Certo, con le dovute proporzioni e con le differenze del caso, si può dire che Donald Trump dopo aver sistemato le “divergenze” di vedute con la Corea del Nord di Kim Jong-un, ora è passato ai ferri corti con l’Iran degli Ayatollah e di mister Rohani.
Botta e risposta di un certo peso tra i due presidenti: l’iraniano ha minacciato di bloccare in ogni modo e con qualsiasi mezzo, le esportazioni del petrolio che parte dal Golfo Persico, nell’eventualità di nuove sanzioni americane dovessero impedire alla Repubblica islamica dell’Iran di esportare il proprio greggio. Rohani ha usato toni intimidatori nei confronti dell’inquilino della Casa Bianca: “Gli americani dovrebbero sapere che la pace con l’Iran è la madre di tutte le paci; allo stesso modo una guerra sarebbe la madre di tutte le guerre”.

Il tycoon newyorchese non è stato ovviamente a guardare e su Twitter ha risposto per le rime avvertendo Rohani che non dovrebbe “Mai, mai minacciare di nuovo gli Stati Uniti, perché ne soffrireste le conseguenze come pochi prima nella storia ne hanno sofferto. Non siamo più un Paese che sopporterà le vostre folli parole di morte e violenza: stia molto attento”.
Se da una parte dunque, con Kim e la sua Corea, la distensione pare abbia preso il sopravvento, con il paese degli Ayatollah le bordate verbali non fanno prevedere alcuna schiarita o chiarimento, ma lasciano piuttosto strada a una escalation imprevedibile.

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