla sua approvazione. Negli Stati Uniti, per esempio, questa risale al 1787 e nessuno pensa di doverla rifare. In altri Paesi, una Costituzione approvata vent’anni prima è già considerata vecchia. Qual è allora il criterio? Il criterio è dato dalla capacità di una Costituzione di dar vita ad un assetto ben funzionante di poteri e di essere riconosciuta dai cittadini come base della loro convivenza. In Italia, a distanza di settanta anni, possiamo dire che viviamo una specie di scissione: da una parte i cittadini, certo non tutti ma un numero comunque significativo, si riconoscono nella Costituzione del 1948, mentre gli altri, in ogni caso, non ne hanno in mente una alternativa. Invece, per quanto riguarda l’assetto dei poteri, la nostra Costituzione ha presentato in parte dei problemi, e questo fin dall’inizio. Pensi al bicameralismo paritario, composto cioè da due Camere elette ambedue dai cittadini e titolari delle stesse funzioni. Un sistema del genere, nel mondo, c’è solo in Romania, e ho detto tutto. La seconda questione che pone la domanda è quella degli uomini. Diceva Kant che per una Costituzione l’importante non era affatto che fosse scritta da angeli: gli andava bene anche una Costituzione scritta da diavoli, purché fossero stati bravi. La nostra è stata una Costituzione scritta comunque da uomini ambiziosi sì, ma che guardavano lontano nell’interesse degli italiani. Oggi condivido pienamente il suo punto di vista: rifare la Costituzione porterebbe al disastro, proprio perché la classe politica è totalmente inadeguata a governare, figuriamoci a scrivere una Costituzione.”

Giancarlo De Palo